Droni e desensibilizzazione alla causa palestinese

MEMO. Di Ramona Wadi. Tra i media israeliani sono emerse le riprese di alcuni droni che lanciano lacrimogeni sul corteo di manifestanti palestinesi vicino al confine nel sud di Gaza, venerdì. I quotidiani The Times of Israel e Haaretz hanno riportato la protesta seguendo due diverse narrative. 

Il primo ha riferito che un portavoce dell’IDF ha negato la responsabilità di quanto commesso dal drone, affermando che la responsabile sarebbe stata la polizia di frontiera israeliana. Dall’altro lato, Haaretz ha attribuito l’utilizzo del drone all’IDF, con fonti militari che dicono che “questo metodo di controllo della folla è ancora in fase sperimentale e non è ancora stato reso operativo”. 

Due principali risultati emergono alla luce di questi reportage. Il primo, è che c’è una chiara ammissione da parte di Israele dei suoi esperimenti con nuove armi sulla popolazione palestinese a Gaza. Il secondo, è che Israele tenta costantemente di deviare la responsabilità dei suoi atti rendendo normale la violenza commessa sui civili palestinesi. L’utilizzo di droni che rilasciano lacrimogeni durante proteste legittime elimina il bisogno di una presenza militare sul posto. Inoltre, ciò permette a Israele di utilizzare la sua narrativa sulla sicurezza giustificando l’utilizzo di droni, per ora in maniera sperimentale, per evitare vittime tra le truppe del’IDF. 

Mentre una nuova forma di oppressione sta crescendo in nome della sicurezza, questo sviluppo permetterà ad Israele di aggiungere un’ulteriore forma di violenza, di fronte alla quale la comunità internazionale chiuderà gli occhi. L’assenza di un confronto aperto ha molti riverberi sui civili palestinesi. Israele non smette di prendere di mira i palestinesi ma sta cercando semplicemente di rifinire i suoi metodi, aggiungendo allo squilibrio di un’entità coloniale un potere militare superiore che viola i diritti di una popolazione colonizzata che non ha alcun modo o diritto ad auto-difendersi. 

Utilizzando i droni, Israele sta celando la sua più visibile violenza, incarnata dall’esercito, agli occhi del mondo. I mezzi d’informazione più comuni sono capaci di sfruttare la narrativa falsa ma ampiamente diffusa dei palestinesi come “terroristi”. L’ONU e altre istituzioni internazionali fanno la stessa cosa, sebbene con una strategia più segreta. Quando la potenza coloniale omette la parte violenta e visibile del colonialismo dall’equazione, la narrativa israeliana sui terroristi diventa più accettabile per la comunità internazionale. Dopotutto, non sta mettendo un presupposto all’utilizzo dei droni ma sta soltanto allargando la giustificazione per il loro utilizzo, attraverso la propria narrativa, mentre mette al riparo i militari da eventuali indagini che possono scaturire dal ferimento o dalla morte dei palestinesi. 

Israele può essere sicuro che l’utilizzo di droni che hanno come bersaglio i palestinesi non causerà alcun segnale d’allarme a livello internazionale. A ben vedere, effettivamente, Israele ha commesso atti persino peggiori contro i civili di Gaza. Mentre la guerra con i droni è l’opzione preferita, il mondo è diventato insensibile alle morti palestinesi al punto che non solo non ha alcuna compassione verso i civili, ma è anche incapace di ribellarsi contro i fautori di tali morti. 

Per i palestinesi non si tratta solo di una carneficina. L’ultimo esperimento israeliano non si limita solo a causare ferite visibili, sta anche cercando supporto internazionale alle sue tattiche. La diminuzione di attenzione sulla resistenza di Gaza è fondamentale per i piani di Israele di far cadere nell’oblio questa enclave. Aggiungere un’altra forma di violenza alla lista di misure già utilizzate non farà arrabbiare la comunità internazionale ma fornirà soltanto più materiale per statistiche e report. Intanto, Gaza sta per implodere mentre la sua voce è sopraffatta da ufficiali palestinesi e non, che diffondono la narrativa tanto cara ad Israele mentre sostengono di parlare per conto di una popolazione incarcerata all’aria aperta.

Traduzione per InfoPal di Martina Di Febo