I missili degli F16 non fanno perdere la speranza ai giovani di Gaza

Yosef-al-HissiMemo. Motasem A Dalloul. Yosef Al-Hissi, 23 anni, del campo profughi di Jabalia nel nord della Striscia di Gaza, era un calciatore prima di essere colpito da un missile lanciato da un jet israeliano F16 e di perdere una gamba nel corso dell’offensiva su Gaza dello scorso anno. Nonostante le terribili ferite, non ha perso la speranza di poter continuare la sua amicizia con il pallone, anche se ora come giocatore di basket nel campo del club Al-Basma.

Durante l’offensiva israeliana del 2014, Al-Hissi era un ragazzo felice; quando andò a dormire, gli F16 e i droni rombavano in cielo. Si svegliò, ma non trovò suo fratello Ali e sua sorella Hala dormire nei letti accanto al suo, ma i dottori che cercavano di fermare l’emorragia dalle ferite e dai lividi su tutto il suo corpo.

“Fino a quel momento”, insiste, “non sapevo cosa fosse successo”. Chiese ai dottori cosa stesse accadendo. “Perché mi trovo qui? Dove sono Ali e Hala?”

Il tredicesimo giorno dell’offensiva, gli israeliani puntarono un edificio vicino al campo da gioco accanto alla casa di Yosef, che si trova ai limiti del campo profughi. Non furono riportati seri danni al campo da gioco. “Ero felice per la speranza che la guerra potesse finire in un giorno o due, per poter tornare a giocare a calcio con i miei amici”, racconta. All’ospedale, tuttavia, i dottori dissero a Yosef che aveva perso una gamba e che probabilmente sarebbe rimasto lì per molto tempo. “Rimasi stordito in quel momento. Entrambe le mie mani erano talmente bendate da non essere in grado di allungarle per sentire se la mia gamba fosse lì oppure no”.

In quella fatidica notte, un F16 israeliano puntò la casa adiacente a quella di Yosef. “Mia madre ha detto che i servizi segreti israeliani telefonarono ai nostri vicini, i quali però ebbero a mala pena il tempo di abbandonare la casa”, mi racconta Yosef. “Solo tre minuti dopo la telefonata, ha avuto luogo l’attacco che ha distrutto la casa dei nostri vicini e ha causato ingenti danni alla nostra”.

Le parole di mia madre hanno diminuito il mio dolore

Sua madre, altri parenti e alcuni amici erano nella stanza d’ospedale con lui. Sua madre gli si avvicinò, dicendogli di non preoccuparsi. “Se Dio vuole, ti rimetterai molto presto e tornerai a casa, e anche nel campo da gioco dove giocherai con i tuoi amici”. Sebbene sapesse che sarebbe stato difficile tornare al campo di calcio, disse comunque a sua madre: “Lo spero!”

A casa, un paio di mesi dopo, Halima, la madre di Yosef, stringe la parte rimanente della gamba di suo figlio e guarda il suo viso. “Ammetto che ora è disabile, ma sin dall’inizio sono stata al suo fianco e gli rimarrò accanto per sempre. Ho continuato a incoraggiarlo e aspetto con impazienza qualsiasi occasione per reintegrarlo nella sua comunità come prima che venisse ferito”.

Il ministero palestinese della Salute ha affermato che ci sono 70 mila persone disabili nella Striscia di Gaza, il 4,5% della popolazione. Secondo un recente rapporto del Ministero, il 13% delle persone ferite nell’offensiva dell’estate scorsa sono disabili a causa di munizioni israeliane “nuove e strane” che sembrano mirare e recidere gli arti.

“La riabilitazione di queste persone richiederà molto tempo”, dice il rapporto. “Gli arti artificiali costano tra i 1.000 e i 4.000 dollari l’uno.” Il Ministero ha dovuto bloccare il supporto finanziario per coloro che necessitano arti artificiali a causa del continuo assedio israeliano e della mancanza di risorse, in aggiunta al divieto di rifornirsi dell’equipaggiamento necessario a tale scopo.

“Il club Al-Basma è la mia speranza”

Yosef ha deciso di non accettare di essere marginalizzato dalla società e ha iniziato a cercare di ritornare alla piena attività. Sapeva che non sarebbe stato in grado di tornare sul campo da calcio, ma non poteva rinunciare ad amare il pallone.

“Un giorno, è squillato il mio cellulare”, racconta Yosef. “Era mio cugino Ahmed che mi ha parlato del club Al-Basma. Mi ha detto che avrei potuto giocare a basket in una squadra speciale per persone come me”.

Yosef non ci pensò due volte. “Mia madre mi incoraggiò, credendo che quella fosse l’occassione per tornare al campo da gioco dove coltivavo i miei sogni prima di essere ferito”.

Shadi Mas’oud, il presidente del club a Jabalia, ha detto che Yosef rappresenta un elemento positivo da unire alla squadra di basket. “È energico e attivo e dotato di un elevato spirito”, ha spiegato Mas’oud. “Ha iniziato ad allenarsi a marzo, ha fatto veloci progressi tanto da diventare uno dei componenti di spicco della squadra”.

“Non chiamateli disabili”

Il vice-ministro di Gaza per i Servizi sociali e il welfare, Yosef Ibrahim, ha detto che il suo Ministero conduce programmi speciali per coloro che hanno perso gli arti. “Il numero di queste persone a Gaza è molto alto se comparato alla maggior parte dei Paesi del mondo”, ha detto, “così stiamo conducendo dei programmi finanziati dal governo per integrarle nella società”.

Mentre stava guardando una partita tra due squadre di basket nello stadio principale di Gaza, Ibrahim si è rifiutato di chiamare Yosef e i suoi compagni disabili. “Loro non sono disabili”, ha detto, “sono persone con bisogni speciali e non sono coinvolti in attività specifiche per disabili. Si tratta di gruppi di persone con interessi comuni che si incontrano e praticano diversi tipi di attività che amano”, ha aggiunto.

Dopo aver finito di giocare una partita ufficiale tra Al-Basma e una squadra di Al-Salam, Yosef dice di non “arrendersi” alla sua disabilità. “Noi qui stiamo giocando a basket”, sottolinea, “e spero di poter nuotare in futuro”.

Le organizzazioni palestinesi per i diritti umani hanno lanciato un appello alla comunità internazionale affinché si ponga fine alle ripetute aggressioni israeliane a Gaza. L’enclave ha già abbastanza persone menomate.

Intervenendo a favore di questi gruppi, che hanno rilasciato diverse dichiarazioni a questo proposito, il Centro per i Diritti Umani Al-Mizan ha richiesto al mondo di fare pressioni sull’occupazione israeliana e sulle autorità egiziane in modo da porre fine all’assedio alla Striscia di Gaza e permettere ai disabili di recarsi all’estero per sottoporsi a cure e riabilitazione. Porre fine all’assedio darebbe anche la possibilità a persone come Yosef e i suoi compagni di squadra di prendere parte a competizioni internazionali e mostrare le proprie doti in un contesto più ampio. Sperano oltre ogni speranza che le autorità occupanti presteranno ascolto e fermeranno l’assedio. Quel F16 e altri simili hanno compiuto gravi danni, ma non hanno fatto perdere la speranza ai giovani di Gaza.

Traduzione di Elisa Paganelli