Il pane dà fastidio: coloni israeliani citano in giudizio comunità beduina

002Memo. Una coppia di coloni israeliani sta cercando di citare in giudizio una comunità beduina per i fumi emessi dal loro forno del pane. Yaakov e Bareket Goldstein, della colonia illegale di Carmel, sostengono che il forno per il pane, costruito con materiali naturali, emette così tanto fumo da risultare dannoso per la salute della loro famiglia. Essi sperano di ottenere, dai beduini indigenti sul cui terreno è stato costruito l’insediamento, un risarcimento di 28 mila 650$, anche se la coppia ritiene che i danni ammonterebbero a più del doppio di tale cifra. Al risarcimento, richiesto per presunti, non specificati danni legati ai fumi, va ad aggiungersi la cifra di 300 shekel al giorno dalla data di presentazione del reclamo.
A seguito di un ordine di demolizione emesso nei confronti del forno del pane dall’Amministrazione civile nel 2010, l’Alta corte di giustizia ha emesso un ordine temporaneo di divieto di distruzione, tenendo conto di una petizione presentata dai residenti. Durante l’udienza sulla petizione, tenutasi circa tre mesi fa, l’avvocato della comunità, Jiat Nasser, ha accettato di ritirarla in quanto il pubblico ministero Uzi Vogelman aveva previsto la possibilità che lo Stato dovrebbe accettare la richiesta retroattiva, da parte dei residenti, per un permesso di costruzione del forno. Due giorni dopo la cancellazione della petizione, l’avvocato Doron Nir-Tzvi ha presentato la causa dei Goldstein. Nasser ritiene che si tratti di un tentativo di spaventare i beduini in seguito alla sentenza del giudice Vogelman.
Nel ripido paesaggio delle colline a sud di Hebron, Suleiman ‘Aid, il 65enne ritenuto responsabile del forno, si accucciato a terra rivolto verso l’immacolato insediamento di Carmel. Da quando i bulldozer israeliani arrivarono sul suo terreno nel 1980, le costruzioni nell’insediamento adiacente sono continuate, accogliendo sempre più coloni ebrei desiderosi di stabilirsi in “Giudea e Samaria”. Yaakov e sua moglie erano tra loro, e si trasferirono a Carmel con i loro quattro figli nel 2008.
Guardando le capre e le pecore che pascolano sulla sua terra, Suleiman ha detto: “Venimmo qui e comprammo questa terra dopo essere stati cacciati dal Negev. Nel 1981 mio padre possedeva più di 1000 pecore e capre; oggi ne abbiamo solo 150”. Suleiman, uno degli anziani del villaggio, è tra gli imputati nella causa Goldstein. Oltre al risarcimento danni, Yaakov ha presentato una denuncia alla polizia nei confronti dell’anziano, che secondