Colonizzazione israeliana a Gerusalemme Est

Dal 1967, anno di occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gerusalemme Est, la politica coloniale israeliana a Gerusalemme è stata rivolta verso un unico obiettivo preordinato: il consolidamento del controllo israeliano su Gerusalemme Est per impedire la futura ri-divisione della città.

In termini politici e funzionali, questo ha implicato dichiarazioni su una “Gerusalemme unita” come “capitale eterna” dello Stato israeliano, unitamente al trasferimento di uffici governativi e all’estensione delle autorità e dei servizi municipali a Gerusalemme Est.

Demograficamente, ha significato sforzi ingenti per costruire alloggi e incoraggiare l’insediamento degli israeliani a Gerusalemme Est, traducendosi con l’aumento del numero degli Israeliani e la diminuzione di quello dei Palestinesi residenti in città.

Residenti a Gerusalemme. Alla fine del 2014, vi erano 849.800 persone residenti entro il confine municipale di Gerusalemme, di cui 533.900 tra Israeliani e altri (63%) e 315.900 Palestinesi (37%).

Coloni. La popolazione dei coloni nell’Area C della Cisgiordania (divisione amministrativa stabilita nell’Accordo di Oslo II. La zona C rappresenta circa il 61% del territorio della Cisgiordania) e a Gerusalemme Est è raddoppiato a partire dagli accordi di Oslo, superando i 594.000. I coloni a Gerusalemme Est, nel 2015, erano 208.000, suddivisi in 130 tra insediamenti e avamposti coloniali [1].

Questo numero è destinato ad aumentare ulteriormente dato il progresso delle nuove costruzioni coloniali. Gli insediamenti israeliani e l’assegnazione di terreni sottratti ai Palestinesi per un uso esclusivo israeliano hanno provocato la graduale frammentazione della Cisgiordania, i cambiamenti demografici e lo sfruttamento illegale delle risorse naturali, limitando l’accesso degli autoctoni palestinesi e negando le possibilità per il loro sviluppo.

Un totale di 497.670 persone, cioè circa il 61%, vivono nella terra annessa a Israele nel 1967, il 40% dei quali sono Israeliani e il 60% Palestinesi.

Con un maggior tasso di crescita demografica palestinese (il 2,7% nel 2014) rispetto a quello israeliano (2,2% nel 2014), Israele ha messo in pratica vari metodi per raggiungere il suo obiettivo:

  • Isolare fisicamente Gerusalemme Est dal resto della Cisgiordania, in parte grazie alla costruzione del Muro dell’Apartheid;
  • Attuare una politica di discriminazione attraverso l’espropriazione delle terre e la costruzione o demolizione di case;
  • Revocare la cittadinanza e l’assistenza sociale ai Palestinesi che si trovano all’estero da almeno 7 anni o che non possono certificare che la maggior parte dei loro interessi si trova a Gerusalemme;
  • Dividere in maniera ingiusta il budget tra le due parti della città, con forti conseguenze sulle infrastrutture e sui servizi a Geruselemme Est.

La politica israeliana non soltanto viola gravemente i diritti dei residenti della Gerusalemme Est, ma soprattutto il diritto internazionale.

Gerusalemme Est è un territorio occupato, tuttavia, resta sottoposta, come il resto della Cisgiordania, al diritto internazionale umanitario nei Territori palestinesi occupati. L’annessione di  Gerusalemme Est viola il diritto internazionale, che proibisce l’annessione unilaterale.

Di conseguenza, la comunità internazionale non riconosce l’annessione di Gerusalemme Est.

Traduzione di Chiara Parisi e Angela Lano

Fonti: Palestine-studies.org, B’Tselem e i report annuali del “United Nations High Commissioner for Human Rights” e Office of the High Commissioner and the Secretary-General Human Rights Council (Thirty-fourth session,27 February-24 March 2017, 2 and 7): “Human rights situation in Palestine and other occupied Arab territories”.

[1]  Israeli Central Bureau of Statistics data, riportato nel report sulla colonizzazione israeliana pubblicato dall’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite.