Gerusalemme, i palestinesi lottano quotidianamente contro apartheid e ingiustizia

jerusalem_3048_600x450Gerusalemme- Ma’an. Mercoledì 28 maggio, migliaia di israeliani hanno marciato attraverso Gerusalemme Est per celebrare la sua conquista nel 1967, mentre la comunità palestinese continua la sua lotta per la sopravvivenza in una città segnata da sistematiche divisioni politiche, economiche e sociali.

Ogni anno, migliaia di israeliani di destra marciano attraverso i quartieri di Gerusalemme Est e la Città Vecchia in una festa nazionale descritta dal ministero del Turismo di Israele come un segno della “liberazione” e della “riunificazione” della città.

Ma per i palestinesi, che costituiscono il 40% della popolazione, il giorno è un ricordo della loro espropriazione storica e aggrava la loro emarginazione in atto in una città che una volta era il centro politico, economico e culturale della vita palestinese.

Secondo l’Associazione per i Diritti Civili in Israele, oltre il 75% dei palestinesi, e l’82% dei bambini, vive al di sotto della soglia di povertà a Gerusalemme Est.

Ci sono enormi differenze tra Gerusalemme Est e Ovest, in termini di educazione, salute, accesso all’acqua e la pianificazione. Israele ha inoltre revocato la residenza di 14.309 palestinesi a partire dall’occupazione della città nel 1967, di cui 106 nel solo 2013.

Ai palestinesi di Gerusalemme è concesso lo status di “residente permanente”, simile a quello dei cittadini non ebrei stranieri che scelgono di vivere in Israele, e non sono quindi cittadini israeliani.

Nonostante formino quasi la metà della popolazione della città, solo il 10% del bilancio comunale di Gerusalemme viene speso per i palestinesi.

Micha Kurz, che lavora per la ONG Grassroots Jerusalem a Gerusalemme Est, ha dichiarato a Ma’an: “È sempre più evidente che Israele sta facendo tutto il possibile entro le proprie leggi per spingere le giovani famiglie palestinesi e le coppie fuori dalla città. Non solo le condizioni di vita sono molto povere, ma l’assistenza sanitaria è inaccessibile. La gente non riesce a trovare lavoro e nessun nuovo quartiere palestinese è stato costruito (dal 1967), mentre Israele ha costruito insediamenti sulla terra palestinese”.

L’ACRI riporta: “Solo il 14% di Gerusalemme Est è suddivisa in zone per l’edilizia residenziale palestinese, mentre un terzo della terra palestinese è stata confiscata a partire dal 1967 per costruire insediamenti illegali per soli ebrei”.

La costruzione del muro di separazione ha anche tagliato fuori Gerusalemme Est dalla Cisgiordania e costretto quasi 100.000 palestinesi vivere in “negligenza abietta” alla periferia della città in zone come la Ras Khamis, Ras Shahada e il campo profughi di Shuafat. In quei quartieri, tra 60.000 e 80.000 palestinesi sono stati tagliati fuori da una fornitura regolare di acqua per oltre tre mesi.

Kurt dichiara: “Il Jerusalem Day è una celebrazione della narrazione sionista. È stato progettato in modo tale che gli israeliani ignorino che i palestinesi non abbiano diritto di voto a livello nazionale, abbiano poche prospettive economiche e non godano di nessuno dei servizi pubblici offerti ai residenti ebrei. Migliaia di israeliani marceranno attraverso i quartieri palestinesi gridando: ‘È il momento di lasciare questa città’. Questo è il fulcro della festa. Entro i prossimi 10 o 20 anni i palestinesi saranno cancellati da Gerusalemme, non solo politicamente ed economicamente, ma anche culturalmente e religiosamente. Dategli un’altra generazione o due”.

Cancellazione della Linea Verde

Nonostante sia una delle questioni chiave sullo status definitivo da risolvere in qualsiasi futuro accordo di pace, le celebrazioni di Jerusalem Day promuovono un chiaro rifiuto dell’idea che Gerusalemme finirà per essere condivisa da palestinesi e israeliani.

Xavier Abu Eid, consulente di comunicazione del PLO, ha riferito a Ma’an: “Allo stesso tempo il governo israeliano ha dichiarato a Papa Francesco di proteggere i cristiani, ma la realtà dice il contrario: il Jerusalem Day ricorda a tutti che secondo il governo israeliano nella Gerusalemme occupata non c’è posto per i palestinesi, né cristiani né musulmani. Il messaggio è che Gerusalemme appartiene a un solo popolo, senza diritti per i palestinesi: un messaggio che non è supportato dalla comunità internazionale, che non ha mai riconosciuto l’annessione israeliana di Gerusalemme Est”.

Le celebrazioni comportano una marcia attraverso la Città Vecchia in cui migliaia di giovani israeliani di linea dura sfilano per le strade agitando trionfalmente bandiere israeliane e cantando slogan nazionalisti, che generalmente si trasformano in canti razzisti nei confronti dei palestinesi.

Nonostante le celebrazioni siano abbracciate dalla destra, Israele ha creato sin dal 1967 una città in cui la popolazione palestinese è invisibile per la maggior parte degli israeliani, con due popolazioni volutamente separate che raramente interagiscono.

Emily Hauser, editorialista del quotidiano israeliano Haaretz, ha spiegato: “Ci vorrebbe una campagna educativa molto seria e di vasta portata del servizio pubblico per annullare gli anni di propaganda su Gerusalemme come una città eterna e indivisibile”.

Hauser afferma che Jerusalem Day è un “utile sbocco” per esprimere il sentimento della destra israeliana, ma riflette anche le intenzioni del governo israeliano. “Non credo che l’attuale governo abbia alcuna intenzione di negoziare in buona fede, per non parlare di condividere Gerusalemme”. La maggior parte degli israeliani a Gerusalemme, anche i più laici o liberali, non distinguerebbe gli insediamenti illegali di Gilo e Har Homa da altri quartieri ebraici. Il che riflette la misura in cui la politica del governo israeliano ha “cancellato la Linea Verde”. “Le persone stanno ignorando cosa accade a un miglio dalla loro porta di casa. Quasi l’82% dei bambini palestinesi vivono in povertà. Cosa c’è di santo in questo? E voi state permettendo e perpetuando questo”.

Il 21 maggio 1968 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite affermò che “l’acquisizione di territori con la conquista militare è inammissibile”. La risoluzione afferma che “tutte le misure legislative e amministrative e le azioni intraprese da Israele, tra cui l’espropriazione di terreni e di proprietà, che tendono a cambiare lo status legale di Gerusalemme non sono valide e non possono cambiare questo stato”.

Nonostante la posizione della comunità internazionale, mercoledì il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato dinanzi al Knesset che “Gerusalemme è riunita e non sarà mai più divisa”.

Xavier Abu Eid ha affermato: “Celebrare il cosiddetto Jerusalem Day è una riconferma che il governo israeliano non ha come obiettivo la soluzione dei due Stati. E non ci sarà uno stato palestinese senza Gerusalemme Est come sua capitale”.

Traduzione F.G.