Gaza in una scatola di sardine: un artista palestinese racconta una storia straordinaria

Gaza – Palestine Chronicle. Dall’interno di uno studio molto piccolo, nell’area di Saftawi, nel nord della Città di Gaza, il rifugiato palestinese Mohammed Jahlash sta facendo grandi cose con la sua arte. Trasforma le lattine di sardine in ritratti che raccontano le storie dei rifugiati palestinesi nella Striscia di Gaza e in ogni altra parte del mondo.

I suoi strumenti sono semplici: pennelli, vernice e, naturalmente, scatolette di sardine.

Jahlash, 40 anni, discendente di rifugiati palestinesi che sono stati etnicamente ripuliti dalla cittadina di Isdud nel sud della Palestina nel 1948, è unico tra la fiorente comunità artistica di Gaza. Le scatolette di sardine, che rappresentano le tele nell’opera di Jahlash, sono esse stesse un simbolo, in quanto fanno parte delle razioni alimentari mensili ricevute dai rifugiati palestinesi dall’UNRWA.

“Ho scelto le lattine di sardine perché è il termine che usiamo per i campi profughi a Gaza, perché sono bloccati da tutte le direzioni, affollati e stretti”, ha dichiarato Jahlash al Palestine Chronicle.

“Le lattine di sardine sono anche una rappresentazione della povertà che viviamo in questi campi. È uno degli alimenti di base dei poveri”, ha aggiunto l’artista di Gaza.

Ogni scatola di sardine viene trasformata da Jahlash in una storia: una parla di malattia, l’altra d’educazione, dei disagi vissuti dai pescatori palestinesi, dell’assedio, della sofferenza dei bambini, della povertà estrema e così via.

La passione di Jahlash per l’arte è iniziata in tenera età. Fin da bambino usava l’arte come mezzo per esprimere i suoi sentimenti ed il dolore che vedeva intorno a lui. Crescendo, ha sfruttato il suo hobby, trasformando la sua passione in un lavoro quotidiano.

“I palestinesi di Gaza amano l’arte, ma non possono permettersi di comprarla a causa delle difficoltà economiche che tutti noi viviamo”, ha detto Jahlash.

“Questo rende la vita molto più difficile per noi artisti. È scoraggiante e, a volte, deprimente. Mentre da un lato insistiamo sull’uso dell’arte come forma di espressione, è finanziariamente poco gratificante. Possiamo solo sperare che la situazione migliori e che tutti possiamo vivere una vita di dignità e libertà”.