HRW: la polizia israeliana commette abusi sui bambini detenuti

2015_07_mena_opt_israel_arrest_kidsHuman Right Watch. Palestina: la polizia israeliana commette abusi sui bambini detenuti. Con il raggiungimento del picco di arresti, le preoccupazioni aumentano.

Gerusalemme

Le forze di sicurezza israeliane stanno commettendo abusi sui bambini palestinesi detenuti in Cisgiordania. Il numero di bambini arrestati dalle forze israeliane è più che raddoppiato dall’ottobre del 2015.

Colloqui effettuati coi bambini che sono stati detenuti, riprese video e relazioni degli avvocati denunciano che le forze di sicurezza israeliane stanno utilizzando la forza, senza che ve ne sia la reale necessità, durante gli arresti e la detenzione dei bambini, in alcuni casi picchiandoli e trattenendoli in condizioni pericolose ed offensive della dignità.

“I bambini palestinesi vengono trattati con metodi che terrorizzerebbero e traumatizzerebbero anche un adulto”, ha affermato Sari Bashi, direttore nazionale di Israele e Palestina. “Urla, minacce e percosse usate dalla polizia non sono un buon metodo per trattare con un bambino o per ottenere da loro informazioni dettagliate”.

Avvocati e organizzazioni per i diritti umani hanno riferito a Human Rights Watch che le forze di sicurezza israeliane interrogano di solito i bambini senza la presenza di almeno un genitore, violando le leggi sia internazionali che nazionali di Israele che prevedono tutele speciali per i detenuti bambini. Fra queste tutele, vi è la richiesta che l’arresto o la detenzione di un bambino sia solo l’ultima possibilità edoccorre prendere tutte le precauzioni affinché i bambini non siano costretti a dichiararsi colpevoli. La Convenzione per i Diritti del Bambino richiede che le forze di sicurezza agiscano in modo da tutelare al meglio gli interessi del bambino, una considerazione fondamentale in tutti gli aspetti del sistema giudiziario minorile.

Nel luglio 2015, Human Rights Watch ha documentato sei casi di abusi su bambini che le forze di sicurezza israeliane avevano trattenuto a Gerusalemme Est ed in altre zone della Cisgiordania occupata. In risposta, la polizia e l’esercito israeliani hanno negato che gli abusi abbiano avuto luogo ed hanno risposto a Human Rights Watch che le loro forze avevano effettuato arresti e detenzioni in accordo con la legge.

Da allora, Human Rights Watch ha documentato tre nuovi casi di abuso fisico su bambini in custodia e metodi per gli interrogatori che violano queste norme. Gli avvocati penalisti della difesa affermano con documenti che tali abusi sono endemici. L’incapacità di rispettare le leggi internazionali e le protezioni previste dalla legge israeliana, riguardo ai bambini detenuti, è particolarmente preoccupante visto l’aumento vertiginoso del numero di bambini arrestati durante le recenti violenze.

Da ottobre, le proteste in Cisgiordania e a Gaza sono aumentate, cosi’ come la quantità di proiettili veri utilizzati dalle forze israeliane contro i dimostranti. Si sono registrati anche accoltellamenti e presunti accoltellamenti da parte di Palestinesi contro civili israeliani e forze di sicurezza, sia in Cisgiordania che in Israele. Alla data del 29 febbraio 2016, sono rimasti uccisi 172 Palestinesi e 24 Israeliani, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari. Dei 21 Palestinesi sospettati di aver commesso attacchi ed uccisi nel 2016, nove erano bambini, secondo l’ONU.

Human Rights Watch ha intervistato tre Palestinesi, di 14, 15 e 16 anni, due dei quali sono stati arrestati a Gerusalemme Est ed il terzo in Cisgiordania nella città di Hebron, ad ottobre e novembre 2015. Ognuno di loro ha riferito di esser stato sottoposto ad uso della forza eccessivo durante l’arresto o durante la detenzione, o durante entrambi. Human Rights Watch ha anche intervistato alcuni testimoni presenti durante questi tre arresti ed ha visionato il video di una telecamera di sicurezza nel quale si vedono agenti di polizia che sembra utilizzino eccessiva forza durante l’arresto di un quindicenne. Human Rights Watch ha anche intervistato avvocati penalisti della difesa che lavorano a Gerusalemme Est, ha presentato una lista di domande al ministro israeliano per la polizia per mezzo di un membro della Knesset (parlamento), ed ha presentato alcune domande anche all’ufficio dei portavoce dell’esercito israeliano e della polizia.

In due di questi tre casi, la polizia ha interrogato il bambino senza la presenza di nessun genitore o di un altro tutore; nel terzo caso, un genitore ha potuto essere presente solo quando l’interrogatorio era già iniziato. Tutti e tre i bambini hanno riferito che gli agenti di polizia li hanno colpiti e calciati dopo che si trovavano in custodia. Hanno anche raccontato di essere stati obbligati per ore a stare fuori al freddo nelle prime ore del mattino e durante la notte, con le mani legate alle sedie, in strutture della polizia.

Il video di una telecamera di sorveglianza di un negozio documenta l’arresto di uno dei bambini, Fayez B., 15 anni, e mostra almeno sette agenti di polizia in tenuta antisommossa che partecipano all’arresto, schiaffeggiando e trascinando il ragazzo che pesa 53 kg., utilizzando anche una manovra di soffocamento. “E’ stata una nottata terribile”, ha riferito Fayez a Human Rights Watch. Il padre del ragazzo è arrivato durante l’arresto e ha detto che un agente della polizia lo ha colpito al volto quando ha chiesto cosa stesse accadendo.

Secondo l’organizzazione palestinese per i diritti dei bambini DCI-Palestine e l’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem, che si affida alle informazioni dell’Autorità carcerarie israeliane, il numero di bambini palestinesi arrestati in Cisgiordania a partire da ottobre, quando vi è stato un aumento delle violenze, è aumentato del 150 percento rispetto ad un anno fa. Oltre alle aggressioni di bambini palestinesi contro civili e forze di sicurezza israeliane, anche i casi di bambini che lanciano pietre contro veicoli israeliani sono aumentati.

In risposta alle denunce di abusi durante l’arresto di uno dei ragazzi, Ahmed A., il distretto di Hebron delle forze di polizia israeliane ha inviato una lettera per iscritto in risposta alle domande sottoposte da Human Rights Watch. La lettera afferma che l’interrogatorio di Ahmed è stato effettuato secondo la legge, ma non affronta direttamente le accuse secondo le quali gli agenti di polizia hanno abusato fisicamente di lui. Il ministro della polizia deve ancora rispondere ad un’inchiesta parlamentare presentata a febbraio 2016, la quale chiede informazioni generali sul trattamento dei bambini palestinesi detenuti. Il capo dell’ufficio di polizia ha respinto una richiesta di incontro presentata da Human Rights Watch che sarebbe servita a dare risposte alle preoccupazioni avanzate.

Human Rights Watch non ha chiesto una risposta per i casi degli altri due bambini, al fine di proteggere loro e le loro famiglie. Vengono tenuti nascosti i cognomi dei bambini per proteggere la loro privacy.

“Il numero crescente di attacchi compiuti da bambini palestinesi è preoccupante”, ha dichiarato Bashi. “Ma le forze di sicurezza dovrebbero sottostare alla legge e trattare i bambini detenuti con l’umanità e la dignità che tutti i bambini meritano”.

Fayez B., 15 anni

Fayez è stato arrestato all’esterno di un negozio dove lavorava occasionalmente, a Gerusalemme Est, nel pomeriggio del 7 ottobre. Ha riferito a Human Rights Watch che gli agenti della polizia israeliana lo hanno avvicinato chiedendogli se avesse un coltello e che uno di loro gli ha messo una mano nella tasca mentre l’altro lo spintonava. Fayez ha dichiarato di aver spinto a sua volta l’agente e di essere entrato nel negozio dove lavorava per dare il suo telefono cellulare al proprietario, preannunciandogli che sarebbe stato arrestato.

Gli agenti della polizia lo hanno quindi seguito, ha detto, cominciando a colpirlo fino a farlo cadere a terra. Mentre era al suolo, ha continuato, gli agenti gli davano calci tra le gambe e gli sbattevano la testa per terra, poi lo hanno trascinato mettendolo in piedi e schiaffeggiandolo per poi ammanettarlo. Il proprietario del negozio, Mohammed al-Shwaiki, che era presente, ha confermato il racconto ed ha aggiunto che un agente di polizia ha colpito anche lui, al capo e ad un ginocchio.

Un video del servizio di sorveglianza del negozio, che al-Shwaiki ha consegnato ai media poco dopo l’arresto, mostra Fayez che cammina all’interno del negozio ed un agente della polizia, vestito in tenuta antisommossa, che lo afferra. Il ragazzo si divincola e cammina dietro al bancone del negozio, quindi si vede l’agente che lo spinge nuovamente a terra. Lui e l’agente restano fuori dalla vista della telecamera per 13 secondi. Dopodiché si può vedere l’agente che lo trascina rialzandolo da terra, lo schiaffeggia, e lo porta verso l’entrata del negozio. Almeno altri sei agenti di polizia, tutti con indosso caschi e giubbotti antiproiettile, si possono vedere mentre partecipano all’arresto. Anche se Fayez appare sopraffatto, uno degli agenti sembra colpire il ragazzo mentre sta in piedi, ed un altro sembra fargli una breve manovra di soffocamento. Fayez pesa 53 chili ed è alto un metro e 65.

Fayez ha poi raccontato di essere stato ammanettato e di aver camminato verso il quartiere di Abu Tor, nel quale vivono sia Palestinesi che ebrei israeliani. Ha detto che gli agenti di polizia hanno continuato a colpirlo e a dargli calci. Dopo essere entrati nel quartiere passando attraverso una porta, Fayez racconta di essere stato gettato a terra dai poliziotti. Sei o sette di loro lo hanno colpito alle gambe, alla schiena e alla testa, mentre alcuni passanti urlavano contro di lui in ebraico e imprecavano maledizioni in arabo contro sua madre e sua sorella.

Fayez ha quindi raccontato che la polizia lo ha caricato su una grande jeep assieme ad 11 agenti e si sono diretti verso la stazione di polizia di Oz. All’inizio si trovava seduto nei posti dietro, ma in seguito gli agenti lo hanno fatto mettere sul pavimento. Quindi un certo numero di poliziotti gli ha dato calci, ed uno lo ha colpito alla testa con un pugno. Un altro agente ha versato acqua sulla schiena di Fayez.

Il padre di Fayez, Fawaz B., è arrivato al negozio attorno alle 4, mentre suo figlio veniva portato via. Ha detto che quando ha chiesto agli agenti di polizia cosa stesse accadendo, uno di loro lo ha afferrato alla camicia dandogli un pugno al volto. Ha quindi detto di aver spintonato l’agente, e poi altri agenti lo hanno spinto via minacciandolo di sparargli se non se ne fosse andato.

Fawaz ha detto di aver poi seguito i poliziotti presso il quartiere di Abu Tor. Ha notato circa 25 persone presenti – uomini, donne, bambini – riuniti attorno ai poliziotti che gridavano mentre gli agenti colpivano suo figlio. Fawaz ha detto di aver urlato contro di loro per fermarli e poi li ha visti portare suo figlio all’interno della jeep. Ha poi guidato verso la stazione di Oz, ha detto, dove gli agenti gli avevano detto che avrebbero portato suo figlio, ma quando è arrivato i funzionari della polizia gli hanno detto che suo figlio si trovava in un’altra struttura di polizia, nella strada Salah al-Din. Fawaz ha raccontato che quando è arrivato li’, i funzionari gli hanno detto di recarsi in una terza struttura, conosciuta come la struttura russa. Qui gli è stato riferito che suo figlio si trovava invece presso la stazione di polizia di Oz.

“Hanno agito in questo modo per non permettermi di assistere al primo interrogatorio”, ha detto Fawaz.

