'Brutti ricordi. Il dibattito in Israele sulle espulsioni palestinesi nel '48-'49'.

Martedì 15 aprile,

h. 20.45

Centro Studi Sereno Regis,

Via Garibaldi 13

 

 

 

Ephraim Kleiman, Anita Shapira BRUTTI RICORDI. IL DIBATTITO IN ISRAELE SULLE ESPULSIONI DI PALESTINESI NEL 1948-1949, a cura di Barbara Bertoncin, prefazione di Pierre Vidal-Naquet, postfazione di Francesco Papafava, pp. 136, Euro 12, Una Città, Forlì 2007.

 

Il dibattito in Israele sulle espulsioni dei palestinesi nel 1948-49 con saggi di Anita Shapira, storica israeliana, Ephraim Kleiman, intellettuale israeliano, che nel ‘48 era un giovane soldato, e la prefazione di Pierre Vidal-Naquet 

 

Dal racconto di Ephraim Kleiman: “Khirbet Khiza (Le rovine di Khiza) è il nome inventato di un villaggio arabo descritto nel romanzo breve dello scrittore ebreo S. Yizhar. La storia, ambientata nel periodo della Guerra di Indipendenza del 1948 o in un momento di poco successivo ad essa, descrive il comportamento e lo stato d’animo di un gruppo di soldati impegnati a espellere gli abitanti del villaggio dalle proprie case. (…) Probabilmente la mia storia non è poi così diversa da quella che avrebbero potuto raccontare altri. Tanti fra noi, in questo Paese, hanno infatti confinato in qualche luogo recondito della propria memoria la storia del loro privato Khirbet Khiza e dubito che i loro ricordi siano molto diversi dai miei…”.
 
Dal saggio di Anita Shapira: “L’espulsione non è mai stata un segreto. Ci sono stati momenti in cui se ne dibatteva più apertamente, ed altri in cui emergeva una posizione più compiacente e farisaica. Ma una società come quella israeliana, che per decenni mantenne La storia di Khirbet Khiza nei programmi delle scuole superiori, non può essere accusata di volersi disfare e di coprire i traumi del 1948 – per lo meno non a livello consapevole. A livello più subliminale, tuttavia, la memoria collettiva non “assimilò” i messaggi contenuti in Khirbet Khiza. Il ricordo dell’espulsione continua ad aleggiare in quella zona incerta di confine fra il conscio e l’inconscio, tra repressione e riconoscimento. Preferiamo non ricordare …”.

 

Recensioni:

 

Da "L’Osservatore Romano" di domenica 11 novembre 2007

Un saggio di Anita Shapira. I tortuosi percorsi della memoria, di Anna Foa

Quando nel 1988 Benny Morris, il capofila della nuova storiografia israeliana, pubblicò in inglese il suo libro sul problema dei profughi palestinesi – apparso in ebraico solo nel 1991 e in italiano, sia pur in una nuova edizione completamente rivista, con il titolo di Esilio, solo nel 1995 da Rizzoli – il dibattito sulle sue tesi fu subito accesissimo. Morris sosteneva infatti, sulla base di approfondite ricerche negli archivi israeliani da poco resi accessibili – non altrettanto poteva dirsi di quelli palestinesi, per quell’epoca inesistenti, o di quelli degli Stati arabi, chiusi agli studiosi israeliani ? che una grossa parte dei profughi palestinesi che lasciarono Israele durante la guerra del 1948 lo fecero perché espulsi con la forza dall’esercito di Israele. La sua versione, che non coincideva con la vulgata palestinese secondo cui questa espulsione sarebbe stata il risultato di una volontà prederminata del governo di Israele, smontava però anche radicalmente la versione israeliana, secondo cui i palestinesi se ne erano andati spontaneamente o spinti dai loro stessi dirigenti.
Lo stupore con cui le tesi di Morris furono accolte in Israele, la durezza delle polemiche suscitate dal suo libro, ci fanno pensare che si trattasse di una conoscenza storica nuova, che si affacciava per la prima volta. Eppure, non era così. Che l’esilio dei palestinesi fosse stato in molta parte tutt’altro che spontaneo era cosa di cui la generazione del 1948, che di quei fatti era stata protagonista, era stata ben consapevole. E anche più tardi, quando la memoria si era offuscata e la consapevolezza diluita, la rimozione era stata solo parziale.
Il dibattito sul 1948
A ricordarcelo viene ora un libricino di grande interesse, "Brutti ricordi. Il dibattito in Israele sulle espulsioni di palestinesi nel 1948-1949" con saggi di Ephraim Kleiman e Anita Shapira, appena pubblicato dalle edizioni Una città, con una prefazione di Pierre Vidal-Naquet, ultimo scritto del grande studioso, datato due settimane prima della sua morte, nel 2006, e scritto con una viva partecipazione alla questione palestinese e ai percorsi della società israeliana.
Storico da sempre affascinato dalla storia della memoria, Vidal-Naquet ha ritrovato in questo libro un discorso che non tocca tanto i fatti quanto il loro immaginario. Ed effettivamente di questo si tratta: del come, del quanto e del perché Israele ha ricordato.
È un volumetto composito, che parte da un testo – e che dobbiamo, se vogliamo leggerlo, cercare nelle edizioni Einaudi – che non è presente nel libro: un lungo racconto pubblicato nel 1949 da un importante narratore israeliano, Samekh Yizhar, "La storia di Khirbet Khiza" – ma il titolo italiano, del 2005, è "La rabbia del vento" – considerato un classico della letteratura, entrato dal 1964 a far parte dei programmi scolastici di letteratura ebraica nelle scuole.
In "Brutti ricordi", lungo saggio di una dei maggiori studiosi israeliani del sionismo, Anita Shapira analizza nel tempo, attraverso la fortuna di questo testo, le vicissitudini della memoria del 1948 in Israele. Al suo saggio è accostata una riflessione-testimonianza, scritta nel 1980 da Ephraim Kleinman, un importante economista che da giovane partecipò ad operazioni analoghe a quella descritta da Yizhar in maniera romanzata (Khirbet Khiza, infatti, non esiste, e lo stesso autore è incerto se presentarlo come un caso isolato oppure un simbolo): l’espulsione degli abitanti di un villaggio palestinese e la distruzione delle loro case, e al tempo stesso le diverse reazioni dei soldati, che vanno dall’indifferenza, se non dal sadismo, al dubbio e alla rivolta interiore.
Ma come mai, se un testo forte e duro come quello di Yizhar non solo aveva suscitato polemiche e dibattiti, ma era addirittura entrato fra i testi scolastici, gli israeliani possono essersi stupiti delle conclusioni, basate su fonti documentarie e non su un racconto, ma sostanzialmente concordanti, di Morris e della storiografia cosiddetta post-sionista? Come mai, pur avendo letto il libro a scuola, gli studenti di Anita Shapira restano attoniti rileggendolo nelle aule universitarie? Che percorso ha avuto questa memoria?
Il saggio di Shapira ci conduce per mano, attraverso le varie fasi della ricezione di qu
esto piccolo testo, nel fondamentale percorso lungo il quale la società israeliana ha dimenticato il suo peccato d’origine, ha rimosso l’espulsione di centinaia di migliaia di palestinesi. Non di tutti quelli che se ne sono andati, certo, ma di molti di essi. Molti fuggirono per la paura della guerra, una guerra scatenata e voluta dai paesi arabi, ricordiamolo. Altri, come ad Haifa, lasciarono le loro case perché lo vollero i loro capi. Ma altri ancora andarono in esilio perché furono espulsi dall’esercito di Israele, sia nel corso delle operazioni militari che successivamente. Le loro terre e le loro case furono occupate dai nuovi immigranti, dai profughi ebrei della Shoah, da quelli dei paesi arabi.
La memoria di questi fatti fu ondivaga. In una prima fase, quando la conoscenza di quello che era successo era ancora viva nella generazione della guerra del 1948, il dibattito si riferì non ai fatti, ma alla loro necessità storica. Era il discorso del "noi o loro", accompagnato però da intense riflessioni sul cinismo delle giovani generazioni, sulla perdita dei valori dei soldati nel corso della guerra.
Più tardi, nel 1978, in una seconda fase del dibattito, che accompagnò l’uscita televisiva di un film tratto dal libro di Yizhar, il dibattito si spostò sull’opportunità politica di raccontare questa storia. Nel frattempo, anche la memoria dei fatti era svanita, o perlomeno si era diluita, nelle nuove generazioni che crescevano, che non avevano partecipato a quegli eventi, con gli ebrei dei paesi arabi che avevano a loro volta conosciuto un’analoga espulsione, con il problema dei territori occupati nel 1967.
Reimparare a ricordare
Fu così che la società israeliana, ci racconta Shapira, ha potuto ricordare e dimenticare, ricordare e dimenticare di nuovo, e ancora di seguito: "L’espulsione non è mai stata un segreto. Ci sono stati momenti in cui se ne dibatteva più apertamente, ed altri in cui emergeva una posizione più compiacente e farisaica. Preferiamo non ricordare, così come scartiamo quei controversi frammenti di realtà che ci opprimono o scuotono la nostra auto-immagine. Khirbet Khiza è rimasto come ‘un ricordo sgradevole’ persistente".
Per questo, anche se generazioni di studenti hanno letto in classe le parole con cui Yizhar racconta l’espulsione del 1948, ci si può ancora stupire leggendone in un libro di storia. Che Khirbet Khiza sia stato adottato nelle scuole è certamente un grande esempio di apertura. Ma i tortuosi percorsi della memoria offuscano con i veli della rimozione e dell’oblio anche i momenti di coraggio e di sincerità. Ed ogni volta, sembra dirci questo libro, bisogna reimparare a ricordare.

