API: lo sciopero dei prigionieri, una vittoria. I paesi arabo-islamici dovrebbero sostenere la lotta palestinese

18622680_10212182100844848_3538467821170847898_nGenova-InfoPal. E’ finito oggi, sabato 27 maggio, il lungo sciopero della fame che ha coinvolto circa 1600 prigionieri politici palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane che chiedevano il rispetto dei diritti umani basilari.

Ne abbiamo parlato con l’arch. Mohammad Hannoun, presidente dell’Associazione dei Palestinesi in Italia – API.

“E’ una vittoria per i nostri prigionieri palestinesi che sono riusciti, attraverso un duro sciopero durato 41 giorni, a trovare un accordo con il servizio carcerario israeliano su tutte le richieste presentate.

La situazione era drammatica, ma i prigionieri erano decisi ad andare avanti nello sciopero con fermezza, fino alla vittoria, nonostante i tentativi, anche dell’ANP, di farli desistere. A loro sostegno ci sono state manifestazioni in tutta la Palestina storica, anche ieri, venerdì, con scontri con le forze di occupazione e decine di feriti. Anche in vari paesi del mondo, tra cui l’Italia, sono state organizzate manifestazioni, sit-in, flash-mob e presidi di solidarietà.

L’unico punto debole è stata l’ANP di Ramallah, ma sia in Palestina sia nella diaspora c’è stato un grande movimento pro-prigionieri.

Anche a livello dei media mainstream ci sono stati ostacoli alla diffusione delle notizie sullo sciopero, ma per fortuna ormai i social network svolgono un compito migliore e più esteso dei mezzi di informazione tradizionali… E così tutti ne hanno parlato, senza aspettare la RAI o Mediaset.

Ma ciò che ha avuto un grande ruolo è stata la pazienza e determinazione dei prigionieri nel portare avanti lo sciopero, nonostante le decine di loro ricoverati in gravi condizioni negli ospedali. Sono stati forti, coraggiosi e sostenuti dall’affetto e dalla solidarietà popolare. E hanno vinto.

Le loro richieste erano il minimo per la sopravvivenza nelle carceri israeliane. I diritti umani basilari: accesso a cure mediche (e a non essere usati come cavie per le sperimentazioni mediche israeliane, o per l’espianto di organi, violazioni più volte documentate da denunce internazionali), visite dei familiari e degli avvocati, fine del confinamento solitario e della pratica arbitraria della detenzione amministrativa, senza accuse né processi.

Israele non poteva non accogliere tali richieste, in quanto sa che viola tutte le convenzioni internazionali”.

Quali fazioni erano rappresentate nello sciopero dei prigionieri?

“Lo sciopero era di tutti i palestinesi. E’ stato promosso da Marwan Barghouthi, valorizzato come simbolo politico, in quanto escluso dai giochi della leadership di Fatah e dell’ANP. Ma non c’era solo lui. Come in tutti gli altri scioperi, a mano a mano si sono aggiunte altre fazioni: FPLP, Hamas, Jihad islamico, ecc. Anche Hamas ha appoggiato”.

Il presidente USA Donald Trump, nella sua recente visita in Arabia Saudita, ha paragonato Hamas all’ISIS e a al-Qaida. Cosa ne pensa?

“Lui è lo sponsor del movimento sionista. Ha un compito preciso: garantire la presenza di un Israele forte e rispettato. La presenza di ben 50 capi di stato di Paesi arabi e musulmani va nel senso della normalizzazione con Israele. Trump avrebbe dovuto piuttosto paragonare Israele all’ISIS e non Hamas, che si occupa di resistenza dentro i Territori palestinesi occupati e non esporta violenza. Ormai sappiamo che l’ISIS e Israele hanno la stessa matrice.

I Paesi arabi dovrebbero sostenere la lotta dei palestinesi, lottare a fianco della Resistenza e non contro, per liberare la Palestina e il Medio Oriente dal cancro coloniale sionista. Invece sono stati tutti dietro a Trump. Che non abbiano capito ciò di cui stava parlando?”

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