Il “Bosta”, un doloroso viaggio senza fine

430042192Ramallah-PIC. Le torture e le percosse subite dai prigionieri palestinesi non finiscono dopo la parte investigativa, soprattutto per coloro che sono feriti. Questi soffrono maggiormente quando devono essere trasferiti dal tribunale verso qualsiasi altra prigione, o anche presso la clinica carceraria, dal tristemente famoso “Bosta”. Questi detenuti provano sofferenze atroci che durano giorni, soprattutto bambini e donne.

Il “Bosta” è il veicolo carcerario israeliano nel quale i detenuti palestinesi vengono ammanettati lungo tutto il tragitto, sia all’andata che al ritorno dal tribunale, appoggiati su sedie di metallo. Alcuni dei prigionieri hanno descritto il veicolo con le finestre oscurate come una “tomba”. Altri hanno detto che si tratta in effetti di “una cella mobile con una sedia di metallo che riesce a malapena a far stare una persona nella posizione da seduto”.

La storia di un giovane carcerato

Omar Reemawi, 15 anni, di Ramallah, ha riferito all’avvocato della commissione per i detenuti ed ex-detenuti a proposito delle difficoltà che ha incontrato mentre veniva trasferito sul Bosta. “Ho assistito a tanta sofferenza mentre venivo trasferito dal carcere al tribunale di Ofer col Bosta”, ha detto.

“Sono uscito dal carcere di Megiddo alle 6 di mattina e sono stato nel Bosta, ammanettato mani e piedi, per 12 ore. A causa delle mie condizioni di salute, stare nel Bosta per così tanto tempo mi ha provocato dolori strazianti. Mi hanno dato una sola pausa per il bagno in tutte le 12 ore”, ha continuato.

“Alle 8 di sera siamo arrivati al carcere di Ramla; ho passato lì la notte e al mattino ci siamo diretti verso Ofer, col Bosta. Nel viaggio di ritorno ho incontrato le stesse difficili condizioni”, ha aggiunto.

Detenute ferite

La ex-carcerata Sabreen Abu Sharar ha detto che le detenute vengono trasportate nel Bosta, considerato come una fonte di enorme dolore per i prigionieri feriti, senza rispetto per le loro età o ferite.

Abu Sharar ha dichiarato che le detenute soffrono maggiormente per i trasferimenti a causa delle loro ferite, e che non riescono a sopportare il movimento del Bosta e i sobbalzi lungo la strada, sottolineando che si tratta di un doloroso viaggio senza fine.

Le forze di occupazione israeliana hanno rilasciato Sabreen Abu Sharar dopo che ha passato 18 mesi nelle carceri israeliane.

Traduzione di Aisha Tiziana Bravi