Dopo 12 anni di separazione forzata, gli agricoltori palestinesi ritornano a coltivare i propri terreni

Gaza-InfoPal. Nonostante la sua età, il sessantenne Ibrahim al-‘Arja correva insieme ai giovani palestinesi per abbracciare la sua terra, dopo una separazione forzata durata 12 anni, a causa del divieto israeliano impostogli, come ad altri contadini, di accedere ai terreni situati sul confine orientale tra la Striscia di Gaza e Israele.

Con una voce stanca e tirando il fiato, l’anziano contadino palestinese ha dichiarato: “Non potevo nemmeno immaginare di ritornare nella mia terra, costretto ad abbandonarla 12 anni fa in seguito allo scoppio dell’intifada di al-Aqsa. Da quell’anno, in cui non potei neanche raccogliere il grano che avevo seminato, sono riuscito soltanto guardarla da centinaia di metri di distanza.

Nel 2000 le forze di occupazione israeliane avevano creato una zona militare off-limits profonda 300 metri, ricavata dai territori palestinesi della Striscia di Gaza. Chiunque tentasse l’ingresso, rischiava di morire a causa del fuoco israeliano.

Lacrime e terreno. Non appena al-‘Arja ha raggiunto la sua terra di 12 dunum, situata ad est di Deir al-Balah, nella parte centrale della Striscia di Gaza, ha iniziato a baciarla, chinandosi verso di essa, e mentre le sue lacrime si mescolavano con il terreno affermava: “Da domani inizierò a colmare le grandi buche causate dai bulldozer israeliani, e avvierò immediatamente l’aratura e la semina del mio campo”.

E ha aggiunto: “Non mi aspettavo che la resistenza palestinese potesse imporre le sue condizioni all’aggressore israeliano, costringendolo ad accettarle. Senza la resistenza palestinese non avrei mai potuto riabbracciare la mia terra e perciò, considero ogni membro della resistenza, impegnatosi nel respingere l’aggressione contro Gaza, un mio figlio”.

Nel corso dei negoziati del Cairo, tenuti recentemente per raggiungere il cessate il fuoco tra Israele e la resistenza palestinese, quest’ultima aveva chiesto di sospendere la zona di sicurezza imposta dall’occupazione israeliana lungo i confini orientale e settentrionale della Striscia di Gaza, permettendo agli agricoltori palestinesi di accedere alle loro terre senza alcun disturbo.

Spinto dalla curiosità. Il giovane Eiad Abu Mu’ammar, invece, ha dichiarato di essersi spinto fino a quel punto, nonostante i rischi tuttora presenti, per vedere da vicino i veicoli e le postazioni militari israeliane mentre si preparano ad eseguire le loro aggressioni di routine contro le aree vicine della Striscia di Gaza.

Eiad ha aggiunto: “Prima guardavamo impotenti i carri armati e i veicoli israeliani che entravano nei nostri villaggi senza trovare alcuna resistenza, ma ora, l’esercito di occupazione teme la resistenza, perciò esso non ha lanciato un’operazione via terra contro Gaza”.

Abu Mu’ammar ha anche auspicato che la popolazione di Gaza possa vivere in condizioni di calma e tranquillità, e coltivare le terre situate vicino al confine senza essere disturbata e aggredita dai soldati israeliani, che in più di un’occasione hanno sparato contro gli agricoltori e i civili palestinesi, nonostante l’entrata in vigore della tregua.

Ripetute aggressioni israeliane. Da venerdì 23 novembre, un palestinese è stato ucciso e altri venti sono rimasti feriti, quando le forze di occupazione hanno aperto il fuoco contro di loro, mentre tentavano ad accedere alle loro terre. E questo, nonostante l’annuncio della tregua che avrebbe permesso loro di accedere nei campi, fino ad allora vietati.

Dal canto suo, il governo palestinese ha sottolineato che ogni cittadino palestinese della Striscia di Gaza ha il diritto di raggiungere la propria terra, soggiornarvi e coltivarla senza alcuna restrizione da parte delle forze di occupazione, che hanno accettato le condizioni imposte dalla resistenza dopo l’ultima aggressione.

Sabato 24 novembre, il governo palestinese ha ringraziato le fazioni di resistenza per il loro impegno durante la recente aggressione israeliana sulla Striscia di Gaza. E le ha esortate a continuare a difendere il popolo palestinese, perseguitato dallo Stato di occupazione israeliano.