Crisi elettrica a Gaza: Beisan e ‘Abdel Halim, le prime 2 vittime della catastrofe. Lo spettro della morte su centinaia di pazienti

Crisi elettrica a Gaza: Beisan e ‘Abdel Halim, le prime 2 vittime della catastrofe. Lo spettro della morte su centinaia di pazienti
Foto di Angela Lano. Delegazione internazionale 'La Primavera delle Libertà', Gaza - novembre 2011.

Gaza – Speciale InfoPal. Dal suo lettino in un ospedale di Gaza City, Beisan al-Mashrawi è spirata quando il macchinario che la teneva in vita si è arrestato insieme al generatore che ne permetteva il funzionamento.

La bimba, appena 4 anni, non ha molti più anni del blocco israeliano su Gaza. Beisan ha vissuto tutto l’assedio, in vigore da oltre 5 anni.

Beisan e ‘Abdel Halim sono le prime due vittime dirette della crisi di carburante e di elettricità di Gaza. Il settore medico-ospedaliero è il primo a pagare un alto prezzo in termini di vite umane. Beisan e ‘Abdel Halim sono le prime vittime di un crimine che si consuma tra l’impunità possibile grazie al silenzio della comunità internazionale.

Le prime vittime. Prima di Beisan era toccato a ‘Abdel Halim al-Helu, appena sette mesi, anch’egli deceduto a causa dell’interruzione del generatore che manteneva in funzione l’apparecchio per la respirazione.

La lista dei palestinesi di Gaza sui quali incombe lo spettro della morte è molto lunga.
Tra gli adulti, Maher Wishah, 42enne, soffre di insufficienza renale e deve sottoporsi a dialisi. “Succede spesso che mentre faccio dialisi, la corrente elettrica venga tagliata, una volta è accaduto anche sei volte nel corso di una seduta. Nel mio caso, le interruzioni di elettricità sono fatali anche per i macchinari di drenaggio e lavaggio”.

Mohammed Khuttab, medico responsabile del dipartimento di ingegneria all’ospedale al-Aqsa, a Deir al-Balah (Gaza centrale), dice che tutti i dispositivi per la dialisi si fermano con le interruzioni dei generatori, e che 1/4 dei pazienti ha avuto complicazioni: pressione, nausea, coaguli di sangue. “Per non parlare dei danni alle apparecchiature”.

Terapia intensiva. Ahmed Abu Jaber dirige il reparto di terapia intensiva sempre ad al-Aqsa.
“In terapia intensiva parliamo di casi estremi, di apparecchi che garantiscono l’attività di funzioni vitali dell’organismo come macchine per la respirazione artificiale, somministrazione dei medicinali, aspirazione dei liquidi. La minaccia immediata sopraggiunge anche nelle interruzioni di corrente dai 30 secondi a un minuto”.

Lo sgomento è forte. Dalla direzione dell’ospedale, Ibrahim al-Hour parla di conseguenze catastrofiche. Egli ammette che il disastro non risparmia alcun settore della vita civile, tuttavia sono gli ospedali a subire le implicazioni più gravi, proprio per la funzione da essi svolta.

“Non abbiamo alternative alla corrente elettrica, e il rischio per i pazienti di Gaza si chiama ‘morte certa’, nel breve arco di tempo”. Insieme ai dializzati e alle terapie intensive egli aggiunge il reparto di cardiologia e pediatria.

“Riceviamo una quantità di carburante al giorno insufficiente e non abbiamo riserve negli ospedali. Si è creato un ciclo di danni a strutture e macchiari quindi, altre morti. Abbiamo anche bisogno di ambulanze e di  sistemi per la sterilizzazione dell’acqua”. Ecco perché la crisi si chiama anche igienico-ospedaliera.

Foto di Angela Lano. Delegazione internazionale 'La Primavera delle Libertà', Gaza - novembre 2011.

Una crisi soffocante. Dal ministero della Salute di Gaza, il portavoce, Ashraf al-Qudrah dice: “Stiamo assistendo alle morti senza poter fare nulla. La crisi ci sta strangolando e mentre minaccia direttamente centinaia di pazienti di Gaza, non risparmia nemmeno i 700mila palestinesi di Gaza che vivono nella diapsora, all’estero, i quali seguono le vicende con estrema preoccupazione”.

Alcuni dati della catastrofe. Sono oltre 440 i pazienti affetti da insufficienza renale, tra cui 15 bambini che devono sottoporsi a trattamento dalle due alle tre volte a settimana.

Oltre 100 bambini sono in incubatrici, più di 120 in terapia intensive. 39 sale operatorie chiuderanno da un momento all’altro. Numerose donne incinte che attendono un parto cesareo sono in pericolo.

Se non si risolverà al più presto, i pazienti di Gaza rischiano di pagare un prezzo altissimo, con danni irreversibili.

Attualmente cinque bambini sono ricoverati al reparto di terapia intensiva dell’ospedale Mohammed ad-Durra. Essi sono collegati a macchinari per la respirazione: se si ferma l’elettricità, i piccoli non avranno speranza, e con loro anche il personale, per non parlare delle madri, angosciate da tale consapevolezza.

Da questa si scatena un’altra crisi, quella ambientale e sanitaria. “In più occasioni dal ministero abbiamo lanciato l’allarme per le macchine per l’ossigenazione”, riprende il portavoce del ministero.

“Anche quello ambientale, vale a dire l’incapacità di smaltire i rifiuti sanitari, è direttamente prodotto dalle interruzioni dell’elettricità. Non abbiamo acqua, né sistemi di smaltimento, di sterilizzazione o di desalinizzazione”.

La strategia. “In questi giorni, abbiamo cercato di adottare qualsiasi strategia nel mezzo della crisi. Disponiamo di appena il 18% delle riserve di energia elettrica nei generatori, suffcienti appena per due giorni.

“Se non riusciremo ad evitare, vorremmo almeno tamponare la crisi, gestendola per fare in modo che si fermi solo il 50% delle ambulanze. Cerchiamo di garantire una copertura con l’uso di piccoli generatori nei reparti ospedalieri vitali, e di stazionare un’ambulanza a nord della Striscia di Gaza e una nell’area meridionale.

“Il conto all rovescia è cominciato, ci appelliamo al mondo, per ‘difendere i diritti umanitari della popolazione palestinese di Gaza’.

“All’Egitto chiediamo di sbloccare la situazione, e di impedire a Gaza una catastrofe umanitaria, collegando la Striscia alla rete di distribuzione elettrica egiziana”.