Hebron: lavorare e vivere nelle discariche per 8 dollari al giorno

Yatta (Al-Khalil/Hebron) – AfpIntorno alla città di al-Khalil (Hebron), nella Cisgiordania occupata, si incontra una discarica immersa in una pineta. Poco distante, negli oliveti del villaggio di Yatta, si può sentire il rumore dei camion e delle ruspe israeliani che qui arrivano a scaricare i rifiuti. 

Al momento della raccolta, in entrambe le aree si sentono anche le voci dei residenti palestinesi, tra cui molti bambini, che accorrono presso le discariche. 

Avanzi alimentari, lattine e bottiglie, detersivi e metalli da rivendere è il bottino che questi bambini vengono a cercare. 

Più in là si possono vedere delle baracche di tavole rivestite con dei sacchi neri della spazzatura: sono gli alloggi degli operai che lavorano alla discarica. 

Molti di essi non ritornano a casa, ma preferiscono restare qui e approfittare del momento del tramonto, quando arrivano i camion di rifiuti per scaricare e riuscire ad aprire per primi le buste dei rifiuti. 

Nel villaggio di Yatta la disoccupazione è al 12,5% e, nonostante i pregiudizi e le fatiche di lavorare in una discarica, oggi questo punto rappresenta anche una “fonte di sostentamento” per i palestinesi che vi lavorano. 

Sin dagli anni '90, Israele impiegava qui i residenti palestinesi, poi, con l'Intifada “al-Aqsa”, nel 2000, erano arrivati i licenziamenti e le restrizioni di accesso dettate dall'ossessione israeliana per la sicurezza. 

Mahmoud Nabhan, di 17 anni, ha raccontato che, da quando il padre è rimasto invalido dopo essere stato ferito ad una gamba, l'uomo non è stato più in grado di lavorare. “Io ho lasciato la scuola e ho preso il suo posto”. 

Coperto sul volto per proteggersi dal fetore dei rifiuti, Mahmoud ha confidato: “Ci lavoro da quando avevo 12 anni insieme a mio fratello, oggi 13enne. Non voglio tornare a scuola perché la nostra famiglia vive con i nostri guadagni”. 

Ad ogni viaggio dei camion carichi di rifiuti, i bambini dai villaggi vicini accorrono nella speranza di poter rinvenire, non solo cibo, ma anche oggetti di valore. 

Qualcuno arriva ad estrarre le molle di metallo dagli interni dei materassi, altri separano le latte di metallo da quelle di plastica fino a raccogliere i metalli, come l'alluminio, ma anche plastica e legno, che si possono vendere al mercato di Hebron e alle fabbriche israeliane. 

Mohammed ar-Rabi', anch'egli di 17 anni, ha ammesso che non vigono divieti di restare nell'area e che essi sono liberi di cercare tra i rifiuti e di fare la raccolta. “Spesso teniamo per noi gli abiti che troviamo”. 

Mahmoud an-Nafayat ha confessato di preferire i rifiuti provenienti dalle colonie israeliane perché più abbondanti. 

L'infanzia palestinese vive anche qui, tra le discariche dei rifiuti degli illegali insediamenti israeliani in Palestina. Molti di essi vivono in questo luogo, immersi tra i rifiuti, e non in stanze. Questi bambini non ricevono neanche acqua. Tutto per 8 dollari al giorno.

(Foto: Al-'Arabiyah).

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