Dopo quattro anni, l’embargo ha privato i palestinesi anche del respiro…

Gaza – Infopal. Non esiste un solo ambito nella vita dei palestinesi della Striscia di Gaza che non sia stato devastato dall'assedio israeliano.

Le vite di 1,8 milioni di palestinesi – uomini, donne, bambini e anziani – sono distrutte all'interno della più grande prigione al mondo.

Di fronte a questo, la coscienza delle genti pare essere debole per costringere Israele a porre fine alla loro agonia.

L'assedio, illegalmente imposto su Gaza, è una punizione collettiva, e non fa distinzione tra adulti e bambini.

In breve tempo ha creato una condizione in cui non è più possibile condurre una vita ordinaria.

La disoccupazione colpisce tutti i palestinesi, pesantemente impoveriti.

Non riescono a far fronte all'aumento dei prezzi, e gli aiuti umanitari – quando arrivano – non bastano.

Il dottor Ahmed Yousef, a capo del Comitato per rompere l'assedio su Gaza, parla di “impatti devastanti, dall'ambiente allo stato psicologico dei cittadini, dall'educazione alle possibilità di uno sviluppo economico locale.

Gli effetti sono tali da ripercuotersi sulle generazioni future, essendosi insediati nel tessuto sociale”.

In una comunicazione diretta con Infopal, il dott. Yousef ha altresì ammesso che tra i palestinesi esiste ancora la volontà di resistere, poiché la loro identità palestinese è ben radicata.

Frontiere chiuse

L'embargo viene imposto nel marzo 2006, poco dopo la vittoria di Hamas alle elezioni legislative.

La decisione di isolare la Striscia di Gaza con un assedio ha subìto un inasprimento a partire dal giugno 2007, quando Hamas ha preso il pieno controllo del territorio.

Da allora è rimasta una sola frontiera tra Gaza e Israele o tra Gaza e la Cisgiordania.

Ma resta chiusa anche quella, aperta a tratti per il passaggio di pochi beni di prima necessità.

I passaggi via terra e via mare, insieme al noto valico di Rafah, sono sotto pieno controllo egiziano, ma la maggior parte del tempo restano chiusi e vietati.

Solo di rado è permesso ai “casi umanitari” di attraversarli.

Il 1 giugno scorso, il giorno dopo l'assalto della Marina israeliana contro la Gaza Freedom Flotilla, le autorità egiziane hanno deciso di lasciare aperto ad oltranza il valico di Rafah,  almeno per un certo periodo.

La Flotilla – importante missione umanitaria – portava ingenti carichi di aiuti alla popolazione di Gaza.

Il dott. Yousef ci dice che Israele permette l'introduzione a Gaza di beni primari su base quotidiana per un totale di 60 tonnellate.

Il bisogno giornaliero di Gaza di quegli stessi beni ammonta, tuttavia, a 4.000 tonnellate.

Gli aiuti provenienti dalle agenzie delle organizzazioni internazionali, come le Nazioni Unite, vengono introdotti con il contagocce e ad intermittenza, con conseguenti spese di magazzino e di trasporto.

Nel 2009 – rivela il dott. Yousef – queste spese hanno raggiunto la somma di 5 milioni di dollari.
 

L'economia è crollata

Il dott. Tayseer, capo delle relazioni pubbliche della Camera di Commercio palestinese, ci parla delle esportazioni, impedite quasi del tutto dall'embargo, e dell'incapacità di introdurre o di far uscire qualunque bene o merce.

Cibo e carburante sono i due beni che i palestinesi riescono a procurarsi per la maggior parte tramite la distribuzione delle agenzie internazionali e grazie ai tunnel con l'Egitto.

I prezzi sono esorbitanti.

La costruzione del “muro di acciaio” da parte dell'Egitto (che ha già fatto esplodere numerosi tunnel) è come un nuovo embargo nell'attuale situazione.

Il reddito pro capite è crollato del 50%, e il blocco ha direttamente creato la paralisi della produzione di Gaza (in particolare quella industriale).

A Gaza, la produzione è ferma per il 90%.

Statistiche ufficiali rilevano la seguente stima delle perdite economiche direttamente provocate dall'assedio israeliano: le perdite mensili ammontano a 48 milioni di dollari al mese.

Nello specifico, le perdite sono così ripartite:

–     Settore agricolo: 16 milioni di dollari (33%);

–     Commercio, edilizia, servizi, pesca e altri settori: 12 milioni di dollari (25%);

La media delle perdite è di 20 milioni, per un 42% circa.  

I prezzi sono lievitati; è crollata la produzione casearia per mancanza di mangime e impossibilità di allevare il bestiame.

L'accesso ai cibi freschi è quasi totalmente proibito ai palestinesi di Gaza.

Il congelamento, a più riprese, dei pagamenti degli stipendi pubblici (erogati dall'Autorità Nazionale Palestinese) ai dipendenti statali di Gaza provoca una mancanza di liquidità per 65.000 statali.

Elettricità e acqua

Nella Striscia di Gaza manca il combustibile per il funzionamento della centrale elettrica locale.

Ogni giorno la corrente elettrica viene interrotta per 8-12 ore.

L'impatto si manifesta nelle abitazioni (dove manca anche il gas da cucina), ma è l'intero funzionamento di tutte le attività della società palestinese di Gaza ad essere paralizzato.

Gli ospedali ne risentono in maniera preoccupante e pericolosa.

La questione dell'elettricità è collegata pure alla mancanza di acqua potabile e all'assenza di sistemi per la depurazione.

Secondo analisi ufficiali ed esami condotti sulle risorse idriche, il blocco è la causa diretta dell'arresto di numerosi progetti di sviluppo del sistema idrico per un migliore funzionamento ed un'erogazione efficiente ed efficace dei servizi igienico-sanitari.

Questi esami hanno rilevato che l'80% dell'acqua di Gaza non è potabile.

La mancanza di elettricità necessaria ai sistemi di trattamento va di pari passo con l'impossibilità di privarsi dell'acqua.

La gente utilizza l'acqua a disposizione mettendo seriamente a rischio la propria salute.

La carente e minacciosa situazione idrica di Gaza mette a repentaglio tutta l'area con gravi ripercussioni a livello ambientale.

Lo stesso vale per le risorse idriche utilizzate in agricoltura.

I sistemi di scarico sono obsoleti e vertono in uno stato tale da aggravare il rischio di contaminazione delle acque.
 

Salute

Si stima il decesso di oltre 500 palestinesi per mancanza di cure e medicinali e per il divieto di uscire dal territorio.

Oltre il 50% dei bambini soffre di anemia, e la percentuale rischia di comprendere pure l'infanzia condannata alla malnutrizione.

Questo dato vale in maggioranza per coloro che vivono nei campi profughi e nelle zone di confine.

L'assedio porta con sé questi drammatici dati e influisce sulle prestazioni degli ospedali di Gaza: forniture, carburante e attrezzature fondamentali per gli interventi e per il trattamento dei residui ospedalieri.

È all'ordine del giorno incontrare palestinesi di Gaza che hanno bisogno di spostarsi in Cisgiordania o all'estero per ricevere cure adeguate.

Questi permessi restano vincolati alla volontà di Israele e dell'Egitto.

In quattro anni di assedio, circa 400 palestinesi di Gaza sono deceduti mentre attendevano di ricevere un permesso di uscita per queste motivazioni.

A Gaza si ha bisogno di attrezzature e medicinali per chemioterapia, radioterapia e per chirurgia dell'infanzia.
 

L'embargo e l'istruzione

Il Comitato popolare per rompere l'assedio denuncia gli impedimenti ad una ricostruzione delle scuole distrutte.

Oltre alle stesse strutture e ai disagi derivanti dall'assenza di laboratori, manca il materiale fondamentale di base per la conduzione di esami come cancelleria, materiale di calcolo e libri di testo.

Gli studenti di Gaza hanno bisogno anche di carta, e sono centinaia i beneficiari di borse di studio all'estero che però non riescono ad uscire dalla Striscia di Gaza.

Israele ed il suo illegale embargo su Gaza priva i palestinesi del diritto allo studio.
 

La punizione collettiva

Le motivazioni addotte da Israele per giustificare il blocco sono sempre le stesse.

Il governo israeliano parla di blocco per rispondere agli “attacchi della resistenza palestinese”, al rapimento del soldato israeliano Gilad Shalit. Israele presenta al mondo l'embargo come mezzo di pressione sul governo di Hamas.

Così si è espressa Amnesty International in un nuovo rapporto, parlando di questo assedio: “Qualunque si presuma ne sia la giustificazione, il blocco è una punizione collettiva per tutti i palestinesi che risiedono e vivono nella Striscia di Gaza.

La maggioranza di questi palestinesi sono bambini. Il blocco, pertanto, non può essere motivato alla luce del conflitto con Hamas e non è rivolto all'amministrazione di governo o ad altri gruppi di combattenti palestinesi”.

Concludendo la conversazione con Infopal, il dott. Yousef, consigliere politico del premier Isma'il Haniyah, conferma che l'occupazione e l'assedio imposti a Gaza hanno l'unico obiettivo di spezzare la volontà e la resistenza dei palestinesi e di abbattere la legittimità del governo eletto, relegandolo nell'isolamento.

“Credevano (i leader israeliani) che questa situazione (il blocco) avrebbe prodotto una graduale sollevazione popolare contro il governo di Gaza. Tuttavia la realtà si è dimostrata diversa e continua mettere in luce le contraddizioni dei progetti israeliani su Gaza.                          

L'assedio imposto illegalmente da Israele può considerarsi agli sgoccioli”.

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