Il «conflitto disastroso» deve ancora arrivare. Cosa possiamo fare per fermarlo

Di Tony Carlucci, Land DestroyerGli interessi corporativo-finanziari che guidano la politica estera Usa hanno cospirato, molto tempo fa, per utilizzare Al-Qa’ida e altre forze settarie estremiste al fine di creare una forza di mercenari con cui combattere i propri nemici. Questa cospirazione criminale contro la pace mondiale e l’umanità intera di cui siamo stati messi al corrente da un articolo profetico di 9 pagine, nel 2007, del giornalista due volte premio Pulitzer Seymour Hersh, poi dimostrata con prove documentate nel corso degli ultimi 4 anni, e che ora si sta incontrovertibilmente spiegando sotto i nostri occhi, può essere vista nella sua piena, orribile forma.
Gli interessi speciali di guerra negli Stati Uniti e il piano dei loro co-cospiratori non coinvolge solo il Medio Oriente e il Nord Africa, ma arriva alla Russia, alla Cina e oltre. Minaccia la vita, la pace e la prosperità di tutto il pianeta. Se essi non verranno smascherati, e se gli interessi che guidano tali piani non verranno scalzati, eradicati e espulsi dall’umanità, nessuno sfuggirà ai tempi bui che inevitabilmente ne conseguiranno.
L’avvertenza inascoltata
Fu nel 2007, sul New Yorker, che il giornalista veterano Seymour Hersh pubblicò il suo lungo articolo profetico «Cambio di rotta: la nuova politica dell’Amministrazione giova ai nostri nemici nella guerra al terrorismo?». In esso, Washington, Riyadh e Tel Aviv venivano indicate come le utilizzatrici della cospirazione criminale volta a usare gli estremisti settari in una guerra ber procura contro l’Iran e i suoi alleati in Siria e in Libano. Il conflitto incombente venne descritto «disastroso».
L’articolo dichiarava esplicitamente che:
Per danneggiare l’Iran, che è prevalentemente sciita, l’amministrazione Bush ha deciso di riconfigurare le sue priorità in Medio Oriente. In Libano l’Amministrazione ha collaborato con il governo dell’Arabia Saudita, che è sunnita, in operazioni clandestine volte a indebolire Hezbollah, l’organizzazione sciita appoggiata dall’Iran. Anche gli Stati Uniti hanno partecipato a operazioni clandestine indirizzate all’Iran e al suo alleato, la Siria. Un effetto collaterale di queste attività è stato il supporto dei gruppi estremisti sunniti che sposano una visione militante dell’Islam, e che sono ostili all’America e simpatizzano con Al-Qa’ida.
E, poiché la cospirazione venne scoperta durante l’amministrazione del presidente Usa George W. Bush, i tentativi della classe dirigente di categorizzare e sempre più evidentemente di appoggiare Al-Qa’ida e il cosiddetto «Stato Islamico» descrivendo ciò come un passo falso, o anche un «tradimento» dell’amministrazione Obama, non sono che un mero disegno politico. E’ invece chiaro che la politica e la sua attuazione attraverso due parti politiche in teoria diametralmente opposte, è un esempio di «continuità di agenda».
E, mentre la «destra» politica negli Stati Uniti finge indignazione e sospetti nei confronti dei legami dell’amministrazione Obama con le organizzazioni settarie estremiste, compresi gruppi con contatti diretti ad Al-Qa’ida, fu dimostrato da Hersh, nell’articolo del 2007, che l’amministrazione Bush in realtà iniziò tale supporto. Mentre questa scelta politica continua, Obama tiene calda la sedia della stanza ovale.
L’articolo di Hersh sostiene che:
Ci sono prove che la strategia di cambio di rotta dell’Amministrazione ha già giovato ai Fratelli Musulmani. Il Fronte di salvezza nazionale siriano è una coalizione di gruppi di opposizione i cui membri principali sono una fazione diretta da ‘Abdul Halim Khaddam, un ex vice-presidente siriano che disertò nel 2005, e dalla Fratellanza. Un ex funzionario di alto livello della Cia mi ha detto che «gli americani hanno fornito aiuti politici e finanziari. I sauditi guidano l’appoggio finanziario, ma c’è il coinvolgimento americano». Egli disse che Khaddam, che ora vive a Parigi, riceveva denaro dall’Arabia Saudita, e che la Casa Bianca ne era al corrente. (Nel 2005 una delegazione di membri del Fronte si incontrò con i funzionari del Consiglio di sicurezza nazionale, secondo rapporti della stampa). Un ex funzionario della Casa Bianca mi disse che i sauditi avevano fornito documenti di viaggio a membri del Fronte.
Walid Jumblatt disse di comprendere che per la Casa Bianca si trattava di un argomento delicato. «Dissi a Cheney che a qualcuno nel mondo arabo, soprattutto agli egiziani – la cui leadership moderata sunnita combatte i Fratelli musulmani egiziani da decenni – non sarebbe piaciuto se gli Usa avessero aiutato la Fratellanza. Ma se non si affronta la Siria si sarà a lungo in lotta frontale con Hezbollah in Libano, un avversario che si potrebbe non essere in grado di sconfiggere».
Questo appoggio si è manifestato sia in Egitto che in Siria, dove i Fratelli musulmani, la loro rete politica e i gruppi armati costituiti al loro interno sono serviti come base delle agitazioni e delle violenze che hanno avuto luogo con la protezione dei sommovimenti politici regionali organizzata dagli Stati Uniti, a cui spesso ci si è riferiti con l’espressione «Primavera araba». In Egitto i Fratelli musulmani sono riusciti per un po’ a ottenere il potere. In Siria la Fratellanza ha scatenato le violenze che hanno portato a una guerra lunga e devastante.
Forse tramite l’inchiesta di Hersh l’avvertimento più misurato venne lanciato da un ex agente della Cia in Libano:
Robert Baer, ex agente Cia per un lungo periodo in Libano, è stato un critico severo di Hezbollah, e ha segnalato i suoi legami con il terrorismo sponsorizzato dall’Iran. Ma ora, egli mi disse, «abbiamo gli arabi sunniti che stanno preparando un conflitto disastroso, e ci vuole qualcuno che protegga i cristiani in Libano. Di solito era la Francia, o gli Stati Uniti, ora i protettori sarebbero stati Nasrallah e gli sciiti».
Ciò è esattamente quello che sta accadendo in Medio Oriente e in Nordafrica, un conflitto devastante condotto da estremisti settari contro gruppi minoritari della regione, difesi soltanto da Iran, Siria e Hezbollah – mentre gli Stati Uniti e i loro alleati cercano di fare l’immaginabile per fermarli.
Chiaramente la Francia e gli Usa non possono riprendere il ruolo dei protettori delle minoranze della regione, essendosi gettati apertamente nel mucchio – come previsto da Hersh nel 2007 e com’è evidente oggi – con Al-Qa’ida e col l’Isis.
L’Isis è Al-Qa’ida – e l’America appoggia entrambe
I tentativi di categorizzare la responsabilità politica dell’ascesa e la propagazione dell’estremismo nel mondo arabo non è il solo gioco messo in atto dagli interessi particolari dell’Occidente. Si è cercato anche di categorizzare gli stessi estremisti.
In Siria, Al-Qa’ida, sotto forma del Fronte An-Nusra, è stata la fazione armata prevalente nel conflitto, a iniziare dal 2011. Ciò non secondo il governo siriano e «la propaganda di Bashar Al-Asad», ma secondo quanto dichiarato dal Dipartimento di Stato Usa che ha inserito il Fronte negli elenchi delle organizzazioni terroriste straniere nel 2012. La dichiarazione ufficiale afferma: «Il titolo terrorista del Fronte An-Nusra è un alias per Al-Qa’ida in Iraq».
Dal novembre 2011 il Fronte An-Nusra ha rivendicato circa 600 attacchi – da più di 40 attacchi suicidi a operazioni con piccole armi ed esplosivi improvvisati – nei centri delle maggiori città tra cui Damasco, Aleppo, Hamah, Dara’, Homs, Idleb e Deir Ez-Zur. Durante questi attacchi numerosi siriani innocenti sono stati uccisi. Tramite questi attacchi il Fronte An-Nusra ha cercato di presentarsi come parte della legittima opposizione siriana, mentre, in realtà, esso è un modo che ha Al-Qa’ida in Iraq (Aqi) per deviare la lotta del popolo siriano ai propri malefici propositi. L’emiro Abu Du’a controlla sia Aqi che An-Nusra. Abu Du’a è stato nominato dal Dipartimento di Stato con l’ordine esecutivo 13224 del 3 ottobre 2011, e dalle Nazioni Unite con la risoluzione del Consiglio di sicurezza 1267 il 5 ottobre 2011. Abu Du’a emette pure istruzioni per l’emiro di An-Nusra, Abu Muhammad Al-Jawlani, affidandogli l’incarico di iniziare le operazioni in Siria.
Scoprire che gli Usa e i loro alleati apparentemente consideravano An-Nusra parte della «legittima opposizione siriana» può scioccare.
Per rendere possibile ciò, An-Nusra lancia una campagna di relazioni pubbliche con l’aiuto del monopolio dei media occidentali e degli Stati Uniti – tra cui la Reuters, che nella sua inchiesta intitolata «Intuizione, il Fronte An-Nusra potrebbe lasciare Al-Qa’ida per formare una nuova entità», dichiarava:
Secondo alcune fonti i leader del Fronte siriano An-Nusra stanno valutando di tagliare i loro legami con Al-Qa’ida per dar vita a una nuova entità appoggiata da alcuni Stati del Golfo nel tentativo di rovesciare il presidente Bashar Al-Asad.
Fonti interne e vicine ad An-Nusra hanno dichiarato che il Qatar, che ha buone relazioni con il gruppo, sta incoraggiando il gruppo a proseguire, finanziandolo. 
Naturalmente An-Nusra è già protetto, aiutato, armato e supportato dalla Nato, e utilizza il territorio Nato in Turchia come base per le operazioni. E mentre la Reuter dipinge An-Nusra come «il nemico del nostro nemico», dichiarando che il cambiamento di marchio e il rilancio finanziario li aiuterebbe a combattere lo «Stato islamico», sotto ogni punto di vista An-Nusra e l’Isis sono già la stessa cosa.
La cosa peggiore è che questo trucco di dipingere Al-Qa’ida come un movimento duplice in conflitto con se stesso per categorizzare e usare la stessa organizzazione per multipli e, in certi casi, opposti obiettivi, lo si è già visto durante l’occupazione Usa dell’Iraq.
Il generale di brigata Kevin Bergner, portavoce capo dell’esercito americano, disse che l’inafferrabile Baghdadi era in realtà un personaggio fittizio le cui dichiarazioni audio registrate erano fornite da un vecchio attore chiamato Abu ‘Abdullah An-Naima.
Il trucco, disse Bergner, venne concepito da Abu Ayub Al-Masri, il leader, nato in Egitto, di Al-Qa’ida in Mesopotamia, per cercare di coprire il ruolo predominante degli stranieri nell’organizzazione ribelle. 
Il piano consisteva nell’inventare Baghdadi, un personaggio il cui solo nome indicherebbe le sue origini irachene, collocarlo a capo di un’organizzazione chiamata Stato islamico dell’Iraq, e quindi organizzare il giuramento di fedeltà nei suoi confronti da parte di Al-Masri. Ayman Az-Zawahiri, il vice di Osama Bin Laden, cercò di rafforzare l’inganno riferendosi ad Al-Baghdadi nei suoi video pubblicati su internet.
In realtà, lo «Stato islamico in Iraq» era fittizio. Si trattava sempre di Al-Qa’ida, e anche lo «Stato islamico di Siria e Iraq» era fittizio, sponsorizzato da un funzionario di Al-Qa’ida e da interessi stranieri.
La realtà di ciò non può essere illustrata meglio che dal caso del terrorista libico ‘Abdelhakim Belhadj. Già membro del «Gruppo libico islamico combattente» (Lifg) da decenni, egli viaggiava in Afghanistan a combattere i soldati americani subito dopo l’11 settembre. Venne anche catturato e arruolato negli Stati Uniti nel famigerato programma «rendition». Appena liberato dalla prigione in Libia, prontamente organizzò e guidò la ribellione armata contro il governo di Muammar Gheddafi, con armamenti Nato e persino con copertura aerea.
Un articolo del 2007 del Punto occidentale contro i centri del terrorismo (Ctc), che esaminava la provenienza dei combattenti stranieri contro le truppe di occupazione Usa catturate in Iraq, rivelò che i ribelli appoggiati dalla Nato in Libia guidati da Belhaj erano in realtà combattenti presi dal Lifg, considerato sia dal Dipartimento di Stato Usa che dal ministero degli interni del Regno Unito organizzazione straniera terrorista.
Image: US Senators John McCain and Lindsey Graham pose with senior Al Qaeda leader Abdulhakim Belhaj, after NATO delivered the nation of Libya to him and his terrorist organization in 2011. Belhaj is now reportedly operating under the banner of ISIS.

In sostanza, quindi, gli Usa e i loro partner Nato, consapevolmente e di proposito consegnarono la nazione libica e il suo popolo ad Al-Qa’ida. Nonostante il passato e il presente documentati, da terrorista, di Belhaj, i politici statunitensi si sono incontrati con lui, e lo hanno sommerso di encomi, di lodi, e di continuo supporto politico e militare. Tra questi politici ci sono stati il senatore Usa John McCain e Lindsey Graham, che lo hanno incontrato e gli hanno letteralmente stretto la mano sulle rovine della Libia.

Che McCain e Graham siano repubblicani che appoggiano il terrorismo, insieme a un presidente Usa democratico che, a quanto si dice, supporta anch’egli il terrorismo, illustra perfettamente come gli interessi speciali possiedono e controllano entrambi i lati degli schieramenti politici, e come entrambi gli schieramenti perseguano la medesima agenda.
Più recentemente, fonti di informazione Usa hanno sostenuto che attualmente Belhadj è alla guida della diramazione dell’Isis in Libia. Il Washington Times ha dichiarato in un articolo intitolato «Ribelle appoggiato dagli Usa ritenuto leader dello Stato islamico in Libia» che:
Secondo importanti notizie dalla Libia ‘Abdelhakim Belhadj, ex dirigente del Gruppo libico di combattenti islamici, collegato ad Al-Qa’ida, nonché figura di spicco nel rovesciamento di Muammar Gheddafi appoggiato dagli Usa, sarebbe affiliato allo Stato islamico e ne dirige le forze. Ciò in base ai tweet di Sara Carter, giornalista del The balze national security, e secondo quanto riportato da Catherine Herridge su Fox News.
Fonti di informazione occidentali hanno riportato dal novembre dello scorso anno che molti dei cosiddetti «ribelli» in Libia avevano iniziato a organizzarsi nelle file dell’Isis. La Cnn, in un articolo intitolato «L’Isis arriva in Libia», sostenne:
La bandiera nera dell’Isis sventola sugli edifici governativi. Le automobili della polizia portano l’emblema dell’Isis. Il campo di calcio locale è utilizzato per le pubbliche esecuzioni. Una città della Siria o dell’Iraq? No, una città sulla costa del Mediterraneo, in Libia.
Combattenti leali allo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria controllano ora completamente la città di Derna, 100 mila abitanti, non distante dal confine con l’Egitto e a circa 200 miglia dalle coste meridionali dell’Unione europea.
Fonti libiche hanno fatto sapere alla Cnn che i combattenti approfittano del caos politico per espandere rapidamente la loro presenza a occidente, lungo la costa.
Ciò vuol dire che i politici Usa hanno avuto un ruolo importante nel sostegno dell’Isis in Libia, sia che loro sostengano sia stato un appoggio accidentale che intenzionale – storia che fa da monito, in quanto gli stessi politici tentano di fare altrettanto in Siria e altrove.
Il cambio di etichetta dei terroristi Nato delegati in Libia, e i tentativi di appoggiare e armare, letteralmente, il Fronte An-Nusra di Al-Qa’ida in Siria, fanno presagire un conflitto incombente di dimensioni ancora non viste – che può coinvolgere il vicino della Libia, l’Egitto, e il vicino della Siria, l’Iran.
Il «conflitto disastroso» deve ancora arrivare
L’Egitto è scampato a malapena alla sottomissione dell’Occidente tramite la stessa rete dei Fratelli Musulmani utilizzata per destabilizzare e distruggere la Siria. Dopo essersi in un primo momento piegato alle correnti sociopolitiche liberatesi dalla «Primavera araba» del 2011, l’esercito egiziano si è ripreso, e ha cacciato i Fratelli musulmani dal potere con un colpo di stato.
Il nuovo governo egiziano a guida militare si è mosso con una velocità spietata per sopprimere la Fratellanza dall’interno. Centinaia di membri della Fratellanza, leader compresi, sono stati arrestati, processati e condannati a morte. Il governo a guida militare ha dimostrato zero tolleranza sia riguardo ai gruppi militanti interni che alle dimostrazioni di strada turbate da Ong statunitensi e utilizzate per coprire i militanti operativi.
Tutto ciò è stato eseguito con l’intenzione di risparmiare all’Egitto la guerra prolungata che la Siria sta vivendo.
Il fallimento del golpe della «Primavera araba» organizzato dall’Occidente con la caduta dei Fratelli musulmani, e con la conseguente incapacità di alimentare abbastanza malcontento entro i confini egiziani, ha portato all’improvvisa, opportuna apparizione dell’Isis nella vicina Libia. Azioni odiose di barbarie sono già state compiute su egiziani residenti in Libia con l’unico proposito di aizzare fiamme settarie entro i confini egiziani.
L’Egitto ha risposto supportando i gruppi militari in Libia contro gli estremisti settari di Belhaj, che ora sono operativi sotto le bandiere dell’Isis. L’Egitto ha anche condotto attacchi aerei su territorio libico. Il conflitto, dati gli atti di provocazione dei delegati della Nato, non può che continuare a espandersi.
Cosa accadrà, svelando l’Isis in Libia, sarà una corrente di terrorismo e militanza, appoggiata dalla Nato, diretta contro l’esercito egiziano e, se possibile, al cuore dell’Egitto stesso.
L’Egitto, con una popolazione di 80 milioni di persone, se dovesse soffrire lo stesso tipo di conflitto prolungato che sta subendo la Siria per mano di terroristi appoggiati dall’Occidente, subirebbe perdite umane incommensurabili, destabilizzerà il Nordafrica e il Medio Oriente – che cade sotto la sfera d’influenza egiziana – e metterà anche in pericolo la navigazione internazionale attraverso il canale di Suez, minacciando l’Europa con un afflusso di rifugiati in fuga da una zona di guerra di dimensioni mai viste ai giorni nostri.
Sia come parte di una strategia di destabilizzazione e distruzione dell’Egitto, che per tagliare le concessioni geopolitiche dal Cairo – compreso l’abbandono della Siria e il finanziamento dell’Egitto tra le sempre più frequenti ostilità verso l’Iran, l’uso dell’Isis da parte dell’Occidente in Libia è un’altra manifestazione di ciò che Seymour Hersh segnalò nel suo articolo del 2007.
L’Isis sarà la base di una forza mercenaria diretta opportunamente al cuore di ciascun nemico di Washington e di Wall Street, mentre, stranamente, l’Isis risparmierà tutti gli alleati occidentali.
Le continue violenze in Libia e in Siria sono solo l’inizio. Dovessero l’Iran e l’Egitto impantanarsi nella stessa spirale di violenza, alimentata da miliardi su miliardi in contanti, equipaggiamenti e armi che arrivano nella regione da ogni angolo della terra, il «conflitto disastroso» previsto nel 2007 sarà compiuto.
Esso non finirà in Medio Oriente. Se riuscirà a fondare un’egemonia lì, il caos si diffonderà in ogni angolo del globo. Prima nella Russia meridionale e nella Cina occidentale, poi oltre. La domanda non è se, ma quando si verrà colpiti dal conflitto.
Estirpare i cospiratori
Questa non è la guerra di Obama, né è una guerra «repubblicana» o «neo-con». Questa è una guerra per l’egemonia globale fatta dalle corporazioni, dalle banche e dalle istituzioni di Wall Street e di Washington che trascendono le elezioni politiche e che posseggono partiti di ambo le parti e in tutti gli angoli dell’attuale, prevalente paradigma politico. Piacere a un partito politico controllato da questi interessi è la definizione dell’inutilità.
Per indebolire e sradicare questi interessi particolari e queste corporazioni, banche e istituzioni devono essere sostituite da alternative locali – a livello nazionale in tutto il pianeta, e a livello provinciale, statale e locale in ciascuna nazione.
Non si tratta in particolare di Walmart, Pepsi o Exxon in quanto società per azioni, ma della concentrazione di potere, ricchezza e influenza che queste corporazioni collettivamente rappresentano. Spesso gli stessi membri del consiglio di amministrazione e degli interessi finanziari partecipano in ciascuna società, ed è questa manciata di azionisti che, alternatamente, finanziano i think tank che guidano l’informazione politica che orienta le guerre di aggressione, compresa quella attuale appaltata all’Isis e ad Al-Qa’ida.
Decentralizzare questi ampi monopòli tramite la creazione e la diffusione di alternative locali indebolirà la loro capacità di esercitare il potere arbitrario e l’influenza di cui attualmente godono. Se sia da decentralizzare la grande distribuzione, la grande comunicazione, la grande industria farmaceutica o la grande industria automobilistica, o se siano da colpire monopòli specifici come Facebook, c’è già chi sta lavorando, in tutto il mondo, perché ciò accada: serve che più gente abbandoni le distrazioni e gli svaghi perpetui della politica globale per iniziare a rivolgersi alla localizzazione.
I media alternativi hanno già dimostrato il potere delle persone che da consumatori diventano produttori, e la ridistribuzione, l’equilibrio del potere e l’influenza che ciò crea. Immaginiamo di affrontare tutti i monopòli in modo simile.
Mentre i conflitti che devastano il Medio Oriente e il Nordafrica appaiono lontani, il fatto che un simile caos sia disseminato dalla Nato sulla soglia dell’Europa, in Ucraina, significa che, se non affrontati, presto questi conflitti toccheranno tutti direttamente, ovunque. Invece di organizzare proteste o imbracciare le armi in una battaglia impossibile e fittizia contro la tirannia, decentralizzare i grandi monopòli a livello globale e sviluppare delle comunità localmente è una cosa che possiamo cominciare a fare oggi – ad esempio semplicemente curando un orto per ridurre in primo luogo la dipendenza dai grandi produttori agricoli. Nel prossimo futuro queste attività possono diventare redditizie e, prima di allora, sicuramente saranno costruttive e daranno soddisfazione.
Non ci perdiamo niente a provare, ma se non ci proviamo perdiamo tutto.
Traduzione di Stefano Di Felice