Crisi sanitaria a Gaza: aumentano le infezioni ossee per la carenza di farmaci essenziali

Imemc. La pubblicazione di due recenti rapporti evidenziano la gravità della crisi nella Striscia di Gaza a causa delle restrizioni imposte da Israele, con migliaia di pazienti palestinesi – molti dei quali colpiti con armi da fuoco, proiettili e missili dagli stessi israeliani – impossibilitati ad accedere ai farmaci e alle cure essenziali per il costante assedio imposto da Israele.

Il primo rapporto, di Medici Senza Frontiere (Médecins Sans Frontiéres) riferisce di un rapido e grave incremento delle infezioni ossee tra i Palestinesi rimasti feriti.

L’associazione dichiara: “Médecins Sans Frontieres (MSF) sta affrontando sfide enormi nella cura di molte persone che hanno sviluppato infezioni ossee dopo essere state colpite dall’esercito israeliano durante le proteste di Gaza, Palestina, nel corso dell’ultimo anno. Le infezioni si aggiungono al già difficile percorso di recupero che le persone ferite devono affrontare. Le loro lesioni, gravi e complesse, richiedono mesi – se non anni – di medicazioni, interventi chirurgici e fisioterapia. Le infezioni impediscono il recupero e, per rendere ancora peggiore la situazione, molte di esse sono resistenti agli antibiotici”.

Le ferite da armi da fuoco sono soggette alle infezioni.

“Quando vi è una frattura aperta, si ha bisogno di molti fattori perché possa guarire: vari tipi di interventi chirurgici, fisioterapia e soprattutto evitare che le ferite si infettino, il che è un alto rischio con questo tipo di lesioni”, spiega Aulio Castillo, leader dello staff medico di MSF a Gaza. “Purtroppo, per molti dei nostri pazienti che sono stati colpiti, la gravità e la complessità delle ferite – assieme alla cronica mancanza di trattamenti a loro disposizione, a Gaza – provoca frequentemente lo sviluppo di infezioni permanenti.

“Oltre a ciò, nei test preliminari stiamo osservando che molte di queste persone vengono contaminate da infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici”, aggiunge Castillo.

Le ferite da armi da fuoco, per loro stessa natura, sono inclini a contrarre infezioni. Con un corpo estraneo, ovviamente sporco, che lacera la pelle è fondamentale disinfettare immediatamente la ferita per ridurre il rischio di infezioni. Con le brutte ed ampie ferite subite dai Palestinesi di Gaza, le ossa vengono frantumate ed il loro trattamento risulta difficoltoso; molte ferite rimangono aperte a lungo, il che significa un rischio di infezioni drasticamente più elevato.

Ferite resistenti agli antibiotici rendono il trattamento molto più difficile.

A complicare il tutto si aggiunge il fatto che sembra vi siano percentuali molto elevate di infezioni resistenti agli antibiotici. Queste infezioni hanno sviluppato la capacità di resistere ai comuni antibiotici utilizzati per poterle curare. Ciò accade perchè spesso si è fatto un uso eccessivo di questo tipo di farmaci, sia nella comunità che nell’ambiente, e questo è un problema dilagante in tutto il mondo.

La resistenza agli antibiotici rende il già difficile compito di curare le persone come Ayman, ancora più arduo. Per stare meglio necessita di antibiotici, ma il solito tipo utilizzato risulta essere inutile contro l’infezione; deve quindi assumerne un altro più forte che comporta un rischio maggiore di effetti collaterali. Questi antibiotici “pesanti”, inoltre, sono anche più costosi.

Nel secondo rapporto, incentrato sulla carenza di medicinali essenziali, Yusef al-Jamal, scrivendo per Electronic Intifada, afferma:

“L’assedio di Israele – imposto fin dal 2007 – ha colpito enormemente il sistema sanitario di Gaza. Un recente rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che nel 2018, dei 516 prodotti elencati nella lista dei medicinali essenziali di Gaza, circa la metà era rimasto meno di un mese di scorte. L’esaurimento delle scorte è peggiorato del 15% rispetto all’anno precedente, aggiunge il rapporto”.

