Gaza: la testimonianza degli operatori del Cric.

Riceviamo e pubblichiamo.

Mille sono i passi che separano il lato palestinese da quello israeliano al
valico di Erez, l’unico disponibile per chi voglia o possa andare da Gaza in
Israele. Contati uno ad uno come avranno fatto tante volte i palestinesi che
fino a pochi giorni fa ancora potevano passarlo. Ora il valico per loro è
chiuso. Gli stranieri possono attraversarlo tenendosi in contatto con i
soldati dall’altra parte. Prima c’erano i poliziotti palestinesi che con la
radio comunicavano i nomi e aspettavano il permesso. Ora sono stati mandati a casa da Abu Mazen, il presidente della quasi fantasma ANP, con il ricatto di sospendergli il già misero salario. Un misura contro il governo eletto di Hamas ma che si ritorce sui palestinesi di Gaza. Ma importa qualcosa ad Abu Mazen se il suo popola non può uscire da Gaza? Quei poliziotti non possono essere sostituiti. Se le milizie fedeli al governo di Hamas si avvicinassero sarebbero subito sotto il fuoco dei soldati israeliani e comunque con loro Israele non vuole parlare.
E’ un conflitto sporco quello esploso tra Fatah e Hamas. Nulla di religioso,
nulla di direttamente relativo alla situazione mondiale , "solo" potere, una
questione molto localizzata. Quel potere che Fatah ha perso con le ultime
elezioni e a cui non si e’ mai rassegnata. Anche perche’ gli USA, Israele e
l’Europa, ci hanno messo comunque il loro zampino. Come poteva un governo legittimamente eletto esercitare i suoi poteri se dall’altra parte c’erano milizie, esponenti politici, collaboratori di Israele che ogni giorno
manovravano contro. Gli stessi capi che si sono dati alla fuga abbandonando i loro uomini, molti dei quali addestrati in Egitto con lauti finanziamenti, alla mercé degli armati di Hamas, meno equipaggiati e di numero inferiore.
Questione di potere dicevo, ad esempio avete mai visto Abu Mazen incontrare i capi di stato e di governo insieme al primo ministro? Eppure si era passati ad un governo di unità nazionale dove Hamas aveva ceduto posti, anche se ne aveva diritto. Ma questo a Fatah pare non bastasse. E neanche al solito Quartetto, tranne qualche timida apertura della Europa.
Nessuno si augura che arrivino restrizioni religiose e socio culturali a
Gaza. Personalmente non ho simpatia per il fondamentalismo religioso in
genere, ma il rischio è alto; Hamas è stata messa in un angolo, la sua
religiosità se portata ai limiti estremi sarà un durissimo colpo per la
predominante cultura laica palestinese. E intanto in West bank, Fatah
arresta, sequestra chi non sta con loro, nessuno ne parla perché nessuno
può parlare, in questi giorni la dissidenza e anche solo la critica verso
Fatah viene pagata con il carcere immediato. E i massmedia non ne parlano perché ora occorre sostenere il "buono" contro il "cattivo".
Di fronte Gaza city tutte le sere al tramonto si accende una linea di luci
sul mare. Sono i pescatori che raggiungono il limite imposto da Israele per
la pesca, tutti insieme per sfruttare fino all’ultimo centimetro. Purtroppo
uno di loro, tra i tanti altri, non potrà più andarci. In un pomeriggio di
scontri, proprio sotto le mie finestre, è stato colpito da una delle
pallottole vaganti. C’erano uomini che gridavano verso la vicina caserma dei pompieri per chiedere soccorsi, ma nessuno rispondeva. Caricato in macchina con le gambe penzolanti dal finestrino e’ stato portato via. La situazione è drammatica per la vita dei palestinesi, le ultime vicende sono state terribili, ma oggi a Gaza le persone vanno in spiaggia, per le strade non si vedono uomini armati, tutti aspettano i prossimi avvenimenti, la mancanza di generi di prima necessità, nessuno cede all’ottimismo. Purtroppo il sogno nazionale palestinese non è morto l’altro ieri, come un po’ superficialmente qualcuno vorrebbe far credere, ma era moribondo gia’ da dopo Oslo, con la complicità internazionale e qualche interesse di troppo palestinese.
Quanto è successo nelle ultime settimane ha oscurato il ricordo dei 40 anni
di occupazione. Il Golan, il Sinai, Cisgiordania , Gaza e Gerusalemme Est
l’8 giugno del 1967 cadevano nelle mani dell’occupante, come conclusione,
già allora, di una guerra preventiva scatenata dall’esercito israeliano. A
Gaza c’è Kayed, ha 39 anni, una vita, lui non ha mai visto la moschea di Al-Quds , la città santa. Qualcuno sento che ironicamente parla ora di 3 stati palestinesi. Ma uno non c’è mai stato e sara’ difficile che ci sia. Si
chiama Gerusalemme Est, al Quds. Ogni giorno la citta’ palestinese perde
qualche pezzo, fisico e morale. In un silenzio fragoroso la comunita’
internazionale l’ha completamente dimenticata. Oggi ci sono quartieri divisi
dal Muro, ore e ore per tragitti che prima erano di minuti,  palestinesi
costretti a lasciarla in base a mille pretesti messi in piedi da Israele,
altri che si infilano in 20 in una stanza pur di non abbandonarla,
bandierine con la stella di Davide che aumentano a segnalare la nuova
colonia che nasce dall’oggi al domani. I donatori internazionali che
vorrebbero avviare progetti di nuova economia si sentono rispondere dalle
associazioni palestinesi che tra un po’ non ci saranno neanche le pietre da
vendere e che gli organismi internazionali dovrebbero intervenire con
iniziative politiche per difendere la presenza palestinese nella citta’.
Un’ultima annotazione: non fermiamoci ai titoli dei giornali o a qualche
attivista alla Magdi Allam (che chiamarlo giornalista e’ veramente troppo),
leggiamo, informiamoci da diverse fonti, cerchiamo di scavare al di la’ dei
salottini televisivi, ne va della nostra intelligenza e della vita dei
palestinesi.

24 giugno 2007
Lino Zambrano, cooperante a Gaza (responsabile Cric Palestina e
collaboratore di Salaam )

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