Durante la Nakba le forze sioniste seppellirono vivi palestinesi ed altri cittadini arabi

nakba-day-2013Ramallah – Quds Press. Un legale palestinese ha dichiarato che nel periodo che seguì la Nakba (“la catastrofe”) del 1948 fino alla Naksa (“la ricaduta”) del 1967 ed il completamento dell’occupazione israeliana delle terre palestinesi fino ad allora risparmiate, è considerato tra i “più difficili ed aspri” momenti vissuti dai prigionieri palestinesi ed arabi, il più brutale e criminoso di essi, in quanto fu caratterizzato da arresti casuali e da internamenti di massa in campi ove erano a stento garantiti i diritti umani fondamentali.

Il legale Abdul Nasser Farwana ha spiegato che l’eccezionalità del periodo in questione si fondava sull’uso delle torture corporali e della diretta offesa fisica dei prigionieri palestinesi. L’annientamento diretto e massivo dei prigionieri e dei sopravvissuti alle stragi, dopo l’arresto e l’internamento, diede vita ad “un fenomeno considerato l’elemento più grave che caratterizzò quel periodo”, secondo le parole del legale.

Egli ha aggiunto che nello stesso periodo le forze di occupazione seppellirono prigionieri e cittadini, feriti ed indifesi ma ancora in vita, in fosse di varie dimensioni, grandi e piccole, alcune delle quali scavate appositamente a tal uso. Commisero “crimini contro l’umanità” che rimangono in gran parte invisibili e considerati marginali da parte delle organizzazioni per i diritti umani, poiché considerati non degni di essere menzionati, se non raramente, nella documentazione e negli studi. Il far luce sulle vicende non ha ricevuto il giusto spazio nemmeno a livello mediatico, fatta eccezione per le ricorrenze e le commemorazioni annuali della Nakba, secondo quanto affermato dall’esperto.

Il direttore dell’Ufficio di Statistica del ministero degli Affari dei Prigionieri e degli ex-Prigionieri ha dichiarato che gli storiografi e gli analisti prendono alla leggera sia la prassi degli arresti sia quel che, dal 1967, le forze di occupazione israeliane commisero nei confronti dei prigionieri palestinesi ed arabi in generale, accontentandosi in riferimento a quel periodo di poche interpretazioni prive di consistenza e profondità di contenuto. Questo è “un errore fatale, che deve essere sanato e scansato”, ha considerato il legale.

Ha inoltre insistito sul fatto che la media degli arresti nel periodo tra “la catastrofe” e la “ricaduta” non era certa, tuttavia cresceva in maniera oscillante. Cambiarono le forme di arresti che furono modificate in conformità delle condizioni politiche e di sicurezza. Anche le circostanze di internamento variarono da un periodo all’altro. Furono persino modificate le forme di tortura, inventandone di nuove, sottolineando che in alcune fasi si mettevano in atto arresti e torture, mentre in altre l’epurazione e l’eccidio in maniera individuale o collettiva. Ha sottolineato anche che la percentuale di arresti e le loro medie erano legate a numerosi altri fattori e circostanze.

Farwana ha invitato le organizzazioni che si occupano delle questioni dei prigionieri e dei diritti dell’uomo, i centri di ricerca, di studio e di documentazione, a lavorare seriamente e con rapidità per la documentazione dell’esperienza di arresto ad ogni sua fase e in ogni sua forma, a documentare inoltre le violazioni e gli atroci crimini subiti dai protagonisti di tali episodi. In aggiunta, ha invitato a dare al periodo tra gli anni 1948 e 1967 la dovuta importanza per scoprire le verità che li hanno accompagnati, le atrocità ed i crimini perpetrati dalle forze di occupazione israeliane contro i cittadini palestinesi ed arabi.

Traduzione di Alessandro D’Accordi

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