69 anni dopo i Palestinesi vedono la Nakba come un “ininterrotto cammino di dolore, perdita e ingiustizia”

432051CBetlemme-Ma’an. Lunedì 15 maggio i palestinesi hanno commemorato il decorrere di 69 anni dall’inizio della Nakba, o catastrofe, mentre autorità e attivisti denunciavano le violazioni dei diritti umani che perdurano da quando lo Stato di Israele nacque nel 1948.

Ogni 15 maggio hanno luogo commemorazioni per la Nakba, durante la quale centinaia di palestinesi furono uccisi dalle milizie sioniste e più di 750.000 vennero forzatamente espulsi dalle loro terre nel 1948 e sparsi nei vari campi profughi nella Cisgiordania occupata, nella Striscia di Gaza, in Giordania, Libano, Siria, secondo le stime dell’UNRWA.

Più di sei milioni di palestinesi, dei Territori occupati o della diaspora, ancora chiedono l’applicazione del diritto al ritorno, internazionalmente riconosciutogli, nelle loro case e villaggi che ad oggi si trovano in Israele, diritto che è stato sancito dalle leggi internazionali a seguito dell’adozione della risoluzione 194 delle Nazioni Unite.

L’ONG palestinese BADIL per i diritti legali dei palestinesi stima che il 66 per cento dei 13 milioni di palestinesi nel mondo oggi sono stati dislocati “almeno una volta nella loro vita, con un significativo numero che ha sperimentato la diaspora più di una volta”.

Nel frattempo, in un grafico dettagliato della Palestina in occasione della Giornata della Nakba, si nota come il 77 per cento dei precedenti villaggi e città palestinesi non sono mai stati ricostruiti: ciò conferma la credenza che la diaspora forzata di centinaia di migliaia di palestinesi faceva parte di un piano di pulizia etnica dell’area, e non di una mera lotta per il territorio tra israeliani e palestinesi.

“La Nakba è un cammino pieno di dolore, perdita e ingiustizia”, ha dichiarato sabato il segretario generale dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) Saeb Erkat.

Ricordando il massacro di Deir Yassin, nel quale gli abitanti palestinesi vennero uccisi dalle milizie sioniste, Erekat ha denunciato il fatto che “come per qualsiasi crimine commesso da Israele prima e dal momento della sua creazione, i criminali responsabili di questi massacri e dei crimini di guerra godono della piena immunità”.

Erekat ha affermato che il riconoscimento e le scuse da parte dello Stato di Israele per la Nakba sono una condizione necessaria “per raggiungere una pace giusta e duratura tra Israele e Palestina”.

“Chiediamo al governo israeliano di rendere pubblici tutti gli archivi relativi al 1948 per mostrare alla loro stessa nazione la verità, ciò che è successo al nostro popolo, inclusa la pulizia etnica e la politica di sistematica uccisione dei palestinesi che hanno tentato di tornare alle loro case”, ha detto Erekat.

Il leader dell’OLP si è appellato anche all’Inghilterra affinché si scusi formalmente per la dichiarazione Balfour del 1917, che ha unilateralmente concesso la terra dei palestinesi per la costituzione dello Stato di Israele.

Nel frattempo, la Global Palestinian Refugee and Internally Displaced People Network ha sottolineato che la Nakba e le sue ripercussioni si sono estese ben oltre il 1948.

“La Nakba è ininterrotta, non solo attraverso politiche di dislocamento programmato e implementato da strategie sioniste che aspirano al controllo della massima distesa di territorio con il minimo numero di palestinesi residenti, ma anche attraverso il fallimento della comunità internazionale e degli Stati Arabi, incapaci di rispettare i loro obblighi, la continua divisione interna, la privazione dei diritti dell’OLP, e il ruolo malato dell’Autorità Palestinese dettato dai restrittivi Accordi di Oslo”.

Ciò che ha notevolmente colpito è stato “il silenzio e la mancanza di azione politica” della comunità internazionale come fattore cruciale che ha permesso a Israele di continuare a violare i diritti dei Palestinesi fino ad oggi.

“L’aiuto umanitario e gli approcci politici adottati dalla comunità internazionale e basati sul massiccio squilibrio del potere e sul vuoto di qualsiasi fondazione sui diritti umani… non sono riusciti a raggiungere la giustizia e la pace”, ha scritto il gruppo. “Invece, questi approcci hanno più profondamente radicato la Nakba in atto e hanno favorito le politiche di dominio coloniale e di apartheid di Israele”.

“La mancanza di una replica da parte della comunità internazionale al massiccio sciopero della fame di più di 1000 prigionieri politici palestinesi che necessitano di intervento immediato e di protezione simboleggia la de-umanizzazione e la demonizzazione dei palestinesi che lottano per la loro dignità, giustizia e libertà”.

Nel frattempo il presidente dell’ANP Mahmoud Abbas ha salutato “i nostri eroici prigionieri” nel loro 29esimo giorno di sciopero della fame nelle prigioni israeliane in occasione del ricordo della Nakba, e ha chiesto unità al popolo palestinese per raggiungere l’indipendenza.

“Grande popolo palestinese -ha affermato-, vi dico che la nostra lotta e la nostra determinazione relativamente alla nostra patria e al nostro diritto in quanto nazione sono il fattore decisivo che guideranno la nostra libertà ed indipendenza. Rinnoviamo la nostra richiesta di porre fine alle divisioni e di unirci in una linea comune nazionale per affrontare tutte le sfide, perché la nostra unità nazionale è un principio sacro che realizzerà le speranze e le ambizioni del nostro popolo nella creazione di uno Stato indipendente con Gerusalemme capitale”.

La Commissione Nazionale per il BDS (BNC) ha dichiarato che nonostante Israele “non risparmi la brutalità nei suoi tentativi inesorabili e disperati di radicare nelle nostre coscienze l’inutilità della resistenza e la vanità della speranza” crede in un risultato positivo al conflitto decennale, in parte a causa dei crescenti successi del movimento BDS.

“Le crescenti coalizioni intersettoriali che emergono in molti Paesi collegano organicamente la lotta per i diritti dei palestinesi con le diverse lotte internazionali per la razza, l’economia, il genere,, il clima, la giustizia indigena, che ci donano una illimitata speranza” ha esordito lunedì la BNC in una dichiarazione. Per sette decenni, e contro ogni probabilità, i palestinesi hanno continuato ad affermare il nostro inalienabile diritto all’auto-determinazione e ad una pace vera, che può derivare solo dalla libertà, dalla giustizia e dall’eguaglianza”, ha aggiunto la BNC. “Per arrivare a questa giusta pace ci rendiamo conto che dobbiamo nutrire la nostra speranza per una vita dignitosa con un impegno senza limiti di resistere all’ingiustizia, l’apatia e, soprattutto, ai loro muri di ferro della disperazione.

Traduzione di Marta Bettenzoli