05 Storia della Palestina: dalla Seconda Intifada – dal 2000 al 2003

STORIA DELLA PALESTINA dal 2000 al 2003

2000

15 febbraio – Firma in Vaticano di Arafat con la Santa Sede di
un accordo che rappresenta da una parte un pieno riconoscimento
dell’Autorità Nazionale Palestinese e dall’altra la ricerca di uno
statuto giuridico della Chiesa Cattolica nei territori palestinesi.
21/26 marzo – Papa Giovanni Paolo II è in visita a Gerusalemme e in Palestina.

17/31 maggio –
L’esercito israeliano si ritira dal sud del Libano, con largo anticipo
sulla data prevista (il 7 luglio 2000) e lascia vuota la fascia di
sicurezza. L’Esercito del Libano del Sud si dissolve con la partenza
degli israeliani. Migliaia di libanesi si riversano nelle zone rimaste
sotto occupazione israeliana per quasi 20 anni. Hezbollah conquista
forti simpatie nel mondo arabo per la sua lotta decennale che ha
contribuito alla liberazione del Libano del Sud.
11/26 luglio –
Vertice a Camp David (con Barak, Arafat e Clinton) sullo status finale
della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, si chiude senza nessun
accordo.
28 settembre – La visita provocatoria del leader
del Likud, Ariel Sharon (uno dei responsabili del massacro di Sabra e
Chatila), alla Spianata delle Moschee a Gerusalemme (terzo luogo santo
dell’Islam) scatena dimostrazioni palestinesi violentemente represse
dalla polizia israeliana, che si estendono nel giro di pochi giorni in
Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.
30 settembre – L’Autorità
Nazionale Palestinese chiede una commissione d’inchiesta delle Nazioni
Unite per determinare la responsabilità degli scontri di Al-Aqsa.

1° ottobre –
La rivolta si estende fra i palestinesi dei Territori del ’48,
specialmente in Galilea (nel nord di Israele), indicendo uno sciopero
generale. La polizia israeliana interviene con la forza.
2 ottobre –
Israele cerca di reprimere la rivolta: elicotteri lanciano missili a
Gaza e carri armati sparano a Ramallah, in Cisgiordania. Il segretario
di stato USA Madeleine Albright chiede a entrambe le parti di
riprendere il controllo della situazione. A Parigi, Jacques Chirac,
riferendosi ad Ariel Sharon, pur senza nominarlo, condanna
"l’irresponsabile provocazione che ha scatenato una prevedibile
esplosione".
7 ottobre – La risoluzione 1322 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU condanna "l’uso eccessivo della forza contro i palestinesi".

8 ottobre –
200 residenti della parte ebraica della città di Nazareth attaccano i
palestinesi ivi residenti. La televisione israeliana Channel One lo
definisce un progrom.
9 ottobre – Nella notte tra domenica e lunedì, coloni ebraici attaccano parecchi suburbi arabi di Gerusalemme Est.
11 ottobre –
Dall’inizio della rivolta, ormai nota come "Intifada di Al-Aqsa" più di
100 palestinesi sono stati uccisi e oltre 2.000 feriti. Secondo fonti
ufficiali israeliane, 6 ebrei sono stati uccisi (3 militari e 3 civili).

16 ottobre – Meeting
a Sharm el-Sheikh, sul Mar Rosso. Oltre ad Arafat e Barak, vi
partecipano il presidente USA Bill Clinton, il segretario generale
delle Nazioni Unite Kofi Annan, il presidente egiziano Hosni Moubarak,
il re Abdallah di Giordania e il rappresentante dell’Unione Europea per
la politica estera, Javier Solana. I palestinesi ripetono la loro
richiesta di una commissione internazionale d’inchiesta per determinare
le responsabilità della crisi, mentre Israele rimane rigidamente
contraria ad ogni inchiesta internazionale.
17 ottobre –
Termina il summit di Sharm el-Sheikh. L’accordo è infine trovato su tre
punti: fine della violenza, costituzione di una commissione di
inchiesta sugli scontri (la Commissione Mitchell) e ripresa dei
negoziati del processo di pace. Israele accetta di togliere la chiusura
della Cisgiordania e Gaza e la nomina di una commissione internazionale
di inchiesta, purché i membri siano designati dal presidente degli
Stati Uniti e dal segretario generale delle Nazioni Unite.
20 ottobre –
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approva una risoluzione che
condanna "l’uso eccessivo della forza" da parte di Israele contro i
civili palestinesi.

21-22 ottobre – Intanto, la rivolta
continua a Gaza e in Cisgiordania e l’esercito israeliano continua a
reprimere. Il conto dei morti è di 127 palestinesi e 8 israeliani.
24 ottobre –
Scontri al confine con la Giordania dove una marcia di profughi
palestinesi, rivendicando il loro "diritto al ritorno", cerca di
sfondare il posto di frontiera.
9 novembre – Elicotteri
israeliani attaccano un’auto con a bordo due esponenti di Tanzim
uccidendone uno e ferendo gravemente l’altro. Nell’attacco perdono la
vita anche due donne palestinesi che si trovavano casualmente nei
pressi della zona dell’attacco. È il primo "attacco mirato" per
eliminare i leader della nuova Intifada.

28 dicembre –
In un summit a Sharm al-Sheikh, Barak, Arafat, Clinton e Mubarak
tentano un accordo di pace permanente. Israele rifiuta la sovranità
palestinese sulla Spianata delle Moschee a Gerusalemme e i palestinesi
rifiutano di rinunciare al principio del "diritto al ritorno". Il
summit fallisce.


2001

8 gennaio – Più di 100.000 israeliani manifestano contro l’eventualità di una concessione di una parte di Gerusalemme ai palestinesi.

21/27 gennaio – Palestinesi
e Israeliani si ritrovano a Taba in Egitto per raggiungere un accordo
di pace entro 10 giorni. I colloqui terminano con un nulla di fatto.
6 febbraio – Ariel Sharon è eletto primo ministro di Israele.
7 marzo – Sharon vara un governo di unità nazionale a cui partecipano i laburisti: Shimon Peres diviene ministro degli esteri.

9 marzo –
Il nuovo governo israeliano intensifica la politica di chiusura e di
isolamento delle zone controllate dall’Autorità Nazionale Palestinese.
Numerose strade vengono bloccate dall’esercito israeliano che scava dei
fossati per renderle inagibili per i palestinesi. Le manifestazioni di
protesta vengono represse con l’uso di armi da fuoco.
27 marzo –
Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, gli USA pongono il veto
ad una risoluzione che prevede il dispiegamento di osservatori ONU per
la tutela della popolazione palestinese.
11 aprile –
Prima azione militare diretta dentro le zone dell’Autonomia
Palestinese. Truppe israeliane attaccano nella Striscia di Gaza la
città palestinese di Khan Yunis, considerata "Area A" controllata
dall’ANP. Con una vasta operazione, distruggono più di 25 case e
baracche.

14 aprile – Violenti scontri tra l’esercito
israeliano e i guerriglieri Hezbollah nella zona delle "Fattorie
Shebaa". Da quando Israele si è ritirata (nel maggio 2000) dal sud del
Libano, questa è l’ultima parte rimasta ancora sotto la loro
occupazione.
16 aprile – Israele attacca con un raid
aereo la stazione radar Dahr al-Baidar, a est di Beirut. Era dal 1982
che Israele non colpiva le forze armate siriane in Libano.
16/17 aprile –
L’esercito israeliano invade la Striscia di Gaza, occupa la zona di
Beit Hanoun e dividendo con barriere la Striscia in tre settori.

30 aprile –
Il rapporto Mitchell (Comitato internazionale, presieduto dal senatore
statunitense George Mitchell, incaricato nell’ottobre 2000 di accertare
le cause della violenza) chiede il congelamento dell’espansione degli
insediamenti e la sospensione della cattura di attivisti palestinesi
per mettere fine a otto mesi di violenza.
fine maggio – Sharon
viene accusato, a Bruxelles dal Tribunale dell’Aja, di crimini di
guerra e di violazione dei diritti umani.
27 agosto –
Il segretario del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina,
Abu Ali Mustafa, viene ucciso da due missili israeliani a Ramallah.
17 settembre –
Gerusalemme Est, occupata da Israele nel 1967, è ormai di fatto
separata dal resto della Cisgiordania. Israele sta creando una "zona
cuscinetto" fortemente militarizzata tra Gerusalemme e Ramallah.

26 settembre –
Israele crea un’analoga "zona cuscinetto" militarizzata lungo la "linea
verde" che si estende fino alle città autonome di Tulkarem e Qalqilya.
7 ottobre – Vengono inaugurati tre nuovi insediamenti: due in Cisgiordania e uno nella Striscia di Gaza.

17 ottobre –
Il ministro del turismo del governo Sharon, Rehavam Ze’evi, noto
sostenitore della politica di ‘trasfer’ dei palestinesi verso i paesi
arabi, viene ucciso da un commando del Fronte Popolare per la
Liberazione della Palestina.
1° novembre – Il Procuratore
generale statunitense, John Ashcroft, inserisce nell’elenco dei 46
gruppi che il Dipartimento di Stato definisce "organizzazioni
terroristiche", anche le "Brigate Martiri di Al-Aqsa", dell’area di
Al-Fatah.
5 novembre – Il governo Sharon approva la
costruzione di Beer Milka, il primo di una serie di piccoli
insediamenti che sorgeranno nell’area di Halutza, a est di Gaza.

19 novembre – Sharon autorizza la costruzione di dodici nuove case nell’insediamento ebraico all’interno della città di Hebron.
21 novembre –
Il capo della polizia israeliana di Gerusalemme, Micky Levy,
intervenendo alla Knesset chiede l’appoggio dei deputati per la
costruzione di un muro di 11 chilometri, con filo spinato e posti di
blocco, per dividere i nuovi quartieri ebraici di Gerusalemme dai
quartieri palestinesi.
4 dicembre – Diventa una prassi
consolidata l’uso da parte di Israele di elicotteri Apache e di caccia
F-16 nei Territori Occupati per colpire qualsiasi presunto obiettivo:
le infrastrutture dell’ANP, i campi profughi, sedi politiche, ecc. Reso
inagibile dai bulldozer israeliani l’aeroporto internazionale di Gaza,
già pesantemente bombardato. Arafat è bloccato e assediato nel suo
quartier generale a Ramallah.

13 dicembre – Rasa al
suolo con missili dagli elicotteri, bulldozer e dinamite, la sede della
radio-televisione di Ramallah "Voce della Palestina" che è nata 63 anni
fa ed era dal 1993 portavoce dell’ANP.
20 dicembre –
Negli ultimi 14 mesi l’esercito israeliano ha ucciso 924 palestinesi e
ferito altri 25.000, dei quali 2.000 sono rimasti permanentemente
invalidi.
21 dicembre – Sharon vieta ad Arafat di recarsi
a Betlemme la notte di Natale per assistere, come ha sempre fatto fin
dal 1994, alla messa di mezzanotte nella Chiesa della Natività.

29 dicembre –
Nel carcere di Beer Sheba (deserto del Negev) unità speciali
anti-sommossa israeliane reprimono nel sangue una sommossa dei duecento
detenuti palestinesi.


2002

1° gennaio – Nei Territori Occupati da Israele nel ’67, ci sono ormai 126 insediamenti, per un totale di 240.000 coloni.
96 posti di blocco militare stanno rendendo la Cisgiordania una grande
prigione a cielo aperto come del resto lo è già la Striscia di Gaza.
La Striscia di Gaza: 140 miglia quadrate, il 42 % del territorio
abitato da meno di 6.000 coloni israeliani, il resto da più di un
milione di palestinesi, per lo più profughi.
10 gennaio –
Viene completamente distrutto l’aeroporto internazionale di Gaza,
presso Rafah. Era stato inaugurato, nel 1998, dall’allora presidente
statunitense Bill Clinton.

12 gennaio – Dopo
l’aeroporto anche il porto di Gaza viene colpito da 6 missili. Vengono
confiscate tutte le imbarcazioni palestinesi e l’equipaggiamento per la
pesca viene distrutto.
16 gennaio – Il nuovo leader del
Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina viene arrestato
dalla polizia dell’Autorità Nazionale Palestinese, per l’uccisione del
ministro del turismo israeliano, Ze’evi.
25 gennaio – 52
soldati riservisti israeliani annunciano di rifiutarsi di operare
aldilà della Linea Verde e condannano la chiusura delle città e dei
villaggi palestinesi.

29 gennaio – Approvazione del
piano "Avvolgere Gerusalemme", che prevede la costruzione di 11 km di
barriera di cemento suddivisa fra quattro muri esterni (tre a nord –
tra Gerusalemme e Ramallah – e uno a sud – tra Gerusalemme e Betlemme)
e l’allestimento di posti di blocco fissi tra la parte est e quella
ovest della città (con l’installazione di numerose telecamere per la
sorveglianza elettronica), con lo scopo di controllare l’accesso alla
città.
31 gennaio – Dichiarazione di Sharon: "Mi
rincresce di non aver eliminato Arafat quando avevo la possibilità di
farlo, durante l’invasione del Libano del 1982".

febbraio –
La demolizione delle case è diventata una punizione collettiva
pressoché quotidiana: avviene di solito di notte senza nessun
preavviso, costringendo le famiglie a fuggire con i bulldozer già alle
porta. In 16 mesi di Intifada almeno più di 5.000 palestinesi sono
rimasti senza tetto.
5 febbraio – L’ultimo progetto
dell’esercito israeliano: la costruzione nel deserto del Neghev di un
prototipo di una "città palestinese" per addestrare meglio le proprie
unità ai "confronti armati urbani", in vista di una rioccupazione delle
città autonome palestinesi. I "lavori di costruzione" inizierebbero
verso la fine 2002 e il costo andrebbe dai 7,5 ai 10 milioni di euro.
Grazie a questo modello in grandezza naturale le unità israeliane sono
certe di poter simulare infiltrazioni e sperimentare nuove tecniche di
combattimento.

11 febbraio – Nel corso dell’ennesimo
attacco con elicotteri Apache e caccia F-16 nella Striscia di Gaza,
rimangono danneggiati anche gli uffici ONU e due membri dello staff
vengono feriti.
13 marzo – Il Consiglio di Sicurezza
dell’ONU adotta la risoluzione 1397 che ribadisce la soluzione di "due
Stati: Israele e Palestina, che vivono all’interno di frontiere sicure
e riconosciute".
14 marzo – Raffaele Ciriello, 42 anni, fotoreporter italiano, viene ucciso a Ramallah da una raffica sparata da un tank israeliano.

19 marzo –
Rapporto di Peace Now rivela che da quando Sharon è stato eletto
(febbraio 2001) sono stati creati in Cisgiordania 34 siti per nuovi
insediamenti.
27/28 marzo – Il vertice arabo di Beirut
adotta il "Piano di pace saudita", che prevede in particolare "la fine
del conflitto arabo-israeliano" e un "accordo di pace" con Israele in
cambio del suo ritiro da tutti i territori arabi occupati nel 1967.

29 marzo –
L’esercito israeliano lancia l’operazione "Muraglia di difesa",
invadendo Ramallah e circondando il quartier generale di Arafat,
Al-Muqata’a. I militari penetrano negli edifici e confinano il
presidente palestinese in poche stanze.
30 marzo – L’esercito israeliano rioccupa Betlemme e Beit Jala.
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU approva la risoluzione 1402, per il
ritiro delle truppe israeliane dalle città palestinesi, inclusa
Ramallah.

1° aprile – La morsa dell’esercito israeliano si stringe: occupate anche Qalqilya e Tulkarem.
2 aprile – Un
gruppo di circa duecento miliziani e civili palestinesi trova rifugio
nella Basilica della Natività di Betlemme, assieme a loro ci sono
quattro giornalisti italiani ed una quarantina di frati e suore.
Comincia un lungo assedio da parte dell’esercito israeliano.
3 aprile –
L’assedio alla Basilica continua: gli israeliani vogliono la resa di
alcuni dei 200 palestinesi, in quanto ricercati. I giornalisti italiani
vengono liberati. I frati decidono di restare e chiedono l’incolumità
loro e di tutti i 200 palestinesi.

4 aprile – Ormai quasi tutte le città ed i villaggi palestinesi della Cisgiordania sono rioccupati dall’esercito israeliano.
5 aprile –Nuova risoluzione dell’ONU: è la 1403 che impone a Israele di "ritirare subito l’esercito dalle città occupate".

6 aprile – Si
combatte ovunque: l’esercito israeliano incontra la resistenza più dura
a Jenin e Nablus. I palestinesi resistono casa per casa.
Dal 29 marzo al 6 aprile sono 124 le vittime palestinesi accertate e più di 1.000 sono gli arrestati.
8 aprile – Cade la città di Nablus mentre continua la resistenza a Jenin.

L’esercito comincia a ritirarsi da Tulkarem e Qualqilya, dicendo che "ha finito il suo lavoro".
10 aprile –
A Madrid, i rappresentanti di USA, UE, Russia e ONU approvano un
documento congiunto: "esigiamo il ritiro immediato di Israele".
11 aprile –
Si arrendono gli ultimi difensori del campo profughi di Jenin. Si parla
di centinaia di morti, ma i giornalisti sono tenuti a distanza e
nessuno può dare cifre precise. L’esercito israeliano si ritira da 24
villaggi ma continua l’assedio o l’occupazione di Jenin, Nablus,
Ramallah, Hebron e Tulkarem.

Secondo l’UNRWA, dall’inizio dell’operazione "Muraglia di difesa" almeno 3.000 palestinesi sono rimasti senza casa.
12 aprile –
Si scopre che l’esercito israeliano ha compiuto massacri ovunque: a
Nablus, Jenin, Petunia… Arrivano le prime ammissioni ufficiose
israeliane: "A Jenin centinaia di morti e feriti".
15 aprile – Marwan Barghouti, segretario di Al-Fatah nei Territori Occupati, viene arrestato a Ramallah dall’esercito israeliano.

18 aprile –
Larsen, inviato ONU, visita il campo profughi di Jenin e descrive lo
scenario come "orribile oltre ogni limite". Il governo israeliano lo
considera subito "persona non gradita".
Scenari di altri massacri:
a Nablus durante una breve interruzione del coprifuoco vengono sepolti
in una fossa comune i corpi di una settantina di palestinesi, compresi
donne e bambini, uccisi durante l’incursione israeliana.
19 aprile –
Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU n. 1405, per l’invio di
una commissione d’inchiesta in Israele per indagare su quanto accaduto
nel campo profughi di Jenin, che ribadisce la richiesta di immediato
‘cessate il fuoco’ e ritiro israeliano dalla Cisgiordania. La
Commissione viene respinta da Israele.

21 aprile –
Parziale ritiro dell’esercito israeliano. Continua l’assedio
dell’Al-Muqata’a (a Ramallah) ed alla Basilica della Natività (a
Betlemme).
22 aprile – Sotto le pressioni di Israele,
nell’Al-Muqata’a assediato, inizia il processo contro i quattro
palestinesi accusati dell’uccisione del ministro Ze’evi. Si concluderà
il 25 con la loro condanna.
28 aprile – Accordo raggiunto
con la mediazione degli Stati Uniti per porre fine all’assedio
dell’Al-Muqata’a: Arafat può uscire da Ramallah in cambio
dell’incarcerazione nella prigione palestinese di Gerico (sorvegliata
da agenti inglesi e americani) dei 4 condannati per l’uccisione di
Ze’evi, del segretario del Fronte Popolare per la Liberazione della
Palestina, Ahmed Sa’adat, e di un altro palestinese accusato di
trphporto d’armi.

maggio – La Procura Generale Belga
esprime parere favorevole all’ammissibilità del ricorso contro Sharon
sulla base della denuncia presentata nel 2001 da 23 cittadini
palestinesi e libanesi, superstiti del massacro e familiari delle
vittime, con l’accusa di crimini contro l’umanità, genocidio, crimini
di guerra, in base alle sue "responsabilità di comando " nel massacro
di Sabra e Chatila.
1° maggio – Tolto l’assedio
all’Al-Muqata’a. L’ANP consegna i 6 prigionieri palestinesi a ufficiali
inglesi e statunitensi per il loro trasferimento al carcere di Gerico.

6 maggio –
I danni materiali, provocati dalla recente occupazione israeliana,
ammontano a 300/400 milioni di dollari. Nablus è stata la città
maggiormente colpita.
7 maggio – L’Assemblea Generale
dell’ONU vota una risoluzione che condanna Israele per l’assalto alle
città e per il suo rifiuto di cooperare con la Commissione d’Inchiesta
per i fatti di Jenin.
10 maggio – Viene raggiunto un
accordo per porre fine all’assedio della Basilica della Natività. 13
palestinesi vengono trasferiti a Cipro su un aereo militare inglese, in
attesa della loro destinazione successiva. Altri 26 palestinesi vengono
deportati nella Striscia di Gaza.

14 maggio – La Banca
Mondiale presenta un rapporto sui danni provocati dall’operazione
"Muraglia di difesa": alle infrastrutture 360 milioni di dollari e alle
abitazioni civili 66 milioni di dollari.
20 maggio –
Peace Now riporta che il governo israeliano ha deciso di costruire 957
nuove unità abitative negli insediamenti della Cisgiordania.
Il
ministro della difesa israeliano annuncia che un muro (lungo la Linea
Verde) di 364 km, dotato di telecamere per la sorveglianza elettronica,
sarà completato in sei mesi.

21 maggio –
Il Programma Alimentare delle Nazioni Unite valuta che circa il 50% dei
residenti in Cisgiordania vive sotto la soglia della povertà.
L’Unione Europea approva un accordo riguardo ai 13 palestinesi esiliati
a Cipro. L’Italia e la Spagna ne accoglieranno 3 ognuno, Irlanda e
Grecia due, Portogallo e Belgio uno. Il tredicesimo rimane a Cipro in
attesa che un altro paese europeo lo accetti. Verranno ospitati
temporaneamente in questi paesi per motivi esclusivamente umanitari,
per un periodo di 12 mesi. Il trasferimento avverrà il giorno seguente
e da allora vivono ‘sotto protezione’ in imprecisate località dei paesi
UE.
26/27/28 maggio –
Le forze israeliane rioccupano Betlemme, Tulkarem, Qalqilya, il campo
profughi di Dheisheh (Betlemme) ed altri villaggi palestinesi.

3 giugno – Inizio dei lavori per la costruzione di un nuovo insediamento a Gerusalemme Est.
Sharon approva la costruzione di una barriera di 110 km nel nord della
Cisgiordania (presso la Linea Verde), che partirà da Kufr Salem (vicino
a Megiddo) fino a Kufr Qassem.
6 giugno –
L’esercito israeliano invade Ramallah, circonda e attacca il quartiere
generale di Arafat e bombarda vari edifici della Al-Muqata’a.
17 giugno –
L’Unione Europea include il Fronte Popolare per la Liberazione della
Palestina, il Fronte per la Liberazione della Palestina,
l’Organizzazione di Abu Nidal, le Brigate Martiri di Al-Aqsa e la
Fondazione per lo Sviluppo ed il Sostegno della Terra Santa (legata a
Hamas e con base negli USA), nella sua lista nera.

18 giugno –
Il Gabinetto Israeliano approva il "Piano di difesa di Gerusalemme" con
la costruzione di muri, barriere elettriche, trincee e blocchi stradali
fuori dai confini della città a partire da marzo del 2003.
19/25 giugno –
Israele rioccupa Nablus, Beitunia, Betlemme, Qalqilya, Tulkarem,
Ramallah, Al-Bireh ed Hebron, imponendo il coprifuoco in alcune di
queste città.
23 giugno – Il Gabinetto Israeliano approva
il "concetto di sicurezza", che comprende: una barriera di sicurezza ad
est della Linea Verde ed attorno a Gerusalemme, una zona cuscinetto di
20 km ad ovest del fiume Giordano e prevede la continua presenza
dell’esercito israeliano in Cisgiordania.

25 giugno –
Inizio dei lavori per la costruzione di un muro di separazione vicino
alla Strada del Tunnel che conduce al blocco degli insediamenti di Gush
Etzion. Un’altra barriera, lunga 7 km, partirà da lì per arrivare a Har
Homa, mentre un’altra ancora lunga 9 km si svilupperà dal Campo
Militare Ofer (vicino a Ramallah) fino al blocco stradale di Ar-Ram.
26 giugno – La
sentenza della Corte d’Appello Belga dichiara inammissibile il
procedimento contro Sharon per il massacro di Sabra e Chatila, con la
motivazione che "l’accusato non si trova sul territorio belga".

2 luglio –
Londra: il Segretario di Stato statunitense Burns si consulta con
rappresentanti del "quartetto" (Russia, Unione Europea e Nazioni Unite,
oltre agli USA) per discutere su un nuovo piano di pace per il Medio
Oriente.
16 luglio – Il Quartetto s’incontra a New York
per discutere come porre fine all’occupazione israeliana e realizzare
un piano di pace, basato su due stati, entro 3 anni. Un punto di
disaccordo è il ruolo di Arafat: l’ONU, l’UE e la Russia, al contrario
degli USA, insistono sul fatto che è il legittimo rappresentante del
popolo palestinese.

21 luglio – Incontri israelo-palestinesi a Gerusalemme per porre fine allo stato d’assedio ed all’occupazione.
23 luglio –
F16 israeliani attaccano e distruggono un edificio di 4 piani a Gaza
City uccidendo, assieme ad un attivista di Hamas, sua moglie, uno dei
suoi figli e almeno altre 14 persone. I feriti sono 150.
25 luglio – Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Uniti in un incontro urgente si discute dell’attacco contro Gaza.
La Banca Mondiale dichiara che il 70% dei palestinesi vive con meno di
2 dollari al giorno e che il 21% dei bambini sotto i 5 anni soffre di
malnutrizione e il 45% di anemia.

29 luglio – Da 40 giorni Nablus è sotto coprifuoco.
1° agosto –
Viene pubblicato un rapporto delle Nazioni Unite sui fatti del campo
profughi di Jenin (in aprile durante l’operazione "Muraglia di difesa")
che respinge la denuncia palestinese del massacro compiuto dalle forze
israeliane e critica le due parti perché mettono a rischio le vite dei
civili. Durante l’invasione, secondo il rapporto, sarebbero stati
uccisi 52 palestinesi e 23 soldati israeliani.

18 agosto –
A Tel Aviv viene raggiunto l’accordo israelo-palestinese "Gaza –
Betlemme prima", che prevede il ritiro d’Israele da Betlemme e da una
parte della Striscia di Gaza, via via che l’Autorità Palestinese
subentri per prevenire attacchi contro gli israeliani.
20 agosto – Le forze israeliane cominciano il ritiro da Betlemme.
22 agosto –
Da un rapporto dell’Autorità Nazionale Palestinese: nel secondo
trimestre del 2002 il 44,7% della forza lavoro palestinese risulta
disoccupata e lo stipendio del 59,2% dei lavoratori è sotto la soglia
di povertà.

29 agosto – Nel contesto del piano
"Avvolgere Gerusalemme" (una barriera di separazione che va da Beit
Sahour fino alla base militare Ofer), l’esercito israeliano ha
preparato un nuovo progetto, già approvato da Sharon, per annettere nei
fatti anche l’area della Tomba di Rachele a Gerusalemme. Questo nuovo
progetto prevede la costruzione, intorno alla zona della Tomba, di un
muro alto 8 metri e lungo diverse centinaia, che creerà così un’area
trapezoidale che sarà quella annessa a Gerusalemme.
2 settembre –
La Corte Suprema israeliana decide che Israele ha il diritto di
espellere dalla Cisgiordania e dalla Striscia di Gaza i parenti di
palestinesi sospettati di terrorismo.

5 settembre – A Tel Aviv inizia il processo contro Marwan Barghouti.
11 settembre –
Il Gabinetto di Sicurezza israeliano approva la costruzione di una
barriera di sicurezza attorno a Gerusalemme e decide di includere al
suo interno l’area della Tomba di Rachele, annettendo quindi nei fatti
questa zona finora considerata, secondo gli Accordi di Oslo, Area C.
19 settembre – Israele reimpone il blocco attorno al quartier generale di Arafat a Ramallah.
21 settembre –
Continua l’assedio all’Al-Muqata’a. L’esercito israeliano distrugge
quattro dei cinque edifici principali del quartier generale. Arafat e
il suo seguito, assieme a 19 palestinesi ricercati da Israele, vengono
confinati al secondo piano dell’ultima palazzina rimasta in piedi.

22 settembre – In tutta la Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, grandi manifestazioni a sostegno di Arafat.
24 settembre –
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite vota con l’astensione
degli USA, una risoluzione di compromesso nella quale si chiede ad
Israele di fermare le sue azioni contro l’Al-Muqata’a e condanna
contemporaneamente gli attacchi terroristici contro tutti i civili.
29 settembre –
Grazie alle pressioni statunitensi, Israele ritira le sue forze
dall’Al-Muqata’a dopo 11 giorni di assedio. Arafat definisce tale
ritiro: "cosmetico".

30 settembre – L’Unione Europea
critica Israele per la sua distruzione delle infrastrutture palestinesi
dicendo che ciò non aiuta a porre fine al terrore ed invita Israele a
cessare i coprifuoco e gli assedi. Invita pure i palestinesi ad
avanzare con le loro riforme, compresa quella dei servizi di sicurezza,
per porre fine al terrorismo in tutte le sue forme e prepararsi a
tenere elezioni libere e giuste al massimo entro il prossimo anno.
2 ottobre –
Poupard, rappresentante speciale dell’UNICEF in Medio Oriente, dichiara
che un’intera generazione di bambini palestinesi è stata privata del
suo diritto all’istruzione, perché in Cisgiordania è stato negato
l’accesso alle loro scuole a 226.000 studenti (su un milione) ed a
9.300 insegnanti. Inoltre almeno 580 scuole sono state chiuse.

4 ottobre –
Israele dichiara che un altro settore di Gerusalemme Est, Al Musrara, è
giuridicamente originariamente ebreo, così la polizia si appresta a
realizzare in pratica l’esproprio del quartiere.
8 ottobre –
Il parlamento israeliano autorizza un aumento di 5 milioni di shekel
(circa 1 milione d’euro) del budget riservato alla sicurezza degli
ebrei che vivono nei quartieri arabi di Gerusalemme Est.
25 ottobre – Le truppe israeliane lanciano la "Operazione Avanguardia" a Jenin, distruggendo case alla ricerca di palestinesi sospettati.

Sharon dà la sua approvazione di principio alla proposta statunitense "Road Map per la Pace".
26 ottobre – L’Autorità Nazionale Palestinese esprime delle riserve sulla Road Map.
27 ottobre –
Peace Now dichiara che dal 1996 i coloni hanno creato 106 nuovi
avamposti illegali in Cisgiordania, di cui solo 8 sono stati
completamente smantellati e 7 parzialmente.

11 novembre – Le forze israeliane iniziano una nuova operazione militare contro Nablus e Tulkarem.
14 novembre – Nablus viene rioccupata e Sharon dichiara che l’esercito ci rimarrà per diverse settimane.
16 novembre –
I militari israeliani scatenano una nuova operazione militare contro
Hebron, rioccupando la maggior parte dei settori della città
controllati dai palestinesi.

17 novembre – Sharon
ritiene necessario predisporre un corridoio che colleghi la piccola
enclave ebraica di Hebron (dove risiedono circa 450 israeliani) al
vicino insediamento di Kiryat Arba (distante circa due chilometri)
passando per la Tomba dei Patriarchi, un santuario venerato sia dagli
ebrei che dai musulmani. Il premier auspica che sia "ridotta al minimo"
la presenza di civili palestinesi nella zona limitrofa alle aree
abitate da israeliani.
18 novembre – Il Consiglio
dell’insediamento di Kiryat Arba e il Consiglio dell’Enclave Ebraica di
Hebron annunciano un piano per costruire mille unità abitative fra
Kiryat Arba e la Tomba dei Patriarchi e il ministro della costruzione
israeliano ordina l’esproprio delle terre palestinesi corrispondenti.
22 novembre –
Scatta "Reazione a catena": l’esercito rioccupa tutte le principali
città della Cisgiordania esclusa Gerico. Il colonnello Aviv, che guida
le operazioni dell’esercito israeliano a Betlemme, avverte: "Reazione a
catena non ha limiti di tempo e verrà condotta fino a quando sarà
necessario". Nel campo profughi di Jenin viene ucciso dai soldati
israeliani Iain Hook, funzionario irlandese dell’UNRWA (agenzia ONU che
si occupa dei profughi palestinesi), che si trovava lì come direttore
dei lavori per la ricostruzione del campo profughi di Jenin raso al
suolo durante l’incursione israeliana di aprile. Un’altra dipendente
irlandese dell’Unrwa, Caoimhe Butterly, viene ferita ad una gamba,
mentre cercava di fare scudo a un gruppo di bambini palestinesi.

