Gli ebrei radicali a Gerusalemme.

Gli ebrei radicali a Gerusalemme

Di Marie Medina

Da http://www.babelmed.net/Paesi/Mediterraneo/gli_ebrei.php?c=3686&m=514&l=it

La parola "radicale", che i media europei applicano così spesso all’Islam, è raramente associata al giudaismo. Tuttavia il fondamentalismo ebreo è onnipresente a Gerusalemme, dove gode di una compiacenza completa delle autorità israeliane quando si manifesta a danno delle popolazioni palestinesi. Le organizzazioni dei coloni che si sforzano di "giudaizzare" la città santa hanno totale libertà d’azione nell’appropriarsi dei terreni e delle case arabe. L’obbiettivo politico è evidente: impedire una spartizione di Gerusalemme.

Nella Città Vecchia
La Città Vecchia, che fa parte di Gerusalemme Est, è stata conquistata da Israele durante la guerra dei Sei Giorni nel 1967. In quello che era l’allora "quartiere marocchino" furono distrutte diverse abitazioni per liberare lo spazio davanti al Muro del Pianto. La zona attorno a questo luogo santo è stata rinnovata ed è divenuta il quartiere ebreo. Oggi è uno dei quattro quartieri della Città Vecchia, con i quartieri musulmano, cristiano e armeno. Attualmente, circa 35.000 persone vivono all’interno delle mura, tra cui 4.000 ebrei. Tra questi, circa 350 persone vivono al di fuori del quartiere ebraico, principalmente nei quartieri musulmano e cristiano.

Ariel Sharon incarna questa libertà d’insediamento israeliana: nel 1987, allora ministro del Commercio e dell’Industria, acquista un appartamento a cavallo di El Wad, una delle principali arterie del quartiere musulmano. Anche se non ha quasi mai abitato in questo appartamento, il simbolo rimane. E i Palestinesi non mancano di mostrare ai visitatori la casa ornata da una grande bandiera israeliana e coronata da una non meno imponente hanukia (calendario a nove braccia).

L’organizzazione Ateret Cohanim aiuta famiglie ebree ad acquistare proprietà palestinesi nella Città Vecchia. Il suo portavoce Dan Laurie non vede perchè queste dovrebbero privarsi di vivere nel quartiere musulmano. "Tutti gli ebrei che comprendono l’importanza del Monte del Tempio vogliono abitare qui", si giustifica. Il Monte del Tempio è il nome ebraico di quella che i musulmani chiamano la Spianata delle Moschee. É su questo sito, che sovrasta il Muro del Pianto, che si ergeva un tempo il Tempio di Gerusalemme e che si trovano adesso la moschea Al-Aqsa e la Cupola della Roccia.

Secondo M. Laurie le cose sono semplici: "Ci sono degli Arabi che vogliono vendere e degli Ebrei che vogliono comprare" a un prezzo più alto di quello di mercato. Il portavoce di Ateret Cohanim riconosce che gli acquirenti sono "principalmente delle famiglie religiose che restano molto idealiste". Per i Palestinesi, questi non sono ne più ne meno dei coloni che intendono con la loro presenza impedire che Gerusalemme sia divisa e divenga capitale dei due Stati.

Diverse aggressioni si sono già verificate. Un rabbino è stato pugnalato l’estate scorsa. Per questo i coloni sono protetti. Le loro case sono facilmente riconoscibili: l’entrata consiste di solito in una porta blindata sovrastata da una camera per la videosorveglianza. Per spostarsi nel quartiere, i gruppi di donne e bambini ebrei ortodossi sono scortati da due guardie armate, una avanti e l’altra dietro. Questa sicurezza privata è finanziata dallo Stato, che ha "senz’altro trovato ciò più economico che installare dei commissariati ad ogni angolo", spiega M. Laurie.

In alcuni edifici prossimi alla Spianata delle Moschee, degli ebrei vivono a contatto diretto con i Palestinesi. Proprio sotto l’Associazione dei giovani della città vecchia, per esempio, alcune stanze ospitano gli studenti di una yeshiva, in mezzo ai piccoli appartamenti in cui si affollano diverse famiglie arabe. Sul tetto, una guardia armata veglia 24 ore su 24.

Samir Amru, il direttore dell’Associazione dei giovani, si lamenta delle deplorevoli relazioni di vicinato. Afferma che i giovani ebrei a volte si divertono a far finta di rapire dei bambini palestinesi per terrorizzare le famiglie. Racconta di aver trovato sulla porta dell’associazione scritte come "Morte agli arabi" o ancora un disegno in cui dei coltelli formavano una stella di Davide. Mostrando i pavimenti e i muri dei popri locali infiltrati d’acqua spiega che, ad ogni festa ebraica, i suoi vicini del piano di sopra lasciano i loro appartamenti con i rubinetti aperti, provocando inondazioni, corto-circuiti e danni informatici. Amru riferisce ancora che, quando un’anziana palestinese è stata in ospedale, gli occupanti ebrei dell’edificio hanno forzato la sua porta per installarsi nel suo appartamento – prima di essere sloggiati dai residenti arabi. Ira l’accesso è negato da una porta in ferro, per impedire ogni futura infrazione.

Hiyam El Ayyan, la direttrice del centro Saraya, descrive anch’essa relazioni di vicinato molto tese con le famiglie ebree che abitano proprio accanto alla sua istituzione. Un mattino dell’anno scorso i membri dell’associazione palestinese hanno avuto la sorpresa di scoprire che i coloni vicini avevano perforato una porta che dava sul loro cortile. Si sono affrettati a richiuderla, per paura di un’annessione de facto. Le relazioni sono peggiorate ancora quando una ragazza di una famiglia vicina è morta nell’attaco della yeshiva (nel marzo 2008, un palestinese di Gerusalemme Est ha ucciso otto persone in una scuola talmudica). "Tutti i giorni ce ne tirano qualcuna qui", si ricorda Hiyam El Ayyan, elencando ad esempio detriti, frutta marcia e carta igienica usata. Riconosce però di non essere mai stata testimone di alcuna violenza fisica. Tuttavia si sente vittima di continue vessazioni psicologiche. Così, ogni volta che il centro realizza delle iniziative, i vicini fanno intervenire la polizia e l’esercito. "Vogliono farci sentire in una costante insicurezza", afferma.

A Silwan
La situazione è ancora più tesa a Silwan, villaggio palestinese che costeggia a sud il quartiere ebreo della Città Vecchia, a poche centinaia di metri dal Muro del Pianto. I resti che vi sono stati trovati segnano "l’ubicazione reale della città biblica di Gerusalemme conquistata più di 3000 anni addietro dal re Davide". Questo almeno è ciò che sostiene Elad, una organizzazione che sovvenziona gli scavi archeologici nella zona, e si incarica di svilupparvi il turismo, come di portare a termine dei progetti residenziali. Leggi: di giudaizzare il quartiere.

Nel 1991 si sono insediati i primi coloni ebrei. E gli sforzi di pulizia etnica si sono intensificati. L’associazione Rabbini per i diritti dell’uomo accusa Elad di aver messo a punto un "sistema per espellere i residenti dalle loro proprietà, appropriarsi dei terreni pubblici, circondare questi terreni con barriere e guardie per interdire l’accesso agli abitanti locali.

Diversi metodi sono impiegati. La legge sulla Proprietà degli assenti, che Israele si è astenuta dall’applicare a Gerusalemme Est per molti anni, ha cominciato ad essere invocata dal 2004, quando il Muro di Separazione ha tagliato alcuni abitanti della Cisgiordania dalle loro terre situate nei confini municipali di Gerusalemme. Dichiarati "assenti", questi Palestinesi hanno visto le proprie terre confiscate.

In una minoranza di casi, gli ebrei passano attraverso dei prestanome per comprare una casa in vendita. Su una cinquantina di siti attualmente nelle mani dei coloni, una mezza dozzina sono stati acquistati attraverso intermediazioni di collaboratori palestinesi, riferisce un abitante del villaggio.

La vendita d’altronde è più allettante che nella parte di Silwan chiamata Wadi Hilwe (la bella valle), i cui 7000 abitanti vivono sotto la continua minaccia di un’espulsione: il 60% di loro ha già ricevuto un’ordine di demolizione dei loro domicili. Nel quartiere di al-Bustan (il giardino), nel 2005, la municipalità si apprestava a radere al suolo 88 case sotto il pretesto ch’esse si trovavano sopra un sito archeologico. La mobilitazione internazionale ha permesso di sospendere la distruzione di queste abitazioni – di cui nessuna era stata costruita illegalmente. Non si tratta che di una proroga perché la decisione non è mai stata revocata.

D’altra parte una quarantina di case di Wadi Hilwe hanno subito danni strutturali a causa degli scavi sotterranei intrapresi in tutta illegalità da Elad. La legge impone di ottenere l’autorizzazione del propietario prima di scavare sotto il suo terreno, è cio che Elad non fa. E quando gli abitanti protestano sono loro che vengono fatti arrestare per "turbamento dell’ordine pubblico".

Nella primavera scorsa, la Corte suprema ha finalmente ordinato la sospensione degli scavi sotto le case palestinesi di Silwa. Senza effetto, sembrerebbe. L’estate successiva si ascoltava ancora il ronzio pesante delle macchine che soffiano aria nei tunnel. Questi congegni hanno bisogno di operai che li guidino, spiegano gli abitanti, deducendone che nel sottosuolo i lavori proseguono. "Abbiamo chiamato la polizia che non è venuta a fermarli", confida un vicino. "Elad ha comprato il commissariato. Sono i coloni di estrema destra che danno ordini ai poliziotti".

Jawad Siyam racconta un incidente avvenuto l’estate scorsa. Un palestinese di 12 anni, che raccattava metalli per guadagnare un po’ di soldi, ha raccolto del ferro davanti alla casa di un colono. Accusandolo di furto, una guardia privata ha puntato la sua arma sulla testa del bambino. Gli abitanti hanno cominciato a protestare, la polizia è intervenuta e ha arrestato…il bambino di 12 anni, che è stato confinato ai domiciliari per cinque giorni.

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