Comitato di sorveglianza di Freedom Flotilla respinge l’offerta di risarcimento israeliana

Al-Quds (Gerusalemme) – InfoPal. Gli attivisti della Freedom Flotilla hanno respinto una proposta israeliana di risarcirli economicamente invece di restituire i loro oggetti, confiscati durante l’assalto alla nave Mavi Marmara, compiuto dall’esercito di occupazione nel maggio del 2010. 

Mercoledì 19 dicembre, un rapporto pubblicato dal Centro informazioni dei palestinesi del ’48 ha reso noto che l’avvocato Omar Khamaysi, dal centro Al-Mizan per i diritti umani, e a nome delle quattro persone interessate: Shaykh Ra’ed Salah, leader del Movimento islamico nei Territori Palestinesi Occupati nel ’48 (Israele, ndr), Mohammed Zidan, capo del Comitato di monitoraggio sulle società arabe, Hammad Abu Da’abas, capo del movimento islamico nella Palestina meridionale e l’attivista Lubna Masarwa aveva presentato al Procuratore generale delle autorità militari israeliane, subito dopo l’attacco alla nave Mavi Marmara, una richiesta per riavere gli oggetti dei partecipanti alla Freedom Flotilla. Il procuratore aveva replicato affermando che ciò era di competenza del ministro della sicurezza Ehud Barak. 

Omar Khamaysi ha aggiunto: “Da quel momento, le corrispondenze tra le due parti, Al-Mizan e le autorità militari israeliane sono continuate. Fin dal primo momento avevamo chiesto chiaramente la restituzione degli oggetti. Arrivati ad un certo punto, ci hanno indicato una società portuale privata alla quale rivolgerci. Dopo aver presentato una lista dettagliata di tutti gli oggetti in questione, la società portuale ci aveva comunicato che il ministero della Sicurezza non ha rispettato gli accordi, in seguito a controversie economiche sorte tra le parti, il che significa che gli oggetti non ci verranno restituiti. Ciò smentisce le affermazioni del ministero israeliano che sosteneva di essere impossibilitato a restituire gli oggetti per cause tecniche e logistiche”.

Sempre secondo il rapporto, alla fine della diatriba, gli israeliani hanno offerto 500 dollari a titolo di risarcimento a ciascuno dei quattro interessati. Khamaysi ha aggiunto: ”Abbiamo rifiutato questa proposta in linea di principio, inviando al riguardo una lettera agli israeliani, nella quale abbiamo ribadito l’importanza di riavere tutti gli oggetti in questione, del valore inestimabile per noi, che il ministero della sicurezza ritarda deliberatamente per vari motivi, tra cui quelli economici ma soprattutto perché alcuni oggetti potrebbero svelare le violazioni commesse dall’esercito durante l’assalto alla nave. Inoltre, abbiamo scoperto che i soldati israeliani hanno rubato alcuni oggetti”. 

La stessa fonte ha riportato il commento dello Shaykh Ra’ed Salah: ”Posso assicurare senza alcuna esitazione che la proposta israeliana è indecente, ed è del tutto inaccettabile. Allo stesso tempo, confermo che tutti i nostri oggetti, nonché i nostri affetti personali sono ancora in mano agli israeliani. Compresa la mia agenda nella quale avevo annotato in dettaglio, insieme ad alcune poesie, tutte le tappe del viaggio, compreso l’attacco di pirateria sanguinario, compiuto dall’esercito israeliano. Trovo assurdo il fatto che le autorità israeliane abbiano restituito la mia carta d’identità poche settimane dopo l’atroce massacro, mentre le stesse sostengono che il resto dei miei affetti personali sia perso. Ciò è incredibile, è evidente che essi trattengono deliberatamente i miei oggetti in quanto potrebbero esporre i loro crimini”.