Brasilia, i rifugiati palestinesi accusano l’Acnur di averli abbandonati.

 

Fernanda Lattarulo Campos,

collaboratrice Infopal da Brasilia

Triste come era prima, quando vivevano in Iraq. Questo è il modo migliore per descrivere la situazione di un gruppo di rifugiati palestinesi che vivono a Brasilia, capitale del Brasile.

Nel 2007, l’ACNUR, agenzia ONU per i Rifugiati, ha organizzato e trasferito un gruppo di circa 30 rifugiati  a Brasilia. La situazione delle loro vite dovrebbe essere lettta come una questione politica e non più umanitaria.
I palestinesi sparsi nel mondo oggi sono quasi 5 milioni e la maggioranza vive in pessime condizioni. 

La loro presenza in Brasile è temporanea e, pertanto, essi non possono essere considerati immigrati. A causa della sua storia passata, questo gente ha bisogno di sostegno e di cure speciali.
Il governo dovrebbe preoccuparsi dei loro diritti nazionali e affrontare la questione perché il loro futuro non garantisce un’esistenza degna. 

Questi rifugiati sono in maggioranza padri con mogli, figli, parenti e senza alcuna speranza, nessun lavoro o servizio medico a disposizione.
Di recente un giornale locale si è recato alla base ACNUR a Brasilia e ha fotografato la situazione di abbandono in cui queste famiglie vivono.

Dal maggio 2008, un piccolo gruppo che vive in condizioni assurde, è accampato di fronte la base dell’ACNUR. Poiché l’Alto Commissariato dell’ONU nega la situzione, alla stampa locale è impedito di fotografare e parlare con i rifugiati.
Per poter vivere, il piccolo gruppo rivendica rispetto e i servizi medici a carico dell’ONU.
“Siamo stati derubati e ci hanno mancato di rispetto. Il governo brasiliano deve riconoscere il nostro problema e lo deve risolvere”, sostiene Farouk, un uomo di 60 anni, che ha vissuto nei campi profughi in Giordania dove è stato investito da un’auto dell’ONU. Nell’incidente, il signor Farouk riportò la fratture di più ossa, compresa la colona vertebrale, e perse quasi tutti i denti. 

Il rappresentante in Brasile dell’ACNUR, Javier Lopez-Cifuentes, ha affermato che il governo provvederebbe alle cure mediche qualora questi soggetti lasciassero la strada.
Ironicamente allora, il palestinese chiede: “dove dovremmo andare allora?”.
La loro battaglia contro la base ACNUR di Brasilia dura da quasi 5 mesi.
Il gruppo proviene da Mogi das Cruzes, un piccolo sobborgo di San Paolo, dove vive un consistente  numero di rifugiati.  

Uno dei palestinesi (foto) ha riferito alla stampa locale che le loro difficoltà vanno al di là della lingua.
Secondo Kamal, gli operatori di ACNUR negano loro anche il saluto.
“Non ci danno neanche un bicchiere d’acqua”, si lamento. “Non mi piace vivere per strada, ma l’ACNUR ci sta trattando come animali” conclude.

Il più anziano del gruppo, un anziano chiamato Hamdan, è malato cronico e da maggio non riceve medicinali o visite mediche.
Gli operatori di ACNUR sono accusati di atti intimidatori contro i rifugiati e di sospendere loro cibo e servizi medici. 

Il 18 agosto, il signor Farouk è stato investito da un’impiegata ONU.
Secondo le sue dichiarazioni, la signora avrebbe tentato di investirlo con la sua auto, e puntualmente viene chiamata la polizia affinché li faccia sgomberare.
Il gruppo ricorda che è una protesta pacifica e che nessuno ha mai usato alcun tipo di violenza verso l’ufficio ONU. 

La base ACNUR si trova nel quartiere più ricco di Brasilia. Il livello di sviluppo dei suoi residenti è simile a quello di Svezia o Norvegia. Il presidio si trova in un ampio prato di fronte la base. 

Un’altra lamentela è che il denaro destinato ai rifugiati è stato decurtato per fare desistere i manifestanti.
Il pagamento  sarà ripristinato una volta che questi rientreranno nelle loro abitazioni. 

