Coloni estremisti: “Uccidete i cristiani”

monasteryjerpnn_1Imemc. All’alba di domenica, un gruppo di coloni estremisti israeliani ha imbrattato le mura di un vecchio monastero di Gerusalemme, con slogan che incitano all’uccisione di cristiani.

Gli slogan si pensa siano stati scritti dagli estremisti del gruppo “Price Tag”, che ha ripetutamente attaccato abitazioni palestinesi, chiese e moschee di notte, compresa la Chiesa dei Pani e dei Pesci (Tabgha), a Tiberiade, e moschee a Ramallah e Nablus.

Nel maggio scorso, a seguito degli attacchi contro la chiesa, i Rabbini per i Diritti Umani hanno dichiarato che vi sono state 43 aggressioni simili contro chiese, moschee e monasteri nei territori occupati da Israele, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est fin dal 2009, come ha riportato la Reuters, secondo il PNN.

Le scritte riportano “Morte ai cristiani, i nemici di Israele” e incitano alla “Uccisione dei cristiani e di mandarli all’inferno”, oltre a termini provocatori nei confronti di Gesu’.

La polizia israeliana ha affermato di aver aperto un’inchiesta su questo caso, ma ci si attende che gli estremisti non vengano puniti dalla legge di Israele.

Secondo il gruppo israeliano per i diritti umani, Yesh Din, la polizia israeliana ha chiuso l’85,3% delle inchieste a causa della impossibilità “di individuare i sospettati o di trovare prove sufficienti per poterli incriminare”; soltanto l’1,9% delle denunce palestinesi contro aggressioni effettuate da civili o coloni israeliani ha portato ad una condanna, ed il 7,4% delle inchieste ha portato ad accuse contro qualche sospettato.

Per di più, un rapporto pubblicato dallo Yesh Din in questo mese, ha rilevato che, negli ultimi cinque anni, solo il 3% delle inchieste penali avviate dalla Divisione Investigativa della Polizia Militare Criminale per ipotesi di reato commessi contro Palestinesi da parte di militari israeliani, ha portato al rinvio a giudizio dei sospettati.

Questi gruppi sono responsabili inoltre delle aggressioni letali contro famiglie palestinesi.

In luglio, incendiarono la casa della famiglia Dawabsha durante la notte, nel villaggio di Douma, vicino a Nablus, uccidendo un bimbo di 18 mesi, Ali Dawabsha ed entrambi i suoi genitori. Solo un membro della famiglia è sopravvissuto, Ahmad Dawabsha (di 4 anni) ed è tuttora ricoverato presso l’ICU.

Sono anche sospettati dell’uccisione di Muhammad Abu Khdeir (16) dopo averlo rapito ed arso vivo, nel luglio del 2014.

Le autorità israeliane affermano spesso di aver avviato un’indagine, ma poi non riescono a dimostrare la responsabilità dei sospettati per i crimini da loro commessi, come nel caso della famiglia Dawabsha per il quale Israele ha dichiarato che la prova contro i sospettati non era “sufficiente” per poterli processare.

Traduzione di Aisha Tiziana Bravi