Il doppio fronte di Israele: una lotta costante per il controllo delle corporation dell’informazione americane.

Di James M. Wall

Prima che la Flotilla si mettesse in viaggio verso Gaza, si dovevano raggiungere i lettori con informazioni della propaganda israeliana (hasbara). Il caso americano dei primi due articoli pubblicati il 2 luglio.

Un anno fa, le forze di difesa israeliane hanno provocato a Israele la sua peggiore sconfitta mediatica nella storia moderna.

I commando israeliani, in ottemperanza alla propaganda del loro governo, secondo cui la sicurezza era a rischio, atterrarono sulla nave turca Mavi Marmara, pronti per la battaglia e determinati a impedire che la nave rompesse l'assedio israeliano sulle coste di Gaza. Nove attivisti turchi furono uccisi, di cui uno turco-americano.

Quest’anno il governo israeliano ha sottratto il lavoro di abbordaggio della flotilla all'Idf e l'ha dato alla guardia costiera greca, tenendo lontano gli uomini del proprio esercito. Il 4 luglio, mentre gli Stati Uniti celebravano il Giorno dell'Indipendenza, Israele estendeva il blocco sull’Egeo.

Ma cosa ha portato la Grecia a fare da avamposto di Israele nell’Egeo? “Gola profonda” potrebbe rispondere subito: “Lo ha fatto per denaro”, ovvero per i 17 miliardi di dollari di cui Israele e Usa sapevano che la Grecia aveva bisogno per scampare al collasso economico.

La diplomazia funziona a senso unico per mezzo dei negoziati. Un altro modo, quando una parte minaccia il default, è quello di trasferire denaro da una nazione economicamente più potente a una meno, contro la concessione di parte della sovranità e della libertà nazionali per lasciare che la nazione più forte abbia il controllo su segmenti delle politiche interne e estere.

Garantiti questi 17 miliardi di dollari, la Grecia ha emesso l’editto: “Nessuna nave della Flotilla potrà partire per Gaza da nessuno dei nostri porti”.

La nave americana, ottimisticamente chiamata “The Audacity of Hope”, è salpata, determinata a rompere il blocco di Gaza. Come programmato, la Guardia costiera ellena ha abbordato Audacity (i commando greci vengono mostrati di sotto in azione). Gli unici regali che i commando greci hanno portato a bordo erano armi a sufficienza per sottomettere attivisti per la pace europei e americani disarmati.

Phillip Weiss, a capo di Mondoweissha spiegato nel suo sito quanto è accaduto su quella nave:

“I membri di 'The Audacity of Hope' hanno iniziato uno sciopero della fame per chiedere al governo Usa di difendere il nostro diritto a salpare dalla Grecia. Lo sciopero è iniziato di fronte all'ambasciata Usa, in strada Vasilisis Sophias 91, ad Atene. I digiunanti hanno consegnato una lettera urgente all'ambasciata e hanno programmato di passare la notte fuori dai cancelli dell'ambasciata.

I passeggeri e gli organizzatori della Us Boat che prendono parte al digiuno sono: Medea Benjamin, Ken Mayers, Paki Wieland, Kathy Kelly, Ray McGovern, Helaine Meisler, Nic Abramson e Carol Murry…

La partenza di Us Boat to Gaza fu dapprima rallentata da una denuncia presentata da un centro legale israeliano, poi dimostratosi priva di fondamenta. Poi, le autorità greche hanno ispezionato la nave, ma, fino alla partenza, cinque giorni dopo, il risultato di tale ispezione non è mai stato comunicato al capitano e al suo equipaggio.

La Guardia costiera greca ha fermato 'The Audacity of Hope' circa 20 minuti dopo che essa aveva lasciato il porto, venerdì 1° luglio. Commando hanno ordinato al capitano di fermarsi, cosa che egli ha fatto. Commando a mano armata hanno ordinato alla barca di tornare indietro.Essa è ora attraccata in un porto militare ad Atene, e il capitano è stato arrestato”.

Il capitano di Audacity, John Klusmer, un cittadino americano della California, è stato inizialmente detenuto in una prigione greca. Ci sono stati report secondo i quali egli è stato deprivato dei diritti basilari. Il sito web USTOGAZA, riporta frequenti aggiornamenti sulla Flotilla. Il sito ha pubblicato un aggiornamento su tweet sul rilascio del capitano Klusmer, il 5 giugno. Su di lui pendono ancora denunce penali.

Per un report su John Kluzmer da un membro della sua famiglia, vedete il commento n. 3 sotto.

Il secondo fronte dal quale Israele sta lottando per osteggiare la Flotilla per Gaza è il controllo sulle corporazione dei media statunitensi. Programmati per raggiungere i lettori ben prima della partenza delle navi, due colonne pro-sioniste comparvero nel “Chicago Tribune” e nel “Los Angeles Times”, firmati da due diversi esperti accademici di diritto internazionale. Entrambi concludevano riconoscendo a Israele il diritto legale di fermare la Flotilla “dall’invadere le acque di Gaza”.

Le due colonne erano dichiarazioni di “hasbara” standard israeliana (in ebraico, spiegazione o propaganda). Pensate all'uso da parte di Fox News o a Tea Party di una singola prospettiva per spingere un'ideologia, e capirete dove è caduto il giornalismo americano negli ultimi decenni.

Il Los Angeles Times un tempo era un quotidiano onorevole e rispettato, ma come racconta James O'Shea nel suo libro, The Deal from Hell: How Moguls and Wall Street Plundered Great American Newspapers, quando la Tribune Company acquistò la Times Mirror Company con sede a Los Angeles, ha trascinato il Times ai livelli del Tribune, ovvero quelli di un giornale super-conservatore, la cui nozione di servizio pubblico è totalmente al livello più basso.

O'Shea, che lavora sia per il Times sia per il Tribune, ha descritto la nuova linea editoriale dei due giornali come segue:

“Invece di sviluppare strategie per produrre il tipo di contenuto che proteggerebbe il loro importante interesse – la fiducia del pubblico – essi la disprezzano come una vecchia Linotype”.

Né il Tribune né il Times hanno offerto una prospettiva da parte della Flotilla, nelle colonne della “hasbara”. Metà della storia non è la storia intera, specialmetne quando i nuovi articoli falliscono nel riportare cosa sta accadendo a degli americani che stanno tentanto di fare una protesta pacifica all'estero. Un giornale che è ridotto a servire la propaganda non è più giornale.

Non è neanche un “free press” (stampa libera, ndr). Cynthia Boaz, che scrive su TruthOut.org, descrive cosa ha fatto questa forma di cosiddetto giornalismo alla professione:

“Non c'è nulla di più sacro per il mantenimento della democrazia che una stampa libera. L'accesso a una qualità dell'informazione accurata, completa e di qualità è essenziale alla manifestazione della cittadinanza secondo Socrate – la società caratterizzata da una popolazione impegnata socialmente e ben informata. Laddove il grado di accesso all'informazione di qualità è volutamente o non intenzionalmente ostruita, la stessa democrazia è degradata”.

L'articolo sul Tribune è stato scritto da Robert P. Barnidge Jr., un docente alla scuola di Legge dell'università di Reading, in Inghilterra. Barnidge ha scritto in precedenza per il giornale conservatore di Washington DC, Washington Times, e contribuisce con frequenza al sito web della American Association of Middle East Studies. Barnidge conclude che Israele può, per il diritto internazionale – intercettare le navi che tentano di entrare nelle acque di Gaza.

(…).

The Los Angeles Times,  apriva con un articolo di Amos Guiora, il 2 luglio, lo stesso giorno della pubblicazione dell'articolo di Robert P. Barnidge, sul Chicago Tribune. Ira Glunts lo commentava su Mondoweiss:

“(…) Gli argomenti che il prof. Guiora adopera rappresentano pura 'hasbara', che ti fa chiedere perché il giornale abbia scelto di pubblicare un pezzo così mediocre. Guira, che è un cittadino israeliano, nato e cresciuto negli Usa, è identificato soltanto come professiore di legge presso l'università dello Utah e come l'autore di Freedom from Religion: Rights and National Security.

“Ciò che il giornale non rivela è che Guiora ha passato 18 anni in posizioni di comando nell'Idf, raggiungendo il grado di Luogotenente Colonnello nel Comando generale dell'Idf. Questa omissione è stata portata all'attenzione della direzione, ma non è stata fatta alcuna rettifica”.

Oltre a questi due articoli, ci sono state le solite storie sioniste del corrispondente da Gerusalemme del New York Times, Ethan Bronner. In una storia, egli ha riferito che l'economia di Gaza sta risorgendo dalle ceneri, che per gli abitanti di Gaza suona più come se essi stiano vivendo in un villaggio Potemkin in stile sovietico piuttosto che la realità attualmente esistente in una Gaza circondata da guardie armate.

Una settimana dopo, Bronner aveva scritto un articolo la pretesa che fosse “equilibrato” Le sue distorsioni sono lampanti. Egli afferma che la Flotilla vede se stessa come una moderna versione di Exodus, la nave che, ai tempi tentò di portare i rifugiati ebrei europei nella Palestina controllata dalla Gran Bretagna, alla fine della seconda Guerra mondiale. Il romanzo di Leon Urs e il film che ha fatto seguito sono stati precedenti esempi di 'hasbara', propaganda per convincere il mondo della giustezza della creazione dello Stato di Israele.

Il paragone con Exodus è senza merito perché lo scopo di Audacity of Hope è di portare speranza a Gaza, non rifugiati. Bronner, vergognosamente, richiama alla mente Exodus perché rappresenta un'icona per il pubblico israeliano e per i suoi sostenitori americani.

Nel cargo di Audacity c'è una collezione di lettere di americani e europei che ricordano ai gazesi che non devono mollare, perché non sono solo. Una minaccia alla sicurezza di Israele? Dipende da cosa si definisce il concetto di sicurezza.

Prima della loro partenza da Atene, i passeggeri a bordo di Audacity hanno prodotto un breve video, “To Gaza with love“. Molti nomi e facce familiari sono coinvolti in questo viaggio definito come “la sfida all'oppressione” in Gaza.

http://uprootedpalestinians.blogspot.com/2011/07/israel-battles-gaza-flotilla-on-two.html

 

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