Gruppi per i diritti umani: “Le incursioni domiciliari israeliane contro palestinesi sono disumane”

Territori palestinesi occupati – MEMO. Un rapporto pubblicato la scorsa settimana da gruppi israeliani per i diritti umani ha condannato le invasioni illegali delle case palestinesi da parte dei militari israeliani, suggerendo che la pratica viola il diritto internazionale.

Basato su due anni di ricerche condotte da Yesh Din, Physicians for Human Rights Israel (PHRI) e Breaking the Silence, lo studio rivela un’ampia documentazione e testimonianze di soldati e famiglie sfrattate.

“Le notti passano senza che io possa chiudere gli occhi, e non riesco a restare qui a casa. Per molto tempo non ho potuto dormire a casa, e ho dovuto dormire dai miei genitori. Loro [i soldati] sono venuti e hanno sfondato la nostra porta. Non sono ancora stato in grado di elaborarlo fino ad oggi”, afferma una donna di Beit Ummar, citata dal rapporto.

Attacchi, aggressioni e atti di vandalismo vengono spesso compiuti contro città e villaggi palestinesi nella Cisgiordania occupata da Israele, sia da coloni che da soldati.

Secondo il rapporto intitolato “una vita esposta: invasioni militari delle case palestinesi in Cisgiordania”, centinaia di adolescenti palestinesi vengono arrestati dai militari israeliani ogni anno in incursioni notturne, violando le stesse norme militari per quanto riguarda l’emissione di convocazioni per interrogatori precedenti alla detenzione.

“Quello che mi viene in mente”, ha affermato la dottoressa Jumana Milhem, psicologa che lavora con Physicians for Human Rights – Israele, “è che il processo implica la disumanizzazione di un’intera società. [Il suo] obiettivo è rompere il loro spirito umano”. “Ci sono diversi fattori di rischio per il disturbo da stress post-traumatico che vediamo in alte percentuali nella società palestinese in generale. Qui non stiamo parlando di un singolo trauma, ma di un aspetto del trauma continuo dell’occupazione. La sensazione di essere imprigionato nel proprio paese. Questa sensazione di essere costantemente esposti”.

Il palestinese Luay Abu ‘Aram, di Yatta, ha dichiarato a Yesh Din: “È stato davvero spaventoso che siano entrati in casa nel cuore della notte con armi, volti coperti, cani nel cortile e tutti quelli che camminavano nel cortile”.

“I pensieri ti passano per il testa. Ha avuto un impatto terribile sulle ragazze, e per cosa? Perché fanno una perlustrazione del genere su tutta la famiglia e sui vicini? Se ci sono informazioni, dovrebbero semplicemente cercare le informazioni”.

Per alcuni, come Fadel Tamimi, l’imam di 59 anni di una moschea di Nebi Salih, in Cisgiordania, le incursioni sono diventate familiari negli ultimi 20 anni. Dice di aver perso il conto del numero di volte in cui i soldati sono entrati nella sua casa, suggerendo che potrebbero essere più di 20, l’ultima nel 2019, poco prima della pandemia di Coronavirus.

Il rapporto evidenzia come i civili palestinesi abbiano bisogno di protezione dalle frequenti e letali offensive militari di Israele.

Il rapporto ha anche evidenziato l’effetto dei raid sui soldati dell’occupazione, In due casi riportati, due soldati hanno descritto la loro esperienza di raid nelle case palestinesi come un punto di svolta per loro, rispetto al modo in cui si consideravano come soldati ed individui “gentili” o “buoni”.

“Ci è stata mostrata un’immagine aerea con ogni casa numerata. Ci è stato detto di scegliere quattro case a caso per entrare e ‘metterle sottosopra’. Ho pensato che fosse strano che mi stessero dando una scelta”, ha affermato, Ariel Bernstein, 29 anni, che ha prestato servizio in un’unità di fanteria d’élite, il Sayeret Nahal.

L’esercito israeliano nega le accuse secondo cui i raid vengono effettuati a caso e afferma che sono una questione di sicurezza.