 

________________________________________________________________________

 

Da “L’indice dei libri del mese”, gennaio 2008

 

"Passato non spendibile" di Giuseppe Sergi

Nel 2005, cinquantasei anni dopo la pubblicazione nel 1949, con il titolo La rabbia del vento, è stato tradotto in Italia il libro, firmato S. Yizhar (pseudonimo di Yizhar Smilansky), Khirbet Khiza (le rovine di Khiza, nome di fantasia di un villaggio realmente esistito). Vi si raccontano la distruzione di un insediamento palestinese e l’espulsione degli abitanti da parte di truppe israeliane: chi narra è un protagonista che, fra rimorso e sforzo di spiegazione, si interroga sulle efferatezze della guerra. Ebbene, Papafava, il postfatore di questi Ricordi di guerra, informa che i diritti per l’Italia sono stati concessi a patto che l’editore Einaudi si impegnasse a non farne alcuna pubblicità. Evidentemente l’autocoscienza israeliana sul tema dell’espulsione è ancora travagliata, non priva di atteggiamenti censori. In questo libro lodevolmente ‘montato’ da "Una Città" uno dei due saggi, di Anita Shapira, ricostruisce storicamente il dibattito su Khirbet Khiza dalla sua pubblicazione al 1978; l’altro, di Ephraim Kleiman, dello stesso 1978, racconta l’esperienza personale di un soldato israeliano che in un "luogo recondito della propria memoria" ha "ricordi sgradevoli" paragonabili a quelli di chi aveva compiuto l’espulsione da Khiza.
La prefazione di Vidal-Naquet (forse l’ultimo suo scritto prima della morte nel luglio 2006), non è casuale né dovuta soltanto ad amicizia: perché queste pagine costituiscono un’eccellente radiografia dei rapporti fra storia e memoria, e fra memoria e uso politico del passato. Al grande antichista è piaciuto di più il saggio di Shapira che è storiograficamente rigoroso e si muove nella prospettiva (auspicata da Vidal-Naquet) di "inserire la dimensione del tempo proustiana nel lavoro di ricerca"; ma impegno metodologico troviamo anche in Kleiman (economista dell’Università di Gerusalemme), ad esempio là dove sviluppa il parallelo fra Emile Zola nell’affare Dreyfus e Yizhar a proposito delle espulsioni dei Palestinesi: entrambe prese di posizione pubbliche dall’effetto dirompente proprio perché espresse da personalità lontane, per appartenenza, da quelle dei perseguitati.
Anita Shapira compie un percorso, meticoloso e con andamento spesso cronachistico, nelle sorti del libro su Khiza e nei vari atteggiamenti di intellettuali e politici d?Israele. In questo tessuto espositivo, talora particolarmente affollato, l’autrice fa spazio a considerazioni incisive sui rapporti "tra ricordo e rimozione" e agli andamenti emblematici della politica identitaria che si richiama al passato o, al contrario, si sforza di rimuoverlo: insomma, illumina il tema delicato di quello che definisce "passato spendibile". Due tappe fondamentali della storia del libro (e della sua efficacia come spiraglio di intellegibilità di una società e della cultura) sono il suo inserimento come libro facoltativo nei programmi delle scuole, nel 1964, e la sua riduzione cinematografica nel 1977. L’apertura governativa manifestata nella prima scelta e, invece, l’opposizione della destra e di parti della sinistra alla diffusione del film sono un’eccellente prova di come un dibattito su un’opera (certo, tutt’altro che neutra) debba essere inserito in un contesto e, al tempo stesso, su quel contesto ci fornisca informazioni preziose. Perché la cronologia del conflitto arabo-israeliano, insieme con le diverse successive maggioranze della Knesset, spiega sia orientamenti politici ben meditati sia fasi diverse di una psiche collettiva che risulta in Israele socialmente poco stratificabile.
La biografia dell’autore è segnata dalla contraddittorietà degli ambienti democratici e pacifisti: "Yizhar era combattuto tra la giustificazione del sionismo e l’amore per i giovani soldati da un lato, e il risentimento nei confronti dello Stato e l’odio della guerra dall’altro". Con qualche forzatura l’opera può essere interpretata come denuncia del tradimento, da parte di chi combatte e si fa trascinare dalla violenza nei confronti di famiglie inermi, degli ideali di chi ne aveva armato le mani. La tolleranza che conduce all’adozione scolastica è esito infatti di un primo lungo dibattito che "ha permesso ai critici di confrontarsi più con il sintomo (il comportamento dei soldati) che con l’evento principale (l’espulsione)".
La durezza della controversia successiva (1978: sul film del regista Ram Levi), è tutta condizionata dal possibile "danno arrecato all’ ‘immagine di Israele’ ", e pone il problema del disvelamento della verità: una verità che, si dice spesso, diventa più comunicabile se non è presente ma è storia. Ma quando presente e passato sono ancora intrecciati, quando la storia può essere strumento di propaganda, la manipolazione è sempre in agguato, ad esempio con l’uso della parola "trasferimenti" anziché "espulsioni". La manipolazione stessa deve essere oggett
o della ricerca storica, è da studiare senza pregiudizi: l’indignazione può poi svilupparsi sui risultati della ricerca.

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.