4 dicembre –
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite approva sei risoluzioni in cui
chiede il ritiro delle truppe israeliane dalle Alture del Golan e da
tutti i Territori Occupati durante la Guerra dei sei giorni, nel 1967.
Quanto a Gerusalemme, l’Assemblea definisce illegali le misure
amministrative adottate da Israele per rendere la città di fatto
capitale dello Stato, mentre sono ancora in corso i negoziati con i
palestinesi per definirne lo status finale. Il pronunciamento ricorda
la risoluzione 478 con la quale, nel 1980, il Consiglio di Sicurezza
decise di non riconoscere la legge con cui Israele proclamava
Gerusalemme "capitale unica e indivisibile dello stato". È da
sottolineare che le risoluzioni dell’Assemblea Generale non prevedono
alcun meccanismo cogente o di pressione nei confronti del governo
israeliano.
21 dicembre – Nuovo veto degli Stati Uniti ad
una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU di condanna di
Israele, per l’uccisione di un britannico e di due palestinesi che
lavoravano per l’ONU nei Territori Occupati e nella Striscia di Gaza.
21 dicembre –
L’esercito israeliano taglia in tre la Striscia di Gaza proibendo ai
palestinesi la circolazione sulle strade che collegano il nord al sud.
Sono state chiuse con sbarramenti le strade vicino all’insediamento
israeliano di Netzarim, a sud di Gaza, e ancora più a sud vicino alla
località palestinese di Deir el-Balah.

23 dicembre –
46 senatori italiani dell’opposizione e della maggioranza, con una
mozione, invitano il governo israeliano a "bloccare l’annunciata
demolizione del centro storico di Hebron e di altre parti del
patrimonio culturale della Palestina". Chiedono inoltre al governo
italiano di premere su quello israeliano per "congelare gli
insediamenti, giacché la maggior parte di essi rappresenta un grave
ostacolo sulla via della pace e una presenza minacciosa nella vita
quotidiana dei palestinesi".
24 dicembre – L’esercito
israeliano si ritira dal centro di Betlemme, ridispiegandosi alla
periferia, per consentire le celebrazioni del Natale. Per il secondo
anno consecutivi rimane vietato a Yasser Arafat di recarsi a Betlemme
per assistere alla Messa di mezzanotte.
26 dicembre –
L’esercito israeliano ha rioccupato praticamente tutte le principali
città della Cisgiordania, ad esclusione di Gerico. Attorno agli
insediamenti ebraici nei Territori palestinesi sono state create di
recente ‘zone di sicurezza’ di alcune centinaia di metri di larghezza.
Queste zone vengono pattugliate da soldati autorizzati a sparare contro
qualunque persona sorpresa al loro interno.

29 dicembre –
È salito a 2.802 il numero dei morti dall’inizio dell’Intifada (fine
settembre 2000): 2.117 sono palestinesi (di cui il 19% minorenni) e 685
israeliani.


2003

3 gennaio – Il portavoce del Dipartimento di Stato
statunitense, Boucher Richard, denuncia la politica israeliana di
demolizione delle case dei palestinesi, come una forma di "punizione
collettiva". Secondo le organizzazioni a tutela dei diritti civili,
tale politica viola il diritto umanitario internazionale.
Brutale
repressione, nel campo di detenzione israeliano di Ofer, per porre fine
alla protesta collettiva dei detenuti palestinesi iniziata il 31
dicembre. Le guardie israeliane fanno ricorso a gas lacrimogeni ed a
bombe da stordimento provocando almeno 40 feriti.
I palestinesi in stato di "detenzione amministrativa" (vale a dire
incarcerati a tempo indeterminato e senza accuse) sono 1.007.
5 gennaio –
L’agenzia Care International denuncia l’elevato tasso di denutrizione
fra i bambini palestinesi di età compresa fra i sei mesi e i cinque
anni. Nella Striscia di Gaza è affetto da denutrizione il 13,3% dei
bambini di quella fascia di età, mentre in Cisgiordania la percentuale
è del 4,3%. I bambini affetti da anemia sono il 43,8% in Cisgiordania e
il 44% nella Striscia. Le cause sono da attribuire alla scarsità del
cibo ed alla sua scadente qualità.

7 gennaio – Il
governo britannico decide di sospendere la Conferenza di Londra sulle
riforme dell’ANP, per il mancato arrivo della delegazione palestinese.
Israele controlla lo spazio aereo ed i confini palestinesi e quindi
ogni spostamento dei palestinesi deve avere la sua approvazione, che in
questa circostanza non c’è stata.
8 gennaio – Tensioni al confine fra Sira ed Israele.
12 gennaio – Caccia israeliani sorvolano Beirut. L’ONU ha più volte chiesto a Israele di non violare lo spazio aereo libanese.

18 gennaio –
Il ministro israeliano per l’edilizia pubblica avvia i lavori per la
costruzione di 70 nuove unità abitative per israeliani nei quartieri
arabi di Gerusalemme Est.
21 gennaio – L’esercito
israeliano distrugge 62 negozi e magazzini a Nazlat Issa (a nord della
Cisgiordania) per preparare il terreno alla costruzione del muro di
separazione.
26 gennaio – Operazione "Ferro Caldo", la
più vasta operazione militare contro la città di Gaza dall’inizio della
Seconda Intifada: 13 palestinesi uccisi, più di 100 officine distrutte
e una dozzina di laboratori tessili dati alla fiamme.

27 gennaio –
Iniziano i lavori per la costruzione di un tratto di 45 km della
barriera di sicurezza fra il posto di blocco di Salem, vicino a Jenin,
a ovest e gli insediamenti Gilboa a est.
Sono ormai 120 i posti di
blocco disseminati dai militari israeliani tra Cisgiordania e Striscia
di Gaza: un muro invisibile che impedisce il libero spostamento di tre
milioni di civili. Non passano neppure ambulanze e soccorsi medici.
28 gennaio – Ariel Sharon vince le elezioni politiche israeliane.
febbraio –
Nel solo mese di gennaio sono state 72 le vittime palestinesi
dell’esercito israeliano: 38 nella Striscia di Gaza e 34 in
Cisgiordania. 24 erano minorenni. I palestinesi feriti sono stati 790,
di cui 602 in Cisgiordania e 188 nella Striscia di Gaza.

11 febbraio –
La Corte Suprema Belga stabilisce che il generale israeliano Amos Yaron
può essere perseguito per il suo coinvolgimento come comandante
dell’IDF a Beirut nel 1982, ai tempi del massacro di Sabra e Chatila.
Anche Sharon potrà essere perseguito dal tribunale sulla stessa
materia, appena terminerà il suo incarico e perderà quindi l’immunità
diplomatica.
19 febbraio – Israele ha introdotto più di
100 correzioni all’ultima versione della Road Map, principalmente su
argomenti riguardanti la sicurezza e la limitazione della sovranità
palestinese.

20 febbraio – Per la prima volta
dall’invasione del Libano, nel 1982, la procura militare israeliana
apre un provvedimento contro un obiettore di coscienza. È il nipote di
Netanyahu, già in carcere da 200 giorni. È incriminato per renitenza
alla leva e rischia fino a tre anni.
21 febbraio – Sono 2.923 le persone morte dall’inizio dell’Intifada (fine del settembre 2000): 2.229 sono palestinesi, 694 israeliani.
4 marzo –
La Banca Mondiale riporta che circa il 50% dei palestinesi impiegati
nel settore privato ha perso il suo posto di lavoro e che il reddito
pro-capite fra il 1999 ed il 2002 è diminuito del 30%.

