Il Grande Divario: il COVID-19 rispecchia il razzismo globale, le disuguaglianze

Palestine Chronicle. Di Ramzy Baroud. Il concetto secondo il quale la pandemia del COVID-19 sia “il grande livellatore” dovrebbe ormai essere morto e sepolto. Semmai, questa malattia letale é soltanto un altro monito sulle profonde divisioni e disuguaglianze presenti nelle nostre società. Detto questo, la cura della malattia non dovrebbe essere una ripetizione dello stesso vergognoso scenario.

Per un intero anno, celebrità internazionali e funzionari governativi ci hanno ricordato che “in tutto questo, siamo insieme”, “ci troviamo sulla stessa barca”, con artisti del calibro della cantante statunitense Madonna che, parlando dalla sua villa, immersa in un “bagno di latte cosparso di petali di rosa”, ci raccontava che la pandemia si è rivelata un grande livellatore.

“Come dicevo ogni sera alla fine di ‘Human Nature’, siamo tutti sulla stessa barca. E se la nave affonda, affonderemo tutti insieme”, riportava la CNN all’epoca.

Tali dichiarazioni, come quelle di Madonna, ed anche di Ellen DeGeneres, hanno attirato l’attenzione dei media, non solo perché sono entrambi personaggi famosi con un enorme seguito sui social media, ma anche a causa dell’evidente ipocrisia della loro vuota retorica. In verità, però, queste stavano solo ripetendo le procedure standardizzate seguite anche dai governi, dalle celebrità e dai ricchissimi influencer di tutto il mondo.

Ma realmente “in tutto questo, siamo insieme”? Con tassi di disoccupazione saliti alle stelle in tutto il mondo, centinaia di milioni di persone che si arrabattano per sfamare i propri figli, moltitudini di famiglie anonime e sfortunate che arrancano senza poter accedere ad un’adeguata assistenza sanitaria, nutrendosi di speranze e di preghiere per riuscire a sopravvivere alle piaghe della povertà, figuriamoci la pandemia – non si può, con la coscienza pulita, fare affermazioni così oltraggiose.

Non soltanto non ci troviamo “sulla stessa barca”, ma, certamente, non ci siamo mai stati. Secondo i dati della Banca Mondiale, circa la metà della popolazione mondiale vive con meno di 5,5 dollari al giorno. Questa triste statistica fa parte di un impressionante percorso di disuguaglianza che ha afflitto l’umanità per molto tempo.

La difficile situazione di molti dei poveri del mondo è aggravata nel caso dei rifugiati di guerra, che sono doppiamente vittime, del terrorismo di stato e della violenza, e della mancanza di volontà, da parte di coloro che avrebbero le risorse, a farsi avanti per restituire parte delle loro ricchezze, in gran parte immeritate.

La metafora della barca è particolarmente interessante nel caso dei rifugiati; milioni di essi hanno cercato disperatamente di fuggire dagli inferni della guerra e dalla povertà su barche sgangherate o gommoni, sperando di attraversare regioni disastrate, dirigendosi verso luoghi più sicuri. Questo spettacolo è divenuto tristemente familiare negli ultimi anni, non solo in tutto il Mar Mediterraneo, ma anche in altri specchi d’acqua in tutto il mondo, specialmente in Birmania dove centinaia di migliaia di Rohingya hanno cercato di sfuggire al loro genocidio in atto. Migliaia di loro sono annegati nel Golfo del Bengala.

La pandemia del COVID-19 ha accentuato e, in effetti, accelerato le forti disuguaglianze che esistono individualmente in ogni società e, più in generale, nel mondo. Secondo uno studio condotto negli USA dal Brookings Institute, nel giugno del 2020, il numero di morti dovuto alla malattia rispecchia una evidente logica razziale. Molti indicatori inclusi nello studio non lasciano alcun dubbio sul fatto che il razzismo sia un fattore centrale nel ciclo vitale del COVID.

Ad esempio, tra coloro che hanno dai 45 ai 54 anni, “Le percentuali di morti tra i neri e gli ispano-latini sono almeno sei volte più alte che tra i bianchi”. Sebbene i bianchi costituiscano il 62 percento della popolazione statunitense, in riferimento a questo specifico gruppo di età, solo il 22 percento dei morti erano bianchi. Le comunità nere e latine sono state quelle più colpite.

Secondo questo ed anche altri studi, il presupposto principale che sta alla base della discrepanza tra i tassi di infezione e mortalità derivanti da COVID tra i vari gruppi razziali negli Stati Uniti è la povertà che é, essa stessa, un’espressione di disuguaglianza razziale. I poveri non hanno accesso, o hanno un accesso limitato, all’assistenza sanitaria adeguata. Per i ricchi questo fattore ha una scarsa rilevanza.

Inoltre, le comunità più povere tendenzialmente svolgono lavori nel settore dei servizi, con retribuzioni più basse e dove il distanziamento sociale é quasi impossibile. Con scarso sostegno da parte del governo, per aiutarli a sopravvivere ai numerosi lockdown, fanno tutto ciò che é in loro potere per provvedere il necessario ai loro figli, solo per poi essere infettati dal virus o, ancor peggio, morire.

Ci si attende che questa iniquità continui anche nel modo in cui i vaccini vengono resi disponibili. Mentre diverse nazioni occidentali hanno lanciato o programmato le loro campagne di vaccinazione, si prevede che le nazioni più povere del globo attenderanno a lungo prima che i vaccini salvavita siano resi disponibili.

Nei 67 paesi poveri o in via di sviluppo, la maggior parte dei quali si trova in Africa e nell’emisfero sud, probabilmente soltanto un individuo su dieci riceverà il vaccino entro la fine del 2020, secondo quanto riportato dal sito web Fortune Magazine.

L’inquietante rapporto cita uno studio condotto da una associazione umanitaria e per i diritti umani, la People’s Vaccine Alliance (PVA), che include Oxfam e Amnesty International.

Se esiste una strategia, a questo punto, è il deplorevole “accaparramento” del vaccino da parte delle nazioni ricche. La dottoressa Mohga Kamal-Yanni del PVA ha prospettato questa consapevolezza quando ha affermato che “i paesi ricchi hanno dosi sufficienti per vaccinare quasi tutti tre volte, mentre i paesi poveri non ne hanno nemmeno abbastanza per raggiungere gli operatori sanitari e le persone a rischio”. Questo, a dispetto delle innumerevoli conferenze che propagandano la necessità di una “risposta globale” alla malattia.

Ma non è detto che debba essere in questo modo.

Mentre è probabile che le disuguaglianze di classe, razza e genere continueranno a devastare le società umane anche dopo la pandemia, come hanno sempre fatto, per i governi è possibile usare questa tragedia collettiva anche come un’opportunità per colmare il divario di disuguaglianza, anche se solo di poco, come punto di partenza per immaginare un futuro più equo per tutti noi.

Le persone povere e dalla pelle scura non dovrebbero essere lasciate morire quando le loro vite possono essere salvate da un semplice vaccino, ampiamente disponibile.

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi