Ali Fayyad: unità del mondo islamico e cristiano contro progetti di destabilizzazione del Mediterraneo e Medio Oriente

Assisi. Di Angela Lano.

La nostra redazione ha intervistato Ali Fayyad, parlamentare libanese, e membro della direzione di Hezbollah, presente al Forum di Assisi sulle Primavere Arabe.

Qual è la sua opinione sulle Primavere Arabe e sugli attuali scenari mediorientali?

“Credo che il popolo arabo sia veramente il protagonista delle Primavere, e non gli Usa o altri Paesi stranieri. Nel mondo arabo stavamo aspettando questo momento da anni. Quando gli arabi hanno potuto esprimersi e decidere liberamente lo hanno fatto. Tuttavia, gli Usa sono entrati in questi sviluppi regionali per aggiustarli, indirizzarli secondo i loro interessi.

“Noi riteniamo positive le rivoluzioni arabe e chiediamo di rispettare le volontà popolari. E’ possibile che ci siano stati degli errori qua e là, ma il contesto strategico è positivo.

“Noi crediamo che quella attuale sia un’era di transizione. Il risultato che vediamo oggi non è quello definitivo. Dobbiamo aspettare. Nel medio termine ci sono molte richieste in campo, tra cui libertà e democrazia. Nel lungo termine ci sono questioni basilari come quella palestinese. Ora, il popolo sta affrontando i dittatori arabi, e per molte ragioni, tra cui la strategia politica di queste dittature sulla Palestina notoriamente vicine agli Usa e sostenitrici di Israele. Gli arabi si vergognano di ciò.

“Forse qualche movimento arabo ha tattiche speciali: non stanno parlando o si stanno comportando in modo franco, forse perché questo è un periodo di transizione, ma non si può sfuggire dall’affrontare la questione palestinese. Il movimento islamico presto si troverà a scontrarsi con gli Usa proprio sulla causa palestinese”.

La questione siriana si sta rivelando sempre di più come un punto di svolta, e di rottura, nel mondo arabo e islamico. Cosa ne pensa?

“Crediamo che quella siriana sia differente dalle altre Primavere arabe. Bashar el-Assad non è Mubarak o altri dittatori. Lui rappresenta la maggior parte della popolazione siriana. Ed è il principale sostenitore della resistenza libanese e palestinese. La Siria ha la posizione più importante sulla questione israelo-palestinese.

“Noi, come Hezbollah, sosteniamo la necessità di portare avanti delle riforme, ma in modo pacifico. Tali riforme non dovranno creare divisione in Siria, ma lavorare per la stabilità e l’unità. Noi cerchiamo anche di salvaguardare la resistenza siriana contro Israele”.

Quali sono le riforme da attuare e con quali modalità?

“La precondizione per le riforme siriane che prevedono le dimissioni di Assad non è praticabile, perché egli è sostenuto dalla maggior parte della società. Il popolo siriano deve scegliere la propria leadership attraverso elezioni trasparenti e democratiche, che si svolgeranno nel 2014, e non per mezzo dell’intervento di Paesi stranieri”.

E chi monitorerà la trasparenza di queste elezioni?

“Il popolo siriano sarà responsabile di monitorarle”.

L’opposizione siriana ha tendenze e risposte diverse all’attuale crisi…

“Non c’è una sola opposizione siriana. Ci sono centinaia di gruppi. I più pericolosi sono i combattenti stranieri, che sono migliaia: salafiti, takfiriti (espressione estrema e razzista del wahhabismo che considera gli sciiti i peggiori nemici contro i quale lottare, ndr), al-Qaida, ecc., che arrivano dall’Iraq, dall’Afghanistan, dalla Libia, dal Golfo. Questi stanno assassinando le minoranze, su basi settarie, e ciò sta portando alla divisione della Siria e alla discriminazione. Israele sta agendo per dividere la Siria: è il suo obiettivo.

“Gli Usa stanno lavorando per creare questo scenario: mantenere instabile la situazione in Siria per indebolire il regime e renderlo incapace di confrontarsi con Israele e sostenere la resistenza palestinese e libanese. Essi non vogliono una guerra propriamente detta, con bombardamenti, come è avvenuto in Libia. Stanno dicendo che è difficile fare una guerra, perché l’esercito siriano è forte. E anche la creazione di una No-fly-zone è troppo complicata. Dunque, Israele e Stati Uniti vogliono indebolire il governo di Damasco, ma senza far collassare lo Stato. Gli Usa temono infatti che facendo crollare le istituzioni statali gli islamisti salafiti prenderebbero il potere. La Siria è diventata il punto di attrazione di salafiti provenienti dalle altre regioni mediorientali”.

Come lo spiega?

“Hanno un progetto settario e sono sostenuti da diversi Paesi arabi del Golfo. Essi vogliono cambiare il regime siriano per creare un califfato su Mediterraneo e Medio Oriente. Ci sono decine di migliaia di loro. Il supporto logistico ed economico arriva dal Golfo. E’ un fenomeno molto pericoloso: esso distrugge l’unità sociale dei nostri Paesi e spinge indietro le società”.

Che cosa proponete per contrastare questa visione arretrata e pericolosa?

“Non abbiamo altra scelta che salvaguardare l’unità islamica tra sunniti e sciiti, e tra musulmani e cristiani, e promuovere la democrazia”.

Ritiene possibile una guerra contro l’Iran?

“Non prima delle elezioni negli Usa. Se ci sarà una guerra contro l’Iran, per Israele sarà un disastro, e così pure in tutta la regione. L’Iran ha il pieno diritto di difendersi e di proteggere la propria sovranità contro attacchi esterni. Gli Usa hanno più volte avvisato Israele di evitare e prevenire una guerra contro l’Iran. Leon Panetta, segretario della Difesa statunitense, una settimana fa ha dichiarato che Israele non ha la possibilità logistica di attaccare l’Iran. E’ una chiara risposta sulla posizione Usa su questa questione”.

Quali scenari regionali vede per il prossimo futuro?

“Avremo un decennio di instabilità. Ci sono cambiamenti strategici che necessitano di tempo. La maggiore sfida è quella di salvaguardare l’unità dei Paesi arabi e islamici e sostenere la resistenza palestinese. La questione siriana è un tentativo di distrarre l’attenzione dalle politiche israeliane e di creare contrapposizione e conflittualità nel mondo islamico tra le varie etnie e correnti religiose”.