8 marzo –
Proseguono le eliminazioni mirate. Con 4 missili l’esercito israeliano
uccide il co-fondatore di Hamas, capo dell’ala Izz Eddin Al-Qassam,
assieme a tre guardie del corpo.
16 marzo – Rachel
Corrie, 23 anni, pacifista statunitense di Olympia (Washington), viene
investita ed uccisa da una ruspa israeliana nel campo profughi di
Rafah, nella Striscia di Gaza, mentre sta tentando di ostacolare la
demolizione di una casa. Faceva parte dei "Gruppi di solidarietà
internazionale", che si trovano a Gaza dall’inizio della seconda
Intifada per agire da ‘scudi umani’ a difesa dei palestinesi.
19 marzo – Abu Mazen è il nuovo primo ministro palestinese.

23 marzo –
Confisca di terreni nei villaggi palestinesi nei dintorni di
Gerusalemme Est per la costruzione della "barriera di separazione".
31 marzo –
Il Rapporto annuale del Dipartimento di Stato statunitense sui diritti
umani critica Israele per "seri abusi sui diritti umani" nei Territori
Occupati palestinesi, incluse 37 "eliminazioni mirate" che hanno
provocato la morte di 25 passanti, fra i quali 13 bambini.

2 aprile –
Le truppe israeliane impongono il coprifuoco sul campo profughi di
Tulkarem. Più di 1.000 palestinesi maschi, d’età compresa fra i 14 e i
40 anni, vengono trasferiti, bendati e legati, al campo profughi di Nur
Shams, col divieto di far ritorno a casa per 3 giorni.
6 aprile –
Un altro pacifista statunitense di 24 anni, Brian Avery, muore. Ieri un
blindato israeliano gli aveva sparato a Jenin. Si trovava in
Cisgiordania come attivista del International Solidarity Movement.
Inizia il processo contro Marwan Barghouti.

11 aprile – Un terzo pacifista, Tom Hurndall, inglese, di 21 anni, è in fin di vita per aver cercato di difendere due bambini a Rafah.
12 aprile –
I bulldozer israeliani spianano più di 1.000 dunums di terre coltivate
palestinesi alla periferia di Gerusalemme Est per costruire una nuova
autostrada di collegamento fra gli insediamenti.
15 aprile –
Le forze americane a Baghdad arrestano Mohammed Abbas (Abu Abbas), capo
del Fronte per la Liberazione della Palestina (coinvolto nel sequestro
della Achille Lauro nel 1985).
La Commissione per i diritti umani
dell’ONU (UNCHR) nella sua sessione annuale adotta 4 risoluzioni nelle
quali critica: gli insediamenti, la restrizione dei movimenti dei
palestinesi, il "muro di separazione", le uccisioni di massa e gli
abusi sui diritti umani. Afferma il diritto dei palestinesi
all’autodeterminazione e si oppone ai cambiamenti del carattere fisico
e dello status legale delle Alture del Golan siriane.
22 aprile – Un’altra ampia zona palestinese coltivata viene spianata sempre alla periferia di Gerusalemme.
27 aprile –
Peace Now denuncia che sono 108 gli avamposti illegali: 72 sono stati
costruiti dopo l’elezione di Sharon e ne sono stati smantellati 11.
30 aprile –
Il presidente statunitense presenta ufficialmente la Road Map, un nuovo
piano di "pace" elaborato dal ‘Quartetto’: Stati Uniti, Unione Europea,
Russia e Nazioni Unite.

3 maggio – L’operatore
televisivo britannico, James Moller, muore colpito da un carro armato,
mentre stava riprendendo i soldati israeliani che distruggevano alcune
case palestinesi a Rafah.
8 maggio – Sale a 3.214 il numero degli morti dall’inizio dell’Intifada: 2.484 vittime sono palestinesi e 730 israeliane.
14 maggio –
La Banca Mondiale lancia l’allarme: la "barriera di separazione"
devasterà la popolazione palestinese, distruggendo terreni agricoli ed
impedendo l’accesso alle risorse idriche, alle scuole ed ai posti di
lavoro. Ne saranno colpite 95 mila persone.

19 maggio –
L’inviato dell’ONU, Terje Roed-Larsen, mette in guardia: se il regime
di stato d’assedio permane e se le condizioni di vita continuano a
deteriorarsi non c’è la pur minima possibilità che il governo
palestinese possa sopravvivere.
22 maggio – Il ministro
israeliano per l’edilizia pubblica annuncia la costruzione di 502 nuove
unità abitative nell’insediamento di Ma’ale Adunim, alla periferia est
di Gerusalemme.
I bulldozer israeliani spianano diverse centinaia
di dunums di terre coltivate palestinesi ad Anata (Gerusalemme Est) per
costruire una nuova strada ad uso militare.

23 maggio –
L’esilio dei 12 palestinesi, che nella primavera 2002 rimasero
assediati dalle truppe israeliane nel complesso della Basilica della
Natività, viene prorogato per un altro anno. Da allora vivono in
imprecisate località e sotto stretta sorveglianza in sei Stati
dell’Unione Europea, tra cui l’Italia.
24 maggio – I
bulldozer israeliani spianano diverse centinaia di dunums di terre
coltivate palestinesi ad Anata (Gerusalemme Est) per preparare la
costruzione della "barriera di separazione".
25 maggio – Il governo israeliano approva la Road Map.

27 maggio –
La Siria si dichiara pronta a riprendere i negoziati di pace sulla base
delle risoluzioni ONU 242 e 338, della Conferenza di Madrid (1991) e
del principio ‘terra in cambio di pace’. Le due risoluzioni prevedono
il ritiro di Israele dai territori arabi occupati nel 1967, tra cui
l’altopiano siriano del Golan. Le Alture del Golan, 1.200 kmq con
notevoli risorse idriche, sono d’importanza strategica. A conseguenza
delle guerre del 1967 e del 1973, circa 150.000 persone fuggirono dal
Golan, dove restano tuttora, sotto l’occupazione israeliana, circa
15.000 drusi. Nel frattempo 17.000 israeliani si sono insediati in 18
colonie. Israele rifiuta di ritirarsi entro i confini del ’67 anche per
non dar a Damasco l’accesso al lago di Tiberiade.
28 maggio – Il premier israeliano Ariel Sharon critica in almeno 14 punti la Road Map.
29 maggio –
Presentato il progetto per un nuovo insediamento ebraico a Gerusalemme
Est: si chiama Kidmar Tziyon e verrebbe costruito nei pressi del
villaggio palestinese di Abu Dis (indicato – nelle mappe discusse nel
vertice di Camp David nel luglio 2000 – come la possibile "capitale"
dello Stato palestinese). La nuova colonia sorgerebbe su una superficie
di 25 acri e comprenderebbe 230 unità abitative e due sinagoghe.

3 giugno –
Il ministro del turismo israeliano, Benny Elon, (del partito Moledet)
insieme ad un gruppo di coloni, occupa a Gerusalemme Est una palazzina
installandoci il suo nuovo quartier generale di partito. Sulle pareti
affiggono dei poster con la scritta: "La Giordania è la Palestina".
Bush, Mubarak, re Abdullah e Abu Mazen s’incontrano a Sharm El-Sheick per discutere della Road Map.
4 giugno –
Vertice di Aqaba fra Bush, Sharon e Abu Mazen. Il primo ministro
israeliano Ariel Sharon promette l’immediato smantellamento degli
avamposti degli insediamenti, come previsto dalla Road Map.

9 giugno – Israele tenta d’assassinare a Gaza il leader di Hamas, Abdul Aziz Rantisi, che rimane ferito.
11 giugno –
Un rapporto dell’UNRWA denuncia che, fra settembre del 2000 e maggio
del 2003, le forze israeliane hanno distrutto o danneggiato gravemente
1.134 abitazioni nella Striscia di Gaza, lasciando senza casa 10.000
palestinesi.
25 giugno – Negli ultimi giorni gli
"avamposti illegali" (in cui vivono complessivamente circa 700
israeliani) si sono moltiplicati perché i coloni, spinti da vari
rabbini, hanno creato anche "falsi avamposti" – con case prefabbricate,
camper, roulotte, tende, baracche, ecc.

