Da Al-Awda-Italia
Di Kutayba Younis
I palestinesi del ’48 nellocchio del ciclone
Malgrado la banalità dellargomento, continua la discussione tra i politici arabi sul significato della condizionale israeliana sul riconoscimento del carattere ebraico di Israele. commissionano ricerche cercando di conoscere le conseguenze di una simile richiesta. Alcuni si sono dimostrati sorpresi di questa condizione convinti che mira a rendere impotente il negoziante palestinese, sic!. Hanno ritenuto che tutto ciò è nuovo ai disegni israeliani e sionisti. Intanto, le loro cervella hanno cominciato a dare segni di insofferenza e a fumare.
Ma questa condizione non avrebbe sorpreso affatto un politico con un po’ di onestà intellettuale, una persona che segue la situazione del conflitto arabo israeliano. Chiunque si sarebbe accorto che Israele è uno stato affogato nel proprio razzismo, sorto sulle rovine dei veri proprietari di questa terra attraverso i massacri, gli allontanamenti e le deportazioni, uno stato che non può che cercare unimpronta razzista per la propria esistenza e la propria continuazione. E se torniamo indietro troveremmo che Israele è il frutto di un progetto coloniale occidentale che era già molto chiaro nella sua versione originale: il progetto Melner- Emri del 1° ottobre del 1917 che parla della costituzione di una patria della razza ebraica ecc.. successivamente, questo progetto è stato cambiato nella costituzione di una patria nazionale del popolo ebraico versione più soft ma sostanzialmente eguale.. ciò che viene chiamato la Dichiarazione di Belfour. Cioè siamo stati di fronte ad un progetto colonialista che già dallinizio pretendeva uno stato ebraico sulle rovine del popolo palestinese. La Dichiarazione di Belfour non cita i palestinesi come verità o entità esistenti ma parla di comunità locali che vivono in Palestina. La dichiarazione/slogan una terra senza popolo per un popolo senza terra è denigrante e dimostra che i sionisti non consideravano le popolazioni autoctone alla pari di una popolazione occidentale con dignità e diritti o meritevole di rispetto (tipico del colonialismo occidentale). In pochi parole non pensano che tale presenza fisica sia un impedimento, neanche l’annientamento fisico di persone o cose sia da considerarsi un crimine (prassi questa seguita durante tutti i 60 anni). Nel 14 maggio 1948 la Casa Bianca dichiara che è sorto uno Stato ebraico in Palestina e che il governo provvisorio di tale stato ha chiesto il riconoscimento- Gli USA riconoscono tale governo come listituzione emergente nello Stato nuovo di Israele. Oppure ci sono ancora molte indicazioni che danno allo Stato sionista il suo carattere ebraico.
Essere sorpresi, o fingere desserlo di fronte alla richiesta israeliana vuol dire non aver capito la natura stessa dello scontro e la progressiva costituzione dellentità sionista con misure storiche, oppure semplicemente esserne complice. Vuol dire, inoltre, di non aver appreso la sistematicità della costituzione, lespansione e la trasformazione di questentità ad uno Stato ebraico su tutta la Palestina da Belfour ad oggi. O forse chi è rimasto sorpreso affogava probabilmente nellillusione mangiando la foglia israelo- statunitense da Oslo, Camp Devid e Madrid convinto della possibilità di convivere in pace con l’entità sionista, di poter realizzare le rivendicazioni e i diritti dei palestinesi costituendo lo Stato di Palestina almeno entro i confini del 67. Il soggetto che crede a questa favola sostiene che lo Stato ebraico ha perso nel frattempo il suo compito strategico nella regione: uno Stato guardiano degli interessi USA e occidentali in generale, e che nei prossimi giorni non sarà ancora uno strumento imperialista, perciò la propria posizione e compito sono in una fase di esaurimento. Secondo questo ragionamento, questa regressione implica che Israele si deve pensare alla propria esistenza e perpetuazione realizzando la pace con i propri vicini arabi e palestinesi.
Questa sorpresa di questi dotti pensatori ha prodotto illusioni, posizioni ridicole e leggerezze politiche, dove è la verità allora?
Il 60° anniversario della Nakba offre ai più attenti una risposta eloquente: stiamo assistendo al ripetersi di vecchi discorsi da parte degli USA e Israele che rendono molto più originali i propri discorsi politici e i propri scopi strategici.. Ciò in conseguenza del esaurimento di un processo storico e lapprodo ad una fase nuova sia a livello locale che internazionale.
È indubbio che, sia gli americani che gli israeliani, siano consapevoli dei pericoli posti di fronte a Israele- non sono gli eserciti arabi e non è lavanzamento della resistenza- è la bomba demografica che Israele non potrà sconfiggere ne con il proprio esercito ne con il suo armamentario. È una bomba umana che, giorno dopo giorno, diventa sempre più pressante e sempre più minacciosa. Questa è la minaccia che preoccupa gli USA ancor prima che gli israeliani, è una minaccia che ha posto Israele di fronte ai pericoli esistenziali e che espone lidentità nazionale alla perdita progressiva dei propri elementi fondativi e la trasforma in unidentità parziale di uno Stato non inclusivo.
Ecco perché si sta parlando molto della crescita demografica dei palestinesi del 48 e delle previsioni degli operatori degli istituti statistici che prevedono nel 2020 la parità numerica tra ebrei e palestinesi in Israele. Ciò pone gli israeliani di fronte al dilemma: laccettazione o meno di convivere con questa parte del popolo palestinese riconoscendo che Israele si trasformasse in uno stato per tutti i propri cittadini con parità di diritti e di trattamento, e cancellare allo stesso tempo lo stato di discriminazione e di razzismo. Ed è esattamente ciò che Israele non accetta perché vorrà dire sciogliersi nel mare palestinese e rinunciare alle proprie ideologie identitarie. Lovvia conseguenza strategica di questo processo è la disgregazione dello Stato israeliano che nulla può di fronte ai dettami della demografia se non il genocidio e il massacro di massa.
Ciò spiega la generosa elargizione annuale USA a Israele di circa 3 mld di dollari in denaro fresco e di decine di mld in forma di facilitazioni commerciali. Gli USA hanno paura di perdere il proprio bastione eretto a guardia dei propri interessi nella regione mediorientale. Ed è per questo che non passa un giorno senza sentire la dichiarazione di qualche leader politico occidentale che invita a proteggere Israele e a garantire la sua sicurezza e a preservare il suo carattere ebraico e sionista.
Laltra scelta che Israele possa compiere consiste nellaccettazione di questo stato delle cose e continuare con la politica razzista e repressiva. Israele è uno stato basato sulla discriminazione razziale che implica luso della feroce repressione seguendo lesempio del sud- africa e degli stessi Usa. La perpetuazione dello stato delle cose è una scelta che implica uno scontro nazionalista e di classe. Una situazione questa che espone lentità sionista alla critica dellopinione pubblica mondiale e tutte le istituzioni o associazione che si battono per i diritti del uomo e per la giustizia. In Israele temono di fare la fine del regime segregazionista sud-africano e sono estremamente spaventati dagli eventuali boicottaggi e dal isolamento (malgrado questo fanno di tutto per caderci dentro).
Per questo assistiamo oggi ad un insistente ritorno al concetto dello stato ebraico puro e, visto che Israele è uno progetto colonialista, la purezza dello stato ebraico diventa un elemento essenziale per preservare e garantire la sopravvivenza dello stesso. Ciò richiede che Israele si deve liberare di tutti gli elementi che possono ostacolare il raggiungimento degli scopi e necessita di uno studio dei modi e politiche sistematiche al fine di mettere in atto meccanismi che potranno aiutarli a liberarsi dai palestinesi del 48. È superflue ribadire che costituendo uno stato fantoccio palestinese nei territori occupati del 67 possa fornire agli israeliani la scappatoia che gli permette di trasferirvi questa fetta di palestinesi senza suscitare molto clamore o resistenza nel opinione pubblica mondiale.
Da tutto ciò sembra molto sorprendente lo sbandieramento dello stato palestinese da Oslo in poi senza che questo rischi di diventare realtà. A meno che parlare di uneventuale stato palestinese non diventa il recipiente atto a contenere i palestinese del 48 (a proposito si parla già di aggiustamento delle future frontiere con porzioni del ’48 da spostare nel futuro stato palestinese). Ciò che sgomenta è la ripetizione dello slogan due stati due popoli. Sembrerebbe che continuare a battere questo tasto non è altro che un inganno per il popolo palestinese e un modo per far passare il progetto dello Stato Ebraico. A questo punto mi chiedo se lo stato palestinese non è stato pensato come il modo di risolvere i problemi esistenziale di Israele? Uno Stato che deve contenere i palestinesi del ’48 e i rifugiati nella diaspora? Mi chiedo se i palestinesi del48 non hanno cominciato a fronteggiare la tempesta?