Crimini di guerra in cambio di voti

E.I.  Di Maureen Clare Murphy. Alla vigilia delle elezioni israeliane di martedì 23 marzo, diversi candidati sono stati intervistati durante una diretta a Khan al-Ahmar, mentre erano impegnati a distruggere il villaggio palestinese. Non era certo la prima volta che un politico israeliano faceva la promessa in campagna elettorale di radere al suolo Khan al-Ahmar e di trasferire con la forza tutti i suoi residenti.

Nel 2019, Benjamin Netanyahu, primo ministro d’Israele, ha preso in considerazione l’idea di demolire il villaggio prima delle elezioni di quell’anno perché pensava che tale azione “lo avrebbe sicuramente aiutato”.

Un anno prima, il procuratore capo della Corte Penale Internazionale aveva avvertito Israele che il suo progetto di sgombero di Khan al-Ahmar avrebbe costituito un crimine di guerra.

La CPI ha formalmente aperto un’indagine su presunti crimini di guerra in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza all’inizio di marzo. L’impresa di insediamento di Israele, per cui cerca di distruggere Khan al-Ahmar, è un obiettivo primario dell’indagine.

Corteggiare il voto dei coloni.

Lo spettro di un’incriminazione all’Aia non ha dissuaso i parlamentari israeliani dall’ammettere apertamente, lunedì 22 marzo, il loro intento di perpetrare crimini di guerra. E lo spettacolo di Khan al-Ahmar è stato solo uno dei tanti esempi che ha visto i leader israeliani guadagnarsi il favore e il voto dei coloni della Cisgiordania.

(I palestinesi che vivono nello stesso territorio non possono, ovviamente, votare alle elezioni dello stato che li governa).

Lunedì 22 marzo, Netanyahu si trovava a Revava, dove ha partecipato a un evento importante che inaugurava un nuovo quartiere nell’insediamento in Cisgiordania. Il trasferimento della popolazione civile d’Israele in un territorio occupato è una chiara violazione del diritto internazionale e un crimine di guerra.

Impunità.

Israele ha scarse opportunità di chiedere il rinvio di un’indagine della CPI dimostrando che sta indagando sui presunti crimini identificati dalla corte. C’è poca o addirittura nessuna ragione per credere che Israele si impegnerà in buona fede con la CPI.

Invece, i suoi più alti membri del governo e dell’esercito stanno ostentando la loro approvazione e la paternità in merito alle politiche che saranno potenzialmente indagate. Questi leader sono apparentemente sicuri che la loro impunità rimarrà intatta.

“Sono responsabile dell’ordine di aprire il fuoco”, ha assicurato Aviv Kohavi, il capo dell’esercito d’Israele, ai soldati al suo ritorno da un tour diplomatico in Europa la settimana prima.

L’uso della forza letale contro i manifestanti disarmati durante la Grande Marcia del Ritorno di Gaza è, insieme agli insediamenti in Cisgiordania, un obiettivo primario dell’indagine della CPI.

Kohavi e il presidente israeliano Reuven Rivlin hanno visitato l’Austria, la Francia e la Germania per fare una campagna mirata a minare l’indagine della corte e i negoziati con l’Iran.

Anche Riyad al-Maliki, il ministro degli Esteri dell’Autorità Palestinese, è tornato di recente dall’Europa e ha incontrato il procuratore capo della CPI all’Aia la settimana precedente.

Quando domenica 21 marzo sono rientrati in Cisgiordania, al-Maliki e i suoi ausiliari sono stati interrogati dalle forze di occupazione israeliane.

Gli ufficiali, secondo quanto riferito dallo Shin Bet, l’agenzia di spionaggio interna di Israele, hanno confiscato i loro VIP pass che li esentano dalle severe restrizioni di movimento imposte ai palestinesi in Cisgiordania.

Sia il Lussemburgo che i Paesi Bassi hanno espresso preoccupazione per la rappresaglia contro al-Malki.

“I Paesi Bassi sono molto coinvolti nel fatto che la CPI debba essere in grado di svolgere il suo lavoro senza interferenze”, ha dichiarato un portavoce del ministero degli Esteri olandese.

Israele ha minacciato ulteriori ritorsioni contro l’Autorità palestinese per aver presentato con successo una petizione alla CPI.

“La leadership palestinese deve capire che ci sono conseguenze per le sue azioni”, hanno dichiarato lunedì 22 marzo i media israeliani citando un alto funzionario israeliano senza nome. Tra le “conseguenze” che sarebbero state prese in considerazione ci sono “le sanzioni ai funzionari palestinesi e il blocco dei progetti di ulteriore cooperazione con l’ANP”.

I gruppi palestinesi per i diritti umani che lavorano con la CPI nel frattempo “hanno regolarmente avuto a che fare con misure ostili di punizione collettiva da parte di Israele”, ha dichiarato Al-Haq, una di queste organizzazioni. Queste includono “diffamazioni e minacce di morte; tutte progettate per sventare, minare e scoraggiare l’impegno palestinese con la CPI”, ha aggiunto Al-Haq.

Un’ardua battaglia per la giustizia.

Può essere stata aperta un’indagine sulla Palestina, ma sarà ancora un’ardua battaglia per la giustizia alla CPI – “la più difficile che la corte abbia mai tentato”, secondo un corrispondente dell’Aia.

La corte è sovraccarica di lavoro e con poche risorse, con alcuni stati che limitano il budget della CPI per ridurre la portata del procuratore.

Due terzi del Congresso degli Stati Uniti hanno firmato una lettera scritta dal gruppo lobbista israeliano AIPAC che chiede al governo di “difendere Israele dalle indagini politicamente motivate” della CPI.

Il presidente Joe Biden ha mantenuto le sanzioni economiche imposte dal suo predecessore Donald Trump al procuratore della CPI e ai membri del suo staff. L’ordine esecutivo di Trump “punisce chiunque, compresi gli esperti come me, sostenga questi funzionari della CPI”, ha dichiarato Leila Sadat, consigliere del procuratore capo.

L’effetto dissuasivo colpisce anche “investigatori, avvocati, vittime, testimoni, difensori dei diritti umani” e coloro che finanziano gruppi che lavorano con la corte, secondo Susan Power, una ricercatrice legale di Al-Haq. Ha anche messo in guardia dal fatto che nonostante “l’impegno da parte dell’UE per lo stato di diritto”, alcuni stati membri europei della CPI “potrebbero rifiutarsi di adempiere ai loro obblighi dello Statuto di Roma di cooperazione con la corte”.

Con così poca volontà politica di garantire la responsabilità, non c’è da meravigliarsi che le speranze elettorali israeliane trasmettano le loro intenzioni di violare il diritto internazionale in diretta TV per tutto il mondo.

(Foto: Dimostranti bloccano un bulldozer per impedire le demolizioni di case a Khan al-Ahmar nel 2018. Di Oren Ziv ActiveStills).

Traduzione per InfoPal di Rachele Manna