Dubai aiuta la pulizia etnica in Palestina?

Da Palestine-Info.co.uk

Dubai aiuta la pulizia etnica in Palestina? 
 

Di Khalid Amayreh
Gerusalemme, 20 aprile 2008

Recentemente il governo di Dubai ha concesso ulteriori finanziamenti al progetto di espansione dell’insediamento israeliano nella West Bank allo scopo di aprire almeno due gioiellerie nel Golfo degli emirati arabi.

Secondo fonti sicure, negli Emirati arabi uniti, di cui Dubai è un paese chiave, il grande finanziere e miliardario israeliano Lev Leviev, si sta preparando ad aprire due grandi gioiellerie a Dubai, fulcro del commercio internazionale di gioielli.

Il primo negozio verrà aperto presto al Burj Dubai Mall (Dubai Mall Tower), mentre il secondo si prevede che sarà aperto più tardi, entro l’anno comunque, presso il nuovo Atlantis Hotel nell’isola di Jumeirah Palm. Lev Leviev aveva già aperto un negozio a Dubai nel marzo scorso, nella lobby di al-Qasr hotel sempre a Jumeirah.

Le autorità di Dubai inizialmente erano state riluttanti nel concedere la licenza commerciale a questo grande magnate israeliano nell’emirato ricco di petrolio. Tuttavia, Lev Leviev grazie anche alle pressioni che fece su molti suoi contatti americani ed europei, è riuscito a convincere le autorità di Dubai a ripensare alle loro obiezioni. 

Le compagnie di Leviev, inclusa Africa-Israel e Leader Management & Development, così come molte altre società affiliate, sono state abbastanza attive nel far traslocare gli abitanti palestinesi dalle loro case e le loro terre in numerose parti della West Bank.

Le due società avevano già costruito centinaia di unità abitative in almeno cinque insediamenti ebraici edificati sulla terra confiscata illegalmente ai suoi proprietari arabi.

In anni recenti, una compagnia chiamata Leader e appartenente a Leviev, ha costruito l’insediamento di Zufim su terra privata araba confiscata al villaggio di Jayyous. Danya Cebus, un’affiliata della società Africa-Israel di Leviev, ha edificato centinaia di abitazioni sulla terra rubata al villaggio di Bilin. Numerose altre abitazioni sono state fatte erigere in due grandi insediamenti presso Ma’ali Adomim, a pochi km ad est di Gerusalemme, e Har Homa, presso la città per la maggior parte cristiana di Beit Sahur.

Israele spera, con questi insediamenti, di riuscire ad isolare Gerusalemme est dal resto della West Bank così da vanificare e rendere praticamente impossibile da realizzare il sogno palestinese di fare della città la capitale del futuro stato palestinese.

Oltre a questo coinvolgimento nel programma di espansione degli insediamenti ebraici, incluse le colonie definite dal sistema di giustizia israeliano “palesemente illegali”, Lev Leviev ha anche elargito ingenti somme di denaro segretamente stando a quanto si riferisce, alla fondazione Land Redemption, un’organizzazione affiliata a Gush Emunim, gruppo ideologico dietro il progetto di espansione coloniale israeliano nella West Bank.

Secondo il quotidiano israeliano Yediot Ahronot, la fondazione Land Redemption utilizza armi pesanti e truffe per strappare la terra ai palestinesi.

L’anno scorso l’organizzazione israeliana di monitoraggio degli insediamenti, aveva scoperto che centinaia di abitazioni nell’insediamento di Matityahu nella regione di Salfit, centro della West Bank, erano state costruite su della terra privata palestinese espropriata sotto la minaccia delle armi ai suoi legittimi proprietari.

Tuttavia, malgrado la scoperta, il governo israeliano si rifiutò di far smantellare le abitazioni costruite abusivamente, mentre un ufficiale israeliano affermava che “la questione sarà discussa solo in seguito con l’autorità palestinese, alla fine delle loro trattative”.

Le società di Leviev stanno distruggendo le vite di centinaia di palestinesi, restringendo i loro orizzonti e spodestandoli delle loro vite.

Abdullah Abu Rahma, del villaggio di Bilin e Sharif Omar di Jayyous, hanno parlato con i rappresentanti dell’organizzazione dei diritti umani Adala-New York (www.adalahny.org), che monitora gli espropri delle terre palestinesi da parte degli israeliani, e hanno loro riferito che le società di Leviev stanno distruggendo campi di olive e altre coltivazioni che sostengono i loro villaggi da secoli.

“Ci appelliamo alla coscienza di tutti nel mondo affinché sia imposto un generale boicottaggio contro le iniziative israeliane, cos’ì come accadde contro l’apartheid in Sud Africa”.

Il sindaco di Jayyous, che ha sofferto di incalcolabili perdite dovute alla violenza distruttrice di Leviev nel nord della West Bank, ha rivelato che in Leviev sta assecondando un piano di pulizia etnica contro la nostra comunità e i nostri agricoltori.

“Sta costruendo insediamenti a nostre spese, sta distruggendo la nostra terra, le nostre coltivazioni, i nostri orti e nello stesso tempo sta aprendo un grande business a Dubai per finanziare i suoi crimini contro la nostra gente. Si vergogni Dubai e il suo governo”.

Alcune organizzazioni ebraiche si oppongono alla politica di pulizia etnica ed apartheid e fanno appello a tutte le nazioni del mondo affinché boicottino gli affaristi israeliani e le loro società coinvolte nell’esproprio della terra ai palestinesi.

“Un estremo violatore dei diritti palestinesi e del diritto internazionale non dovrebbe aprire gioiellerie a Dubai”, ha affermato Issa Ayoub, portavoce del gruppo Adala, che ha organizzato ben otto proteste di boicottaggio fuori la gioielleria di Leviev a Madison Avenue a New York negli ultimi cinque mesi.

L’autorità palestinese si è rifiutata di commentare la decisione del governo di Dubai di permettere al magnate Leviev di aprire le sue aziende e di fare i suoi affari nel ricco paese degli emirati.

Un ufficiale di Hamas ha riferito che la gente palestinese si sente amareggiata e tradita dal comportamento scandaloso del governo di Dubai.

“Speravamo che Dubai ci appoggiasse e stesse al nostro fianco contro la politica genocida di Israele e i suoi implacabili sforzi di cacciare la nostra gente dalle sue terre ancestrali. Non avremmo mai immaginato che un giorno avremmo fatto appello ad un paese arabo a non danneggiarci e indebolire la nostra causa”.

Traduzione di Silvia Marchionne

 

 

 

 

 

  

 

 
 

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