Il governo israeliano più estremista e razzista della storia

11203145_486179804879609_8563106670105605643_nDi Richard SilversteinIsraele ha nominato il suo nuovo governo e i nomi sono l’elenco dei politici più rabbiosi, razzisti, brutali e crudeli della nazione. L’unico che potrebbe rivaleggiare con loro, e che manca dallo spettacolo, è Avigdor Lieberman, escluso per suoi propri motivi politici. In passato, nazioni del mondo hanno isolato dei capi politici di altre nazioni e si sono rifiutate di incontrarne i leader le cui idee erano così deleterie da cadere fuori dal consenso internazionale. Esempi di ciò sono Kurt Waldheim e Jorg Haider. E’ giunta l’ora di isolare il governo israeliano. E’ difficile scegliere chi di loro meriti maggior ostracismo.
Diverse altre pubblicazioni hanno trattato l’argomento, ma non troverete una lista più dettagliata o un elenco dell’odio più completo di questo.

Moshe Yaalon: ministro della Difesa, ha annunciato che Israele considererà l’uso di armi atomiche contro l’Iran, ma «i tempi non sono ancora maturi». Ha definito Peace Now (organizzazione pacifista israeliana, ndt) un virus, e ha parlato dei palestinesi come di un cancro, dicendo: «Secondo alcuni andrebbero amputati degli organi, io al momento applicherei la chemio terapia».
Rabbi Eli Ben Dahan: viceministro della Difesa, ha chiamato i palestinesi «animali». Ha detto: «Gli ebrei hanno sempre un animo più elevato dei goym, anche se sono gay». Egli occuperà la posizione di capo dell’amministrazione israeliana per i Territori palestinesi. Immaginiamo cosa penseranno di lui le «bestie».
Tzipi Hotovely: viceministro degli Esteri: si oppone con ostinazione alla soluzione dei due Stati, appoggia l’annessione della Cisgiordania, ha invitato Lehava – organizzazione non governativa che invoca la purezza razziale ebraica – al parlamento.
Naftali Bennet: ministro dell’Istruzione e della Diaspora ebraica. Appoggia l’espulsione dei palestinesi dalla Cisgiordania e la pulizia etnica. Ha detto: «Nella mia vita ho ucciso molti arabi, e non me ne faccio un problema». Ha anche chiesto di sparare ai palestinesi. Contrario alle rivendicazioni dei diritti omosessuali in Israele, si oppone al matrimonio gay. Sarà responsabile della giudaizzazione del Negev, ovvero della pulizia etilica dei beduini.
Ayelet Shaked: ministro della Giustizia, ha appoggiato l’idea dei coloni relativamente al fatto che le madri palestinesi andrebbero ammazzate in quanto generano «serpenti» che attaccano Israele. Un editorialista anglo-israeliano ha scritto che «dietro il suo volto innocente si nasconde l’angelo della morte».
Moshe Kahlon: ministro delle Finanze, cosiddetto moderato del gruppo, si occupa solo di questioni economiche.
Danny Danon: ministro della Scienza, della Tecnologia e dello Spazio: «Il più grande problema di Israele è costituito dagli arabi israeliani». Espulso da Netanyahu nello scorso governo dopo aver condannato il cessate il fuoco a Gaza, l’estate scorsa.
Miri Regev: ministro dello Sport e della Cultura, durante violente sommosse anti-africani a Tel Aviv, ha incitato la folla definendo le vittime un «cancro», poi scusandosi con chi è affetto da tumore.
Silvan Shalom: ministro dell’Interno, il più ricco membro del parlamento, non ha passato la campagna per la presidenza, ha rifiutato l’incarico da ministro degli Esteri che desiderava, ha detto che il 16% dei residenti di Eilat, che sono profughi africani, «mettono in pericolo il futuro della città».
Yoav Galant: ministro delle Costruzioni (responsabile per la costruzione delle colonie), non ha ottenuto il posto di capo del personale delle Forze di difesa israeliane per cui si era proposto, ha mentito durante una deposizione legale e rubato terreno pubblico per ingrandire la propria villa privata.
Aryeh Deri: ministro dell’Economia e dello Sviluppo del Negev; è un ex-criminale, colpevole di aver intascato mazzette per 155 mila dollari, ha scontato 3 anni di carcere.
Uri Ariel: ministro dell’Agricoltura e dello Sviluppo rurale; come ministro nell’ultimo governo, ha silurato da solo le relazioni Usa-Israele annunciando migliaia di nuovi insediamenti nel corso di delicati negoziati per la pace, ammettendo che avrebbe fornito ai coloni informazioni sui movimenti delle truppe delle Forze di difesa israeliane.
Zeev Elkin: ministro dell’Immigrazione e dell’assimilazione, «fiero di essere un colono», ha ammesso di essere disposto a spiare le Forze di difesa per conto dei coloni estremisti.
Yisrael Katz: ministro dei Trasporti e della Sicurezza stradale, ministro dell’Intelligence: sospeso dagli studi presso l’Università Ebraica per aver usato violenza in incontri universitari di studenti palestinesi.
Ophir Akunis: ministro senza portafoglio, nega l’esistenza di un popolo palestinese o il suo diritto a stabilirsi in terra di Israele (anche se all’interno della Green Line), sostiene il diritto di Israele su tutti i territori dall’Egitto al fiume Giordano. Ha sponsorizzato il disegno di legge sulla restrizione di fondi esteri a Ong di estrema sinistra. Riguardo tali Ong, egli le ha paragonate ad agenti sovietici in America smascherati dal senatore McCarthy. «Il senatore McCarthy aveva ragione affermando che c’erano agenti sovietici in America».
Haim Katz: ministro del Benessere e dei Servizi sociali, accusato di aver concordato per il Likud quote di migliaia di impiegati dell’industria della difesa israeliana da lui gestiti (che votarono per lui alle primarie) da pagare da parte delle Ong anch’esse sotto sua supervisione.
Yuval Steinitz: ministro delle Infrastrutture, Energie e Acqua
Yariv Levin: ministro della Sicurezza interna e del Turismo, ha accusato la Corte suprema di abbracciare valori in disaccordo con i valori «tradizionali» del pubblico: ha detto che «ciò ha messo in pericolo la nostra capacità di assicurare la nostra esistenza».
Gila Gamliel: ministro degli affari degli anziani: accusata di aver offerto una mazzetta a un concorrente candidato del consiglio studentesco all’Università Ben Gurion.
David Azulay: ministro dei Servizi religiosi.
Avi Gabay: ministro dell’Ambiente.
Benny Begin: ministro senza portafoglio, figlio di Menachem Begin, espulso dalla leadership del partito durante le ultime primarie per la sua visione cosiddetta «moderata». A quanto pare egli è stato incluso come foglia di fico moderata in un governo estremista.

Netanyahu manterrà il ministero degli Esteri per se stesso, sperando di convincere Buji Herzog a unirsi alla sua coalizione. Pur non avendo mai sottostimato l’avidità dei leader israeliani per il potere, non vedo perché Herzog debba gettare a Netanyahu un salvagente. L’attuale governo ha la maggioranza per un seggio. Potrebbe cadere per il capriccio di uno solo dei suoi 61 membri. E se anche Herzog tradirà i pochi principi a cui è fedele, dove starebbe la gloria? La storia dimostra che i leader moderati e i partiti che si uniscono alla coalizione con lui (Barak, Lapid ecc.) finiscono spazzati via nelle elezioni successive.

Questo non è semplicemente un governo dell’odio, è un governo di guerra. Prevedo che se esso sopravviverà al suo termine ci saranno due guerre: una contro il Libano e una contro Gaza. Ulteriore predizione: almeno 5000 civili verranno uccisi. Il mondo potrebbe voler riflettere su quante guerre israeliane è ancora disposto ad accettare prima di dire Dayenu, (è abbastanza).

I governi del mondo potrebbero cominciare a considerare come giustificare il mantenimento dei contatti con individui la cui visione spazia dal genocidio ai meri impulsi omicidi.
Questo governo non è solo non democratico, esso aborre la democrazia per i non ebrei.
Il presidente Obama ha un’idea generale di ciò che ci attende. Ma in un’affermazione pubblica egli ha riconosciuto solo «alcuni» dei nuovi ministeri che non condividono la sua visione:
«Io continuo a credere che la soluzione dei due Stati sia assolutamente vitale non solo per la pace tra israeliani e palestinesi, ma per la sicurezza a lungo termine di Israele in quanto Stato ebraico e democratico. So che è stato formato un governo che contiene degli elementi che non credono necessariamente a questo presupposto, ma questo continua ad essere il mio presupposto».

In realtà, nessuno di loro ci crede. Non uno di questi ministri israeliani crede alla soluzione a due Stati. Quindi Obama dovrebbe avere in mente che una soluzione a due Stati non è possibile. Anzi, questo governo appoggia una soluzione a uno Stato, solo per ebrei. E ciò non è solo ingiusto, dovrebbe anche essere impossibile. Obama avrebbe dovuto essere deciso con Israele da molto tempo. Permetti al Consiglio di sicurezza di considerare lo Stato palestinese. Appoggia un rinvio di Israele al Tribunale criminale internazionale.

Allo stesso modo, il nostro congresso potrebbe voler considerare come approvare una legislazione che voglia metter fuori legge il movimento Bds quando questo movimento lotta contro un governo la cui visione collettiva è altrettanto odiosa. Se si sanziona il Bds, quali strumenti restano al mondo per resistere a tanta malvagità? Il mondo deve rendersi conto che le parole non bastano più. Ci vogliono azioni più decise.

Traduzione di Stefano Di Felice