I dati del 2019 dipingono un’immagine altrettanto inquietante. Nel mese di agosto, le riserve di 225 medicinali essenziali presenti nel magazzino centrale del ministero della Sanità di Gaza erano diminuite di almeno il 90%.

Rana Hussein, infermiera presso l’ospedale al-Shifa della città di Gaza, dice che oltre 60 farmaci antitumorali non sono disponibili a Gaza. Anche le terapie per il diabete ed alcuni disturbi renali sono difficili da reperire.

“Vi sono 250 pazienti con talassemia [malattia del sangue] che necessitano di farmaci”, ha ribadito Hussein.

Miglioramenti?

Anche le frequenti aggressioni di Israele contro i Palestinesi che partecipano alle proteste hanno gravato notevolmente sugli ospedali di Gaza.

Oltre 1000 persone rimaste ferite stanno aspettando il trattamento per la ricostruzione degli arti, come ha dichiarato il mese scorso Nickolay Mladenov, l’inviato delle Nazioni Unite in Medio Oriente. A meno che non vengano fornite tali terapie, molti arti potrebbero andare perduti a causa delle infezioni.

Mladenov ha sostenuto che “si sono avvertiti alcuni miglioramenti” nell’economia di Gaza nel corso degli ultimi mesi, aggiungendo che la disoccupazione è scesa dal 47 al 46,7%.

Tali miglioramenti , però, non sono stati avvertiti da molte persone comuni. E gli osservatori per i diritti umani hanno inoltre posto l’attenzione sul fatto che, in Palestina, è stato introdotto un nuovo metodo per il calcolo dei dati sulla disoccupazione.

Gisha, un’organizzazione che promuove campagne contro le restrizioni di movimento, ha stimato che, dall’anno scorso, il reale tasso di disoccupazione a Gaza è aumentato.

Mahmoud è un disoccupato trentenne. Due dei suoi figli – Wissam, 8, e Lina, 7 – soffrono di epilessia. Wissam a volte può avere fino a cinque convulsioni al giorno. Cadendo a terra, si è rotto i denti e si è ferito alle mani.

“Impossibile da affrontare”.

Una dose di levetiracetam – il farmaco più importante per il trattamento dell’epilessia – costa $150 per Lina e Wissam ogni mese – quando si riesce a trovare. “Questa terapia spesso non è disponibile negli ospedali e nelle farmacie di Gaza”, afferma Mahmoud, che, comunque, non ha abbastanza denaro per poter acquistare i medicinali.

Ghada, la madre dei bambini, cerca di rimanere ottimista contro tutti gli eventi. “Dopo le nuvole  di pioggia arriva il sereno”, afferma.

“Vorrei essere io ad averla [l’epilessia], non voi”, aggiunge rivolgendosi ai bambini.

A Imam Abdulrahman, che ora ha 23 anni, venne diagnosticato un disturbo cardiaco nel 2016. Da allora ha subito un’operazione di sostituzione della valvola aortica.

Per lui è di vitale importanza l’assunzione regolare di farmaci per ridurre il rischio di infarto o ictus. Come molti altri abitanti di Gaza, lui e la sua famiglia non hanno i mezzi sufficienti per pagare le spese mediche.

Mancando un’occupazione fissa, Abdulrahman fa lavori occasionali nei settori dell’edilizia o delle pulizie. Fa affidamento soprattutto sulle prestazioni sociali pagate a suo padre dall’Autorità Palestinese, con sede nella Cisgiordania occupata. I pagamenti ammontano a $400 e vengono effettuati soltanto ogni tre mesi.

“Questo denaro non è sufficiente”, dice Abdulrahman. “Non posso permettermi di comprare le medicine che mi aiutano a superare le difficoltà della malattia”.

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi