Riceviamo e pubblichiamo.
Far finta di non capire (i nostri politici e i nostri intellettuali) che il boicottaggio è metodo non violento di dissenso (fu praticato da Mahatma Gandhi), contro l’invito ufficiale ad una nazione che pratica una politica criminale e l’aparthaid nei confronti dei palestinesi da quando è nata? Non è il boicottaggio alla cultura ebraica, come vogliono far credere, ma ad Israele che ha disatteso in questi anni, 73 (settantré), risoluzioni dell’ONU. Ad Israele che ha utilizzato in Libano bombe non consentite dalle Nazioni Unite, ad Israele che tiene sotto embargo gli abitanti di Gaza (senza possibilità di curarsi, senza carburante, senza il cemento per chiudere i buchi delle bombe o per sotterare i morti, senza acqua *, senza commercio, senza uscite, senza speranza). Ad Israele che continua ogni giorno a bombardare e rubare terra palestinese. Ad Israele che viola quotidianamente i diritti di un intero popolo. Non sono gli uomini e le donne che propongono il boicottaggio a questa nazione che dovrebbero riflettere, ma gli italiani che hanno intellettuali e politici da vergogna, compiacenti e sottomessi alla legge del più forte. O forse costoro sono così tanto tolleranti, come diceva Totò, a prescindere?
Ciao, Elvio
* Per esempio, è vietato importare il sapone a Gaza.
Lacqua locale non è potabile, ma Israele vieta lentrata di acqua in bottiglia e anche di pompe per acqua.
PS: In un articolo apparso nell’agosto scorso sul quotidiano israeliano Ha’aretz Dan Orian, un ex funzionario del dipartimento di letteratura presso la divisione per gli affari culturali e scientifici del ministero degli esteri israeliano, ha descritto la cooperazione tra governo e scrittori come basata su un mutuo interesse: questi ultimi «cercano la massima esposizione all’estero per il loro lavoro e il ministero vuole usarli, per mostrare la faccia attraente, sana d’Israele».
Lacqua locale non è potabile, ma Israele vieta lentrata di acqua in bottiglia e anche di pompe per acqua.
PS: In un articolo apparso nell’agosto scorso sul quotidiano israeliano Ha’aretz Dan Orian, un ex funzionario del dipartimento di letteratura presso la divisione per gli affari culturali e scientifici del ministero degli esteri israeliano, ha descritto la cooperazione tra governo e scrittori come basata su un mutuo interesse: questi ultimi «cercano la massima esposizione all’estero per il loro lavoro e il ministero vuole usarli, per mostrare la faccia attraente, sana d’Israele».
IL BOICOTTAGGIO E’ CRITICA PACIFICA, SIGNIFICA ESSERE VICINI AI DIRITTI DEI PALESTINESI E SERVE A DIRE AD ISRAELE CHE IL LITFING CULTURALE E’ UN INGANNO INACCETTABILE.