DCI: “Soldati abusano dei ragazzini palestinesi durante le invasione nelle case”

dci-1Imemc. L’ufficio palestinese della DCI (Defense for Child International) ha dichiarato che i soldati israeliani stanno commettendo atti sistematici di violenza contro i minorenni palestinesi, specialmente durante le irruzioni nelle loro case e nel sequestrarli. La DCI ha documentato molti casi di violenze ingiustificate ed eccessivo uso della forza perpetrate nei loro confronti.

Uno dei casi riguarda Ahmad Tamimi, 16 anni, di Betunia, un villaggio ad ovest di Ramallah, ripetutamente picchiato e aggredito dai soldati in seguito ad una irruzione in casa sua per rapire lo zio.
Nel corso di una deposizione rilasciata il 17 marzo, Tamimi ha dichiarato di esser stato svegliato da rumori molto forti, poco dopo la mezzanotte, e aver trovato otto soldati israeliani che circondavano il suo letto.
“All’inizio pensavo fosse un sogno, ma mi son reso conto del contrario quando un soldato, dopo avermi guardato in modo minaccioso, mi ha tirato giù dal letto e buttato a terra”, ha raccontato Tammimi, “I soldati hanno poi iniziato a prendermi a calci e picchiarmi, colpendomi con le armi mentre mi urlavano contro in ebraico. Ho iniziato a gridare e a chiamare mio padre, mentre tentavo di cavarmela usando le braccia nel tentativo di bloccare calci e pugni.

“A quel punto mi hanno legato le mani dietro la schiena con delle fascette di plastica ed ordinato di alzarmi e seguirli. Ho detto loro che non riuscivo a farlo e un soldato mi ha preso per i capelli obbligandomi ad alzarmi, poi altri due mi hanno portato fuori dalla stanza”.

Il ragazzo ha anche dichiarato che uno dei soldati lo ha colpito sulla guancia con il fucile; quando è stato trascinato fuori dalla stanza si è sentito stordito e ha accusato fortissimi dolori.

Dopo aver invaso la sua casa, i soldati hanno riunito l’intera famiglia in una stanza, nella quale poi hanno condotto anche Ahmad che era ammanettato e aveva delle catene alle gambe, quindi se ne sono andati dopo aver rapito suo zio, di 30 anni.
I familiari hanno slegato il ragazzo e lo hanno portato al centro medico di Ramallah, dove i medici hanno riscontrato vari tagli e lividi alla testa, alla fronte, alla spalla sinistra e sul braccio destro.

Da quel giorno Tamimi ha paura di dormire da solo nella sua stanza, e ha sempre la sensazione che i soldati lo possano aggredirlo di nuovo. Pensa sempre a quello che gli hanno fatto ed è terrorizzato all’idea di lasciare la casa dopo il tramonto.

Il 3 marzo, verso le 3 del mattino, 15 soldati israeliani hanno invaso una casa a Jenin, nel nord della Cisgiordania, dove hanno aggredito Ahmad Arqawi, di 17 anni, e suo fratello di 21, colpendoli ripetutamente mentre erano contro il muro.

“Un soldato mi ha chiesto come mi chiamavo, gli ho risposto ‘Ahmad’, poi mi hanno sbattuto la testa contro il muro. Avevo molto dolore e i militari hanno rinchiuso gli otto membri della mia famiglia in bagno”.
“Uno dei soldati mi ha portato fuori dalla stanza, mi ha immobilizzato le mani dietro la schiena con delle manette, mentre sentivo il rumore di mobili distrutti da altri che cercavano qualcosa a casa mia. Poi tre soldati hanno iniziato a prendermi a calci e pugni, colpendomi con i fucili alla testa, sul petto e sulla schiena. Mi sentivo stordito, ma loro continuavano a urlare e a insultarmi in ebraico”.

Uno dei soldati ha iniziato a sbattere la testa di Ahmad contro ogni specchio che trovava nella stanza, provocandogli molti tagli, specie sulla parte destra del volto.

“Mi hanno condotto fuori dalla stanza da letto e mi hanno portato in soggiorno, dove ho visto molti militari incappucciati. Uno di loro mi ha spinto contro il muro mentre tentava di soffocarmi. Un altro ha portato una tazza piena di acqua e me l’ha fatta scorrere sulle labbra mentre il primo soldato continuava a strangolarmi con una mano e con l’altra mi colpiva ripetutamente”.

I soldati poi hanno portato il ragazzo nel bagno dove tenevano rinchiusa la sua famiglia, e gli hanno detto: “Guarda come stanno urlando e piangendo i membri della tua famiglia, guarda cosa abbiamo fatto alla tua famiglia e alla tua casa – le abbiamo distrutte”.
In seguito lo hanno trascinato nel bagno, dove si trovava la sua famiglia e lo hanno rapito suo fratello, mentre lo percuotevano con calci e pugni.
Appena i militari hanno lasciato la casa, la famiglia ha chiamato un’ambulanza che ha portato Ahmad all’ospedale governativo di Jenin, dove è stato medicato per gravi tagli ed ematomi su varie parti del corpo, incluse testa, faccia, spalla e schiena.
Traduzione di Mafalda Insigne