Abu Mazen: truppe arabe nei Territori occupati.

Dal Manifesto del 30 marzo 2008

A Damasco sorprendente richiesta del leader palestinese per fermare
l’aggressività di Israele e difendere la popolazione

Abu Mazen: truppe arabe nei Territori occupati

Michele Giorgio

Saranno il ministro degli esteri siriano Walid Moalem e il segretario
generale della Lega araba Amr Musa a comunicare oggi i risultati del
travagliatissimo vertice arabo cominciato ieri Damasco. Ma quello che
è stato descritto per giorni come un summit «dimezzato», a causa
dell’assenza del re saudita Abdallah, del presidente egiziano Mubarak
e di altri nove leader arabi in polemica con la Siria, potrebbe
ugualmente riservare delle sorprese.
Il presidente palestinese Abu Mazen ieri ha chiesto agli Stati arabi
che inviino truppe nei Territori occupati per difendere la sua gente
dai raid israeliani. Abu Mazen infatti ha accusato lo Stato ebraico di
minare i negoziati di pace attaccando «brutalmente» Gaza con azioni
militari quotidiane che «uccidono palestinesi innocenti». I negoziati,
ha spiegato, «non possono continuare con i bulldozer israeliani che
invadono la nostra terra e con la costruzione degli insediamenti
colonici». E’ la prima volta che il leader dell’Anp chiede l’invio di
truppe alle nazioni arabe, mentre in passato aveva sollecitato il
dispiegamento di peacekeeper internazionali a Gaza. La proposta ha
subito destato interesse dei presenti pur essendo di difficile
attuazione, vista la scontata opposizione israeliana.
Allo stesso tempo potrebbe aprire la strada ad una soluzione
ipotizzata più volte in questi ultimi tempi, ovvero l’ingresso in
Cisgiordania di truppe giordane e a Gaza di soldati egiziani. Uno
sviluppo che certo non dispiacerebbe a Israele che preferirebbe vedere
reparti giordani ed egiziani dare la caccia ai militanti di Hamas
piuttosto degli «inaffidabili» servizi di sicurezza palestinesi di Abu
Mazen.
Se ne potrebbe riparlare già tra qualche mese perché ieri, in apertura
dei lavori, Amr Musa ha proposto l’organizzazione di un nuovo summit
per metà 2008 per una valutazione approfondita dei negoziati di pace
arabo-israeliani. L’appello è giunto dopo che il presidente siriano
Bashar Assad ha chiesto all’assemblea per quanto tempo ancora sarebbe
stato giusto e possibile tenere in vita il piano di pace arabo che
prevede la normalizzazione dei rapporti con lo Stato ebraico in cambio
di un suo ritiro totale dai territori arabi e palestinesi che occupa
dal ’67.
Musa ha spiegato che l’incontro avrebbe per obiettivo capire «come
procedere» qualora non dovessero registrarsi progressi. Israele non ha
mai risposto ufficialmente al piano arabo pur definendolo
«interessante». Da parte sua la Siria insiste per fissare un tempo
limite. «Gli arabi non possono aspettare all’infinito le decisioni di
Israele che deve prendere o lasciare l’offerta che ha ricevuto», ci
aveva detto giorni fa il ministro dell’informazione Muhsen Bilal.
Proponendo un secondo vertice nel 2008, sebbene a livello di ministri
degli esteri, senza dubbio Musa ha dato una mano a Damasco poiché il
nuovo incontro rappresenterebbe una sorta di «secondo tempo» del
summit in corso, attenuando il significato della mancata
partecipazione di re Abdallah e di Mubarak, entrambi stretti alleati
di Washington. Anche per questo Assad ieri ha evitato di attaccare
frontalmente Riyadh e il Cairo e ha affermato che la pace è il giusto
percorso verso la sicurezza. «La richiesta di Israele di sicurezza
prima della pace è solo un’illusione», ha detto chiedendo un ritiro
«totale» dello Stato ebraico dal Golan occupato nel 1967 ed esortando
gli arabi a sostenere il piano yemenita per giungere ad una
riconciliazione tra il movimento Fatah di Abu Mazen e Hamas a Gaza.
Più di tutto Assad ha smentito che Damasco stia ostacolando,
attraverso i suoi alleati Hezbollah e Amal l’elezione del presidente
libanese. «La Siria è pronta a cooperare con ogni Stato arabo o parte
straniera per risolvere la crisi libanese» ha affermato, ma il suo
impegno è stato subito ridimensionato dalle accuse giunte dal ministro
degli esteri saudita, Saud al Faisal.
«I tentativi di ostacolare la soluzione in Libano sono gli stessi
usati per cercare di allargare la spaccatura tra palestinesi e per far
allontanare una soluzione politica in Iraq», ha detto. «Stiamo ancora
aspettando un’azione positiva (di Assad) in Libano», ha aggiunto
ammettendo tuttavia che Damasco, definito uno dei paesi arabi più
importanti, è parte della soluzione dei problemi della regione. Del
vertice di Damasco hanno discusso anche il premier israeliano Olmert e
il segretario di stato Usa Condoleezza Rice giunta ieri sera a
Gerusalemme.

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