30 giugno – In
applicazione della Road Map, Israele si "ritira" ufficialmente dalla
Striscia di Gaza, ma le forze israeliane restano nei 18 insediamenti
ebraici ed a guardia della frontiera con l’Egitto. In base all’accordo
Israele "dovrebbe" porre fine alle incursioni e smantellare i posti di
blocco che paralizzano la vita quotidiana dei palestinesi della
Striscia.
2 luglio – Betlemme torna sotto il controllo palestinese, escludendo l’area della Tomba di Rachele.
13 luglio –
Il ministro palestinese per gli Affari Sociali dichiara che, a causa
della politica israeliana di assedio, più del 70% dei palestinesi vive
sotto la soglia della povertà e che la disoccupazione a Gaza è salita
al 65% e in Cisgiordania al 55%.

17 luglio – L’inviato
dell’ONU, Larsen, dichiara che Israele deve smantellare la "barriera di
difesa" perché è un atto unilaterale non consono alla Road Map in
quanto crea più difficoltà alla creazione di uno Stato Palestinese con
continuità territoriale.
20 luglio – Sono circa 7.700 i palestinesi detenuti nelle carceri israeliane secondo un rapporto della Croce Rossa Internazionale.

21 luglio –
Un dossier dell’Associazione della Stampa Estera israeliana (FPA)
denuncia il trattamento riservato ai giornalisti stranieri. Si parla di
una trentina di casi di "vistose e sistematiche vessazioni ai danni di
corrispondenti stranieri negli aeroporti del paese e ai posti di
frontiera" che sono "un mezzo primitivo per limitare la libertà
d’azione della stampa" (prolungati ritardi per i controlli di
sicurezza, ricorrenti interrogatori, confisca e danneggiamento o
perdita di costose attrezzature, richieste di mostrare appunti e files
di computer e di rivelare incontri e contatti personali).
26 luglio –
Va avanti la costruzione del ‘muro’: un immenso reticolato di grate
metalliche e filo spinato munito di barriere in cemento, pali in
acciaio, trincee, sensori a onde magnetiche, telecamere e torrette di
controllo armate. Il settore in preparazione è lungo 120 chilometri.
Le forze israeliane espropriano 136 dunums di terre palestinese della
zona di Sur Baher (Gerusalemme Est) per la costruzione del ‘muro’.
Recentemente sono stati confiscati altri 46 dunums del villaggio di Abu
Dis (sempre a Gerusalemme Est).
28 luglio –
Il Comitato Finanziario della Knesset approva storna dal budget statale
circa 150 milioni di euro, per la costruzione della "barriera di
separazione" fra Israele ed i territori palestinesi.
31 luglio –
Il parlamento israeliano approva una legga che nega la cittadinanza
israeliana o lo status di residente permanente ai palestinesi che si
sposano con cittadini israeliani.
1° agosto – Più di
4.000 prigionieri palestinesi cominciano uno sciopero della fame per
protestare sia per le disumane condizioni di vita che per l’irruzione
delle guardie israeliane nel carcere di Ashkelon avvenuta il giorno
prima.

6 agosto – Scarcerati 339 palestinesi (su più di
6.000): Israele ha condizionato la loro liberazione alla firma di un
impegno a non compiere più attività ostili contro lo stato ebraico. 182
erano accusati di aver commesso reati legati a violazioni della
sicurezza, mentre altri 157 si trovavano in carcere per reati
amministrativi. Solo nell’ultimo mese però l’esercito israeliano ha
arrestato altri 320 palestinesi, quasi lo stesso numero di quelli che
sono stati rilasciati oggi.
9 agosto – I residenti dei
villaggi palestinesi di Nu’man, Izzariyya, Abu Dis e Sheikh Sa’ad
ricevono ‘ordini militari’ che annunciano la confisca di 490 dunums di
terre coltivate per la costruzione della "barriera di separazione".

10 agosto –
Caccia dell’aviazione israeliana bombardano la periferia del villaggio
libanese di Tair Harfa nel Libano meridionale, per intercettare
l’artiglieria anti-aerea di Hezbollah. Il ministro degli esteri Silvan
Shalom intima al Libano e alla Siria di fermare Hezbollah lanciando una
chiara minaccia di guerra.
11 agosto – Aerei israeliani sorvolano a bassa quota Beirut, infrangendo la barriera del suono.
13 agosto –
I residenti dei villaggi palestinesi di Sur Baher, Jabal Al-Mukabber e
Sawahreh Ash-Sharqiyya ricevono ‘ordini militari’ che annunciano la
confisca di 173 dunums di terre coltivate per la costruzione della
"barriera di separazione".

14 agosto – La Commissione
ONU per l’abolizione della discriminazione razziale approva
all’unanimità una risoluzione intimando a Israele di revocare la sua
nuova legge che nega la cittadinanza o la residenza permanente ai
palestinesi che sposano cittadini israeliani.
16 agosto –
Un jet militare israeliano sorvola la residenza estiva del presidente
siriano, Bashar Assad, inviando così un messaggio intimidatorio alla
Siria.
17 agosto – L’esercito israeliano avvia i lavori
per la costruzione di due basi militari permanenti nella città
cisgiordana di Hebron, in due ‘zone A’, ovvero a sovranità palestinese.
Le due basi, in grado di accogliere un numero ridotto di militari, si
trovano sulle colline di Abu Sneina e Harat al-Sheikh, che dominano le
abitazioni dei coloni ebraici nel centro della città. È la prima volta
che l’esercito costruisce basi permanenti nelle ‘zone A’.

18 agosto –
Solo nel corso dell’ultima settimana Israele ha distrutto più di 60
edificazioni (abitazioni, muri, baracche) nell’area di Gerusalemme col
pretesto che erano costruite senza regolare licenza.
20 agosto –
Il Gabinetto di Sicurezza israeliano approva il nuovo tracciato del
piano "Avvolgere Gerusalemme", come parte della "barriera di
separazione" che interesserà terreni palestinesi della città di Beit
Sahour e del villaggio di Izzariyya (Gerusalemme). Il tracciato non è
stato reso pubblico.

22 agosto – Le forze armate
israeliane ripristinano il blocco della strada principale, che
attraversa la Striscia di Gaza da nord a sud, tagliandola di fatto in
tre. Sono intanto ripresi i raid e gli ‘omicidi mirati’ su tutta la
Striscia.
24 agosto – I residenti dei villaggi
palestinesi di Beit Iksa, Beit Surik e Qalunya ricevono ‘ordini
militari’ che annunciano la confisca di 1.628 dunums di terre coltivate
per la costruzione della "barriera di separazione". Ad Abu Dis
l’esproprio è di altri 45 (il tutto sempre nell’area di Gerusalemme).
6 settembre – Lo sceicco Ahmed Yassin, leader di Hamas, viene ferito ad un braccio in un raid ‘mirato’.

10 settembre – Ahmed Qurei (Abu Ala) sostituisce Mahmud Abbas (Abu Mazen) nel posto di primo ministro palestinese.
11 settembre – Il Consiglio degli Ambasciatori dell’UE inserisce ufficialmente Hamas nell’elenco delle organizzazioni terroristiche.
Il governo israeliano adotta la ‘decisione di principio’ di espellere ‘forzosamente’ il presidente palestinese Yasser Arafat.
12 settembre –
La polizia israeliana fa irruzione sulla Spianata delle Moschee a
Gerusalemme e lancia gas lacrimogeni e granate assordanti per
disperdere i dimostranti palestinesi.
13 settembre – Sale
ad almeno 3.478 il numero delle persone rimaste uccise fin dall’inizio
della rivolta tuttora in corso e nota come ‘Intifada di Al-Aqsa’, fine
settembre 2000: 2.596 erano palestinesi e 819 israeliani.
Israele
respinge l’invito del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che
si è espresso contro l’espulsione del presidente palestinese Yasser
Arafat.
15 settembre –
I bulldozer israeliani spianano diverse centinaia di dunums di terre
coltivate nell’area di Gerusalemme per la costruzione della "barriera
di separazione".
16 settembre – Gli Stati Uniti pongono
il veto, nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ad una nuova risoluzione
in cui si chiede a Israele di non espellere Yasser Arafat e di
garantire la sua incolumità.

19 settembre – L’Assemblea
Generale dell’ONU approva la risoluzione che chiede ad Israele la
revoca della decisione del principio di espellere Arafat. Le
risoluzioni dell’Assemblea Generale hanno valore di raccomandazioni e
non sono vincolanti come i pronunciamenti del Consiglio di Sicurezza.
21 settembre –
Diecimila pacifisti israeliani manifestano in Piazza Rabin a Tel Aviv
contro Sharon e contro il muro, per lo smantellamento degli
insediamenti nei Territori Occupati e per la fine degli omicidi mirati.
24 settembre –
In seguito a pressioni diplomatiche internazionali, la Corte Suprema
belga pone fine ai suoi tentativi di perseguire i leader stranieri per
crimini di guerra, compreso quindi il primo ministro israeliano Ariel
Sharon per il massacro di Sabra e Chatila del 1982 e l’ex presidente
statunitense Bush Sr. per i crimini durante la prima Guerra del Golfo
del 1991.
25 settembre – 27 piloti della Forza Aerea Israeliana rifiutano di condurre attacchi aerei aldilà della Linea Verde.

30 settembre – L’ONU,
in un rapporto, denuncia il "Muro" di Israele come un tentativo di
annessione di "sostanziose porzioni" dei territori palestinesi e
pertanto "atto illegale di conquista". "Israele è determinato a creare
una situazione sul terreno che equivale a un’annessione di fatto" e
questo rappresenta una violazione della carta dell’ONU e della quarta
convenzione di Ginevra. La barriera di separazione che Israele sta
erigendo lungo il confine con la Cisgiordania viene costruita in
territorio palestinese e ne ingloba ampie zone. Il suo obbiettivo
principale è quello di proteggere gli insediamenti. "Oltre 210mila
palestinesi saranno seriamente colpiti dalla costruzione del muro:
coloro che vivono fra il Muro e la Linea Verde, il confine con la
Cisgiordania stabilito nel 1967, saranno di fatto isolati dalle loro
terre e dai propri posti di lavoro, scuole, ospedali ed altri servizi
sociali".

1° ottobre – Il Gabinetto Israeliano dà via
libera (nonostante le critiche di gran parte della comunità
internazionale) alla realizzazione della prossima sezione della
barriera di separazione: il nuovo tracciato si estende da Elkana alla
base militare di Ofer (appena a nord di Gerusalemme) a est degli
insediamenti di Ariel e di Kedumin. Attorno alla popolosa colonia di
Ariel sarà eretta un’ulteriore barriera, per ora non collegata
direttamente a quella principale.
2 ottobre – L’esercito
israeliano firma il nuovo ordine militare n. 378, che dichiara le terre
(situate tra la barriera di separazione e la Linea Verde) territorio
"chiuso" e stabilisce che "nessuna persona vi può entrare e nessuno può
restarvi". Il libero accesso è garantito solo agli israeliani, invece i
palestinesi residenti in questa zona, o che vi possiedono terreni
agricoli, avranno bisogno di permessi speciali per vivere nelle loro
case, per coltivare le loro terre e per viaggiare. L’area in questione
rappresenta il 2% della Cisgiordania e vi risiedono circa 14.000
palestinesi. Inoltre diverse migliaia di palestinesi vi possiedono
delle terre.

5 ottobre – Primo attacco israeliano in
territorio siriano dal 1982: l’aviazione israeliana colpisce un
presunto campo di addestramento palestinese della Jahad Islamica a Ein
Zaheb, a poche decine di chilometri da Damasco.
6 ottobre –
Incidenti di frontiera fra Israele e il Libano. L’aviazione israeliana
bombarda la periferia settentrionale della città libanese di Kfar
Shouba, vicino al confine.
7 ottobre – Sale la tensione fra Israele e Libano.
8 ottobre –
Il ministro della Difesa Shaul Mofaz ordina "un immediato rafforzamento
delle truppe israeliane, regolari e di riserva" in Cisgiordania e nella
Striscia di Gaza.

10/12 ottobre – Un pesante attacco
"Operazione giorno incantato" contro Rafah ed il suo campo profughi,
all’estrema punta meridionale della Striscia di Gaza, una delle
località più miserevoli dei Territori Occupati. Le truppe israeliane
distruggono almeno un centinaio d’abitazioni nel campo profughi
lasciando senza tetto almeno 2.500 persone e facendo 8 morti. Il campo
profughi di Rafah contava già prima dell’incursione 6.000 senzatetto a
conseguenza dei precedenti raid.
12 ottobre – Un accordo
di pace dettagliato viene ratificato ad Amman tra alcuni palestinesi
guidati da Yasser Abed Rabbo ed alcuni israeliani con a capo Yossi
Beilin. Sarà firmato il 1° dicembre a Ginevra.

14 ottobre – Le
forze israeliane trasferiscono illegalmente 18 detenuti palestinesi
dalla Cisgiordania alla Striscia di Gaza. Il governo israeliano invoca
l’articolo 78 della Convenzione di Ginevra, che permette ad una potenza
occupante di "assegnare la residenza" nei casi in cui sia a rischio la
sicurezza.
Gli USA bloccano con il veto una risoluzione del
Consiglio di Sicurezza dell’ONU che condanna Israele per la costruzione
della barriera di separazione.
20 ottobre –
Nel suo rapporto annuale l’Istituto per gli Studi Israeliani di
Gerusalemme rende noto che nel corso dell’ultimo decennio 164.400
israeliani (soprattutto ebrei laici) hanno lasciato la città di
Gerusalemme e solo 97.300 israeliani (soprattutto ebrei religiosi) sono
venuti ad abitarvi. Nel 2002, sono 16.400 gli israeliani che hanno
lasciato la città e solo 9.700 quelli che sono venuti a viverci. La
popolazione totale di Gerusalemme è di 680.400 abitanti: gli israeliani
sono il 67% ed i palestinesi il 33%. La popolazione araba, ad ogni
modo, risulta molto più giovane di quella israeliana.

21 ottobre –
I bulldozer israeliani spianano 200 dunums di terre coltivate a
As-Sawahreh Ash-Sharqiyya sradicando circa 500 piante d’ulivo.
L’aviazione israeliana continua a bombardare la Striscia di Gaza. È di
almeno 14 morti e 106 feriti il bilancio della serie di raid sferrati
nelle ultime 24 ore da Israele.
L’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite approva una risoluzione che condanna Israele per le sue azioni
illegali e chiede di "porre termine alla costruzione del muro nei
Territori Occupati palestinesi", definendo tale barriera "contraria"
alle leggi internazionali.
23 ottobre –
Il ministro dell’Edilizia israeliano approva la costruzione di 333
nuove unità abitative negli insediamenti. Dall’inizio dell’anno sono
state costruite 1.727 nuove unità abitative, di cui 1.326 nell’area di
Gerusalemme.

25 ottobre – Ariel Sharon annuncia la
costruzione di un’altra barriera di separazione nella parte est della
Cisgiordania annettendosi così una parte della valle del Giordano. Il
muro dalla parte ovest della Cisgiordania e attorno a Gerusalemme, che
ha già raggiunto quasi i 180 km, dovrebbe esser completato entro un
anno. Entra nei Territori Occupati nel 1967 con una profondità anche di
20 chilometri inglobando la maggior parte degli insediamenti (in
particolare quello di Ariel con i suoi 18.000 abitanti).
4 novembre – Un nuovo regolamento dell’esercito israeliano
stanziato presso l’insediamento di Netzarim (nella Striscia di Gaza)
concede ai soldati il diritto di ‘sparare per uccidere’ i palestinesi
scoperti ad osservare le attività israeliane col binocolo.

5 novembre – I coloni israeliani sradicano circa mille alberi in tre villaggi della Cisgiordania, vicini all’insediamento di Einabus.
8 novembre –
L’ufficio di Coordinamento per i Problemi Umanitari dell’ONU (OCHA)
rende noti i dati relativi all’impatto della barriera di separazione
sui palestinesi: il muro segue solo per l’11% del suo tracciato la
Linea Verde, requisisce il 14% della Cisgiordania e causerà sofferenze
a 680.000 palestinesi.
9 novembre – Il Dipartimento di
Difesa israeliano decide che la barriera ad est di Gerusalemme si
spingerà in Cisgiordania per una ventina di chilometri, in direzione di
Gerico annettendo così ad Israele il popoloso insediamento Ma’ale
Adumim, la zona industriale di Adumim, gli i

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.