Secondo i rifugiati, parte di questo denaro sarebbe stato consegnato a organizzazioni caritatevoli perché si prendano cura di loro. Ma questo, ovviamente, non è mai accaduto. 

Quando questi palestinesi completeranno due anni di permanenza in Brasile, la loro situazione potrebbe anche peggiorare.
Secondo la legge locale infatti, essi diventeranno cittadini brasiliani, pur non conoscendone la lingua, la cultura, la moneta, l’economia e diventeranno così ostaggio della povertà.

Solo nel 2007, il Brasile ha accolto 117 rifugiati palestinesi.
Questi vivevano nel campo di Ruieshed, alla frontiera giordano-irachena, dove cercarono rifugio dopo che gli le truppe americane e gli squadroni della morte connessi alle forze d’occupazione statunitensi diedero loro la caccia. A causa di questa caccia, decine di palestinesi furono uiccisi, centinaia torturati e arrestati.

Per una questione umanitaria, il governo brasiliano accettò di accogliere nel suo paese un gruppo di famiglie. Tra questi: anziani, donne, adolescenti e bambini.
Il governo ha offerto loro una casa, aiuto finanziario per due anni finché non avessero trovato un lavoro e non si fossero stabilizzati. Avrebbero anche usufruito della previdenza medica e scuole pubbliche che, tuttavia, sono impreparate a ricevere stranieri. 

Nonostante questo, il governo prosegue nelle sue campagne di appello e solidarietà con i rifugiati, principalmente chiedendo aiuto ai governi internazionali affinché il diritto al ritorno dei palestinesi verso la loro terra sia rispettato il prima possibile. 

Per tutti questi anni, il popolo palestinese ha dato la responsabilità alle Nazioni Unite per la continuazione della loro tragedia. 
Secondo l’opinione dei palesrinesi che vivono in Brasile, l’ONU è responsabile per non aver intrapreso alcuna attività diretta a risolvere i loro problemi, specialmente per ciò che riguarda il loro diritto al ritorno in patria. 

Il non rispetto da parte dei governi internazionali riguarda sempre i conflitti eterni.
Perché questi rifugiati palestinesi possano condurre una vita dignitosa, è necessaria la pressione mondiale e l’azione dei movimenti di assistenza che devono manifestare e premere sulle autorità.

L’esperienza brasiliana per la Palestina

Da parte sua, il neo-ambasciatore palestinese a Brasilia, il signor Ibrahim Alzeben, cita alcune esperienze positive per i paesi arabi: progetti sportivi, amministrativi e, soprattutto, sistemi di produzione energetica.
La sua idea è promuovere la Palestina in Brasile e viceversa.

Secondo la sua opinione, entro l’inizio del 2009, inviterà alcuni Ministri palestinesi a studiare la proposta.
Ha affermato che un allenatore brasiliano sta studiando la possibilità di viaggiare per i paesi arabi per promuovere partite di calcio per adolescenti. Questo, grazie alla fama dei calciatori brasiliani. “Molti sarebbero i talenti da scoprire laggiù”.

Anche turismo e politica internazionale fanno parte del suo programma.

Di recente l’ambasciatore ha visitato la Camera di Commercio dove è stato ricevuto dal presidente, il signor Antonio Sarkis Jr.
Ibrahim ha chiesto ai dirigenti di promuovere la Palestina in Brasile. “La camera ci dà una mano per migliorare le relazioni e per informare la popolazione sulla situazione dei rifugiati”, ha dichiarato  Alzeben.

L’ambasciatore ha aggiunto che la Camera di Commercio è la porta della Palestina in Brasile. “E’ grazie al nostro e al loro sforzo che possiamo aiutare queste persone. Speriamo che i nostri prodotti possano essere introdotti esentasse e più facilmente”.

Alzeben, che parla portoghese, ha già lavorato per il governo di Cuba, Perù, Bolivia, Colombia e Venezuela.
“Il Brasile è una paese amico, non possiamo negarlo.  Abbiamo amici ovunque nel Paese, e possiamo avere anche il sostegno, fondamentale, della comunità”, conclude.

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