MEMO. Di Amelia Smith. Giovedì 18 maggio, il militare egiziano, il grande uomo Abdel Fattah Al-Sisi, ha annunciato su Twitter che il passaggio del confine di Rafah verso Gaza rimarrebbe aperto per tutto il mese del Ramadan.
Il tweet di Al-Sisi è arrivato alla fine di una lunga e sanguinosa settimana per i palestinesi.
Lunedì 14 maggio, mentre Ivanka Trump e Jared Kushner inauguravano l’ambasciata americana a Gerusalemme, le forze israeliane massacravano 62 palestinesi e ne ferivano oltre 3.000. La vittima più giovane è stata una bambina di otto mesi, Layla Al-Ghandur.
La promessa di benevolenza di Al-Sisi di “alleviare i fardelli dei nostri fratelli a Gaza” durante il mese sacro dell’Islam sarà creduta da pochi che vedono le sue azioni contro i palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza ben lontano dall’essere “fraterne”.
Da quando Israele ha imposto l’assedio a Gaza, nel 2007, l’Egitto ha collaborato con Tel Aviv per mantenere i punti di entrata e di uscita sotto chiave. Nonostante il cauto ottimismo ispirato alla Primavera araba, quando i palestinesi speravano che con il collasso di Mubarak le restrizioni su Gaza si sarebbero sgretolate, sotto Al-Sisi le relazioni con la Striscia si sono progressivamente aggravate.
Ciò è stato fatto con la piena consapevolezza che il valico di Rafah è un’ancora di salvezza vitale per i palestinesi di Gaza – l’unica altra traversata, Erez, è presidiata dall’esercito israeliano e solo i palestinesi con permessi speciali e internazionali sono autorizzati a passare.
Nell’ottobre 2014 l’Egitto ha accusato Hamas di una serie di micidiali attacchi terroristici rivolti alle forze di sicurezza egiziane nella penisola del Sinai e ha usato questo come pretesto per stringere il cappio. Ciò è stato sigillato con la designazione di Hamas come organizzazione terroristica, regolari accuse che stanno portando avanti attacchi attraverso i tunnel e l’impegno nell’arresto di qualsiasi membro trovato nel paese.
Al-Sisi ha inquadrato ciò nel contesto della sua “guerra al terrore”. Dalla sua ascesa al potere è stato in missione per eliminare il terrorismo nella impoverita regione del Sinai che confina con Gaza: le forze armate hanno ucciso centinaia di civili, raso al suolo le loro case e fattorie e bambini giustiziati extragiudi zialmente e poi incorniciati come terroristi.
I palestinesi a Gaza ne hanno risentito fortemente di questa punizione. Nel 2015 la traversata è stata aperta per 32 giorni in totale; nel 2016 per 41 giorni e nel 2017 – l’anno peggiore per i Gazawi- per soli 29 giorni. Di conseguenza migliaia di persone che cercano assistenza medica, studenti che hanno ottenuto posti nelle università all’estero e famiglie che cercano di riunirsi, aspettano all’infinito il permesso di andarsene.
Mentre i morti e i feriti si sono riversati nell’ospedale di Shifa, lunedì, i servizi sanitari a Gaza che già soffrivano di mancanza di attrezzature e medicinali essenziali hanno faticato a far fronte alla situazione. Il ministero della Salute palestinese ha fatto appello alla “sorella Egitto” per fornire agli ospedali di Gaza medicinali e inviare chirurghi e personale medico specializzato in chirurgia vascolare e anestesia e trasferire i feriti negli ospedali in Egitto.
È stata la Turchia a rispondere a questa chiamata, ma quando l’aereo è arrivato per trasportare i feriti, le autorità egiziane hanno impedito loro di atterrare nei loro aeroporti. Questo è il loro totale disprezzo per le vite dei palestinesi.
Non è la prima volta che l’Egitto ha contratto i muscoli per fermare le cure mediche e i lavoratori che entrano nella Striscia.
Il dott. Tarek Loubani (contrassegnato chiaramente come medico), quando è stato colpito a entrambe le gambe dalle forze israeliane stava cercando di fermare le emorragie dei manifestanti feriti. Nel 2013 Loubani era in viaggio per Gaza dall’Egitto quando è stato arrestato e detenuto per 53 giorni per aver soccorso un manifestante ferito, insieme al regista John Greyson.
Mercoledì, nei suoi primi commenti pubblici sulle morti del Nakba Day, Al-Sisi ha rilasciato una blanda dichiarazione che esorta gli israeliani a “capire” le reazioni dei palestinesi e a “prendersi cura” delle vite dei palestinesi.
Ha poi aggiunto: “Durante il trasferimento dell’ambasciata americana, abbiamo dichiarato che questo problema avrà ripercussioni negative sull’opinione pubblica araba e islamica e porterà a una sorta di insoddisfazione e instabilità e avrà ripercussioni sulla causa palestinese”.
I suoi commenti sono in netto contrasto con altri leader mondiali che hanno condannato le atrocità, come il leader laburista Jeremy Corbyn che ha descritto le morti come “strage” e Desmond Tutu come un “massacro”. L’ambasciatore boliviano alle Nazioni Unite Sacha Sergio Llorenty Soliz ha chiesto perdono alla Palestina per il fallimento della comunità internazionale a porre fine al blocco disumano di 11 anni a Gaza, e il relatore Onu sulla Palestina ha definito l’uccisione di manifestanti come un “crimine di guerra”.
Mentre i palestinesi piangevano i loro morti il giorno dopo il massacro, alcuni giornali israeliani hanno dato credito all’Egitto per aver persuaso Hamas a ridurre le proteste in cambio dell’attenuazione del blocco durante una riunione, di domenica, tra una delegazione palestinese e alti funzionari di sicurezza egiziani. Il membro dell’ufficio politico di Hamas Mahmoud Al-Zahar ha negato che ci fosse un tale accordo e ha ribadito che questi rapporti sui giornali sono un tentativo di rompere la fiducia tra la leadership a Gaza e il suo popolo.
L’Egitto ha tradizionalmente svolto il ruolo di mediatore nei conflitti tra Israele e Palestina, ma la vicinanza di Al-Sisi al governo israeliano e le azioni che ha intrapreso contro i palestinesi a Gaza, significano che non è né un intermediario credibile né onesto.
Da quando sono iniziate le proteste della Grande Marcia del Ritorno, il 30 marzo, 116 palestinesi sono stati uccisi da armi da fuoco – tragica morte di un immenso numero di uomini, donne e bambini solo per ottenere una promessa dall’Egitto per allentare il blocco per un unico mese. Se Al-Sisi adempie al suo impegno, sarà il più lungo e consecutivo periodo in cui la traversata rimarrà aperta da anni a questa parte.
Ma i palestinesi a Gaza non stanno trattenendo il fiato per un uomo che non ha fatto altro che causare sofferenze e infrangere promesse.
Traduzione per InfoPal di Bushra Al Said