Fawaz ha detto di essere ritornato nella stazione di Oz e di aver chiesto nuovamente di essere presente all’interrogatorio di suo figlio. Ha detto che lo hanno fatto aspettare ancora per un’ora, fino alle 10 di sera, quando i poliziotti gli hanno permesso di entrare nella stanza dove si stava svolgendo l’interrogatorio di suo figlio. Fawaz ha raccontato che suo figlio aveva le manette ai polsi e alle caviglie e piangeva mentre gli investigatori gli urlavano contro, accusandolo di aver tentato di accoltellare le forze di sicurezza.

“Ho notato segni sul suo volto”, ha detto Fawaz. “Era blu, ed il suo collo aveva i segni di polpastrelli… era rosso e blu. Gli bestemmiavano contro usando un brutto linguaggio. Non riuscivo a sopportarlo. Ho detto loro di non essere indecenti con lui e loro hanno urlato anche contro di me”. Fawaz ha detto che l’interrogatorio è terminato verso le 11.

Fayez ha detto che dopo il suo interrogatorio è stato portato nel cortile della stazione di polizia e messo su una sedia all’aria gelida, sempre con le manette alle mani e ai piedi, fino circa alle 2 di notte, quando è stato portato con la jeep nella struttura russa, che ha una parte destinata ai giovani detenuti. Gli agenti di polizia gli hanno detto che questa parte era già piena e lo hanno riportato verso la jeep sulla quale ha trascorso tutta la notte. Gli agenti di polizia gli hanno dato una bottiglia d’acqua ma niente cibo, ha detto. Ha inoltre dichiarato che sulla jeep, quando si addormentava, gli agenti gli versavano acqua addosso per svegliarlo.

“E’ stata una notte terribile”, ha aggiunto.

E’ stato rilasciato il giorno seguente senza nessuna accusa, dopo che era stato pubblicato on-line il video del suo arresto. Il proprietario del negozio, al-Shwaiki, ha detto che la polizia ha interrogato anche lui, dicendogli che Fayez sarebbe stato rilasciato se lui e gli altri si fossero accordati per non presentare nessuna denuncia.

Ahmed A., 16 anni

I soldati hanno arrestato Ahmed il 27 novembre alle 7 di sera circa, nel giardino di un amico, Issa Amer, vicino alla sua casa a Hebron. Ha detto che i soldati lo hanno bendato e ammanettato poi lo hanno portato presso una stazione di polizia nella colonia Kiryat Arba che si trova nelle vicinanze, dove è stato messo a sedere all’esterno per terra fino intorno alle 12.30 di notte. Ha chiesto di poter far arrivare suo padre, ma gli agenti di polizia gli hanno detto che ai loro genitori non sarebbe stato permesso di assistere all’interrogatorio. Gli è stato concesso di parlare col suo avvocato al telefono prima dell’interrogatorio che è iniziato dopo mezzanotte. Ha riferito che gli investigatori lo accusavano di possedere un coltello, accusa da lui respinta, e lo hanno poi trasferito in una struttura militare nella strada Shuhada.

Una volta arrivati, ha detto, sei o sette soldati lo hanno obbligato a rimanere a terra e hanno iniziato a colpirlo e a dargli calci.

“Sono stato colpito alla schiena e alle gambe, con calci e pugni alla testa”, ha raccontato Ahmed a Human Rights Watch. “Non so per quanto tempo è durato, ma è stato molto doloroso, ed il tempo trascorreva lentamente”.

Ha detto di aver passato la notte su una sedia nel cortile, nell’aria gelida della notte, e gli è stato dato soltanto un bicchiere d’acqua ed una fetta di formaggio giallo e duro. E’ stato trasferito presso una struttura di detenzione il giorno seguente ed è stato rilasciato sei giorni più tardi senza nessuna accusa, dopo che il test del DNA non ha dato alcuna prova del suo legame con un coltello che era stato ritrovato.

Il Distretto delle forze di polizia israeliane in Cisgiordania ha dichiarato a Human Rights Watch nella sua lettera che le forze di sicurezza hanno arrestato Ahmed perché corrispondeva alla descrizione di un sospetto che presumibilmente era in possesso di un coltello e che stava fuggendo dai militari. La lettera affermava che lo ha interrogato un giovane investigatore appositamente addestrato per questi casi, e che i poliziotti hanno notificato ai genitori il suo arresto. La polizia ha dichiarato che il ragazzo non aveva chiesto di avere i suoi genitori presenti durante l’interrogatorio e che comunque non avrebbero avuto il permesso di assistere perché lui era un sospettato di un crimine contro la “sicurezza”.

La lettera non affronta il tema delle accuse secondo le quali i poliziotti hanno picchiato e dato calci ad Ahmed ma rimandano Human Rights Watch ad una procedura per poter presentare reclami contro i “carcerieri” che presumibilmente abbiano commesso abusi, sebbene Ahmed abbia affermato di essere stato picchiato durante un fermo di polizia, prima di essere trasferito presso il centro di detenzione. La lettera non risponde neanche ad una domanda sul fatto che uno dei genitori del ragazzo abbia firmato un documento che confermi che essi avevano ricevuto la notifica del suo arresto, come afferma la Youth Law.

Suheib I., 14 anni

Un terzo ragazzo, Suheib I., 14 anni, ha riferito a Human Rights Watch che la polizia lo ha arrestato alle 4 del mattino in casa sua, nel quartiere Thowri a Gerusalemme Est, il 28 di ottobre del 2015. Sua madre ha confermato l’ora e la data. Gli agenti lo hanno sistemato sul pavimento di un automezzo della polizia. Suheib, che è alto 1.61 e pesa 50 kg., ha detto che i poliziotti lo hanno colpito alla testa e gli hanno bestemmiato contro, mentre si recavano presso la stazione di polizia di Oz. Ha detto che è stato fatto sedere su una sedia, con le mani e i piedi legati, all’esterno di un veicolo nella struttura della polizia, dalle 5 di mattina circa fino all’ora di pranzo. Le persone che lo interrogavano lo hanno quindi portato dentro ed hanno iniziato a fargli domande circa il presunto coinvolgimento nel lancio di bottiglie contro le forze di sicurezza.

I suoi genitori non erano presenti. Suheib ha detto che gli agenti gli hanno bestemmiato contro e lo hanno minacciato di cancellare la residenza dei suoi genitori a Gerusalemme Est. Ha raccontato che i poliziotti gli hanno detto di firmare documenti scritti in ebraico, cosa che ha fatto, nonostante egli non riesca a leggere questa lingua. Ha chiesto agli investigatori circa il contenuto dei documenti e gli è stato risposto che una di esse dichiarava che il ragazzo non era stato picchiato. E’ stato trattenuto in vari centri di detenzione fino al 22 di novembre, quando, in base alle trascrizioni di Human Rights Watch esaminate dal tribunale, è stato posto agli arresti domiciliari dopo che un giudice del tribunale minorile della magistratura di Gerusalemme ha raccolto una testimonianza anche da un addetto ai servizi sociali del comune secondo il quale il ragazzo in detenzione “stava soffrendo”.

I documenti del tribunale affermano che il sergente di polizia Fadi Madah ha riferito al tribunale minorile di Gerusalemme che un giudice ha emesso un mandato d’arresto per Suheib il 26 di ottobre. Non è stata data alcuna giustificazione sul motivo per il quale gli agenti di polizia abbiano eseguito il mandato alle 4 di mattina, due giorni dopo che era stato emesso. Madah ha anche confermato nella sua testimonianza che un comandante della polizia ha autorizzato che venisse negato al ragazzo il diritto di poter avere i suoi genitori presenti durante l’interrogatorio, dicendo che il crimine del quale era accusato – lancio di bottiglia contro automobili condotte da ebrei – aveva giustificato tale decisione.

Requisiti legali per gli interrogatori

L’Art. 14 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici, che Israele ha ratificato nel 1991, richiede procedure giudiziarie che tengano in considerazione l’età dei bambini imputati. La Convenzione per i Diritti del Bambino, anche questa ratificata da Israele nel 1991, fornisce i particolari di questi requisiti e indirizza gli stati per assicurare che i bambini non siano “obbligati… a dichiararsi colpevoli”. Il comitato incaricato per l’interpretazione della convenzione ha dichiarato che ciò comprende il diritto di poter richiedere la presenza di un genitore durante gli interrogatori e di evitare procedure investigative che, data l’età dei bambini ed il loro sviluppo, potrebbero portare od obbligare il bambino a ritenersi colpevole.

Il comitato dice che il termine “obbligato” potrebbe essere interpretato in una varietà di casi e non essere limitato alla forza fisica o ad altre palesi violazioni dei diritti umani. L’età del bambino, il suo sviluppo, la durata dell’interrogatorio, la mancanza di comprensione da parte sua, la paura di conseguenze ignote o di possibilità suggerite di detenzione potrebbero portarlo ad una confessione che non è veritiera. Il comitato ha inoltre chiesto ad Israele che apra una inchiesta indipendente sui presunti casi di tortura e maltrattamenti sui bambini palestinesi, alla luce dei rapporti che le forze di sicurezza “[li] sottopongono sistematicamente a violenze fisiche e verbali”.

L’UNICEF ha relazionato che in 168 delle 208 dichiarazioni giurate fornite dai bambini palestinesi nel 2013 e nel 2014, i bambini hanno dichiarato di non essere stati informati dei loro diritti ad avere un avvocato o di restare in silenzio durante gli interrogatori. I bambini hanno riferito di essere stati “sottoposti a violenze fisiche” in 171 casi.

Sia la Youth Law applicata in Israele che le ordinanze militari applicate in Cisgiordania prevedono che la polizia notifichi ai genitori l’arresto del loro figlio e permettono al bambino di consultarsi con un avvocato prima dell’interrogatorio. La Youth Law riconosce ai bambini di poter avere la presenza di un genitore durante i loro interrogatori, eccetto nei casi di presunti “reati contro la sicurezza”. La Youth Law richiede anche che i funzionari svolgano gli interrogatori di giorno, di condurre i procedimenti in una lingua che il bambino comprende, e di tenere in considerazione il benessere del bambino nel decidere se l’arresto sia assolutamente necessario. Nonostante la Youth Law non si applichi formalmente in Cisgiordania, ad eccezione di Gerusalemme Est, l’esercito di Israele ha detto a Human Rights Watch che essa attua le disposizioni della Youth Law, compreso il diritto ad avere un genitore presente durante l’interrogatorio, per l’applicazione della legge in Cisgiordania.

Cosi’ come il numero di arresti di bambini è cresciuto a seguito dell’escalation di violenza dei mesi scorsi, allo stesso modo è cresciuto il numero di casi nei quali le norme internazionali che proteggono i bambini sono state violate, come hanno riferito organizzazioni per i diritti umani, sia israeliane che palestinesi. Mohammed Mahmoud, un avvocato dell’organizzazione per i prigionieri palestinesi Adameer, ha difeso centinaia di bambini negli ultimi mesi, la maggior parte dei quali sono stati arrestati per aver lanciato pietre contro i coloni e le forze di sicurezza. Ha dichiarato a Human Rights Watch:

Il problema principale nel sistema legale israeliano nel trattamento dei minori è quello che un agente di polizia esperto può garantire a chi svolge gli interrogatori una ordinanza che permette loro di vietare la presenzadei genitori di un bambino durante il suo interrogatorio. Questa ordinanza, per quel che vediamo, viene utilizzata contro i bambini palestinesi soltanto per i casi politici, e dà agli investigatori la possibilità di inveire, urlare, minacciare i bambini spingendoli a confessare crimini che non hanno commesso soltanto per paura.

Anche se negare il diritto alla presenza di un genitore durante l’interrogatorio dovrebbe essere una misura eccezionale, tale pratica minaccia di diventare la regola per i bambini palestinesi, per i quali azioni come il lancio di pietre vengono definite crimini contro la sicurezza. Secondo uno studio del 2015 effettuato dal Military Court Watch, una organizzazione non governativa, soltanto il 3 percento dei bambini palestinesi arrestati in Cisgiordania ha riferito che i loro genitori erano presenti durante l’interrogatorio compiuto dalle forze di sicurezza.

Nel novembre del 2015, la Knesset israeliana ha approvato una legge che autorizza pene detentive più lunghe per i bambini condannati per lancio di pietre e che permette al governo di sospendere i pagamenti degli aiuti sociali alle famiglie mentre i loro figli scontano la pena

 

Traduzione di Aisha Tiziana Bravi