‘I crimini di Israele e il silenzio occidentale’. Di Fernando Rossi.

 

Larnaca – Infopal, 11 novembre.

 Di Fernando Rossi (*) e Angela Lano

La situazione umanitaria nella Striscia di Gaza peggiora di giorno in giorno. Ad essa si aggiunge il dramma della divisione dei palestinesi: nella sede del Consiglio Legislativo di Gaza sono appese le foto del defunto Yasser Arafat, dell’attuale presidente Abu Mazen (di Fatah), a fianco di quella del presidente del CLP, Aziz Dwaik prigioniero di Israele da due anni. A Ramallah, invece, lavorano contro Hamas: non ne riconoscono la vittoria alle elezioni e ne perseguitano i membri e i simpatizzanti con retate quotidiane e torture. Le carceri dell’ANP di Mahmoud Abbas (Abu Mazen) sono piene di prigionieri politici di Hamas e di altre fazioni, mentre il governo di Gaza ha liberato tutti quelli di Fatah.

Il governo di Gaza vuole l’unità nazionale, ma gli altri, i leader di Ramallah, evidentemente no. Sono dentro un “disegno” che prevede la divisione tra Striscia e Cisgiordania, e il conflitto interpalestinese. Gli Stati Uniti, che finanziano copiosamente e addestrano le forze di sicurezza dell’ANP, e Israele, che le appoggia, fomentano al meglio le divisioni. E’ la vecchia logica del divide et impera, che funziona sempre. Essi vogliono far fuori la componente più rigorosa (a torto definita “fondamentalista”) di Hamas, quella meno corrotta e realmente patriottica. Quella che, a gennaio del 2006, ha votato quasi il 70% del popolo palestinese.

In questi tre giorni di permanenza a Gaza (da sabato 8 a lunedì 10 novembre), abbiamo visitato tante realtà: una di quelle che ci ha colpiti di più è stata la situazione sanitaria e ospedaliera. Davvero tragica! L’ospedale pediatrico è al collasso. Macchinari moderni non funzionano per la mancanza di pezzi di ricambio. Nulla funziona. Mancano le medicine e i bambini continuano a morire. Ce ne sono di piccolissimi, appena nati. Bimbi affetti da varie patologie – cancro compreso -, da malnutrizione, da infezioni dovute all’acqua ormai contaminata e sporca.

Abbiamo visitato l’ospedale Ash-Shifa di Gaza, che accoglie 360 malati di cancro, molti dei quali a causa dei bombardamenti israeliani (soprattutto quelli dell’estate del 2006, dove furono usate armi di distruzione di massa): per loro non ci sono medicine, chemio, e i macchinari sono fuori uso perché non arrivano i ricambi. Chi ottiene il permesso, va in Egitto o in Israele, agli altri non rimane che la morte. E muoiono donne, giovani, anziani, genitori di figli piccoli, bambini. La morte non risparmia nessuno. E’ incredibile che, di fronte a tale tragedia, l’Unione Europea e i paesi europei – Italia compresa – inviino soldi al governo, non eletto, di Ramallah, mentre a Gaza non arriva nulla…

Abbiamo incontrato i pescatori che vivono e lavorano in gravi difficoltà: le navi da guerra israeliane impediscono loro con la forza delle armi di uscire in mare, al largo (come permetterebbe invece il diritto marittimo internazionale), per pescare e portare a casa il cibo per sfamare le famiglie. Subiscono continue aggressioni e bombardamenti: vengono attaccati con cannoni ad acqua mescolata a escrementi e ad agenti chimici pericolosissimi. Tanto che gli stessi militari israeliani indossano tutte e maschere per proteggersi. La loro è una vergognosa guerra contro padri e figli di famiglia, la cui sola colpa è quella di essere palestinesi e di voler pescare nel proprio mare.

Abbiamo visitato anche le famiglie dei prigionieri, rinchiusi da anni nelle carceri israeliane. A loro non sono concesse le visite dei familiari. Mi è rimasto impresso il caso di un giovane di 28 anni che non ha mai conosciuto suo padre, prigioniero nei territori israeliani. Una simile crudeltà e mancanza di rispetto del diritto umanitario non ha precedenti nella Storia. Persino i peggiori regimi del XX secolo, prima della degenerazione finale dei Campi, permettevano ai loro prigionieri politici di ricevere le visite dei propri familiari. Ai palestinesi non è concesso neanche questo. Qui siamo ben oltre la degenerazione. Siamo oltre le dittature sudamericane degli anni ’70-’80. Siamo di fronte a qualcosa di nuovo, assurdamente tollerato dal “civile” e “democratico” Occidente che di fronte a Israele “non sente non vede e non parla”. Ci vorrebbe qualcuno che coraggiosamente studiasse il “caso Israele”e lo denunciasse per Crimini contro l’Umanità. Perché questo silenzio internazionale è una vergogna. E’ inconcepibile e scandaloso. Israele si avvale di una mostruosità giuridica che si chiama “detenzione amministrativa”: cittadini palestinesi vengono incarcerati senza capi di imputazione e senza processi, per anni. Israele, Paese propagandato come “unica democrazia del Medio Oriente”, non tiene in alcun conto la vita umana e i diritti civili delle persone (dei palestinesi). Mentre gli ebrei in tutto il mondo rivendicano il diritto di mantenere le proprie tradizioni, religione e culture, essi lo negano nel “loro” Stato, Israele, ai palestinesi. Uno Stato che, per il regime sionista, deve essere esclusivamente ebraico. I cittadini palestinesi vengono “trasferiti” con la forza, con l’intimidazione, come fu nel 1947-48, attraverso la pulizia etnica. Come può l’Occidente, che sbandiera la propria superiorità democratica, tollerare queste cose?

Tra gli eventi e gli incontri importanti di questi giorni, c’è stato il ricevimento ufficiale al Parlamento (CLP) di Gaza e al governo. Siamo stati trattati con tutti gli onori: ad accompagnarci sulla nave, ieri, c’era pure un drappello di militari palestinesi. Il premier Ismail Haniyah è arrivato al porto, per salutarci. Nei giorni scorsi ci ha chiesto di “studiare una fase superiore”: lavorare affinché delegazioni del governo e del parlamento palestinese di Gaza possano uscire dalla Striscia e recarsi in Europa, per incontrare ufficialmente i leader europei. Non sarà certo una cosa facile.

(*) Ex senatore della Repubblica italiana e leader del movimento Per il Bene Comune. E’ già stato in Palestina a Natale, con una delegazione di Gaza Vivrà. E’ membro del nostro Comitato scientifico. Ha fatto parte della recente delegazione parlamentare del Free Gaza e dell’European Campaign to break the siege in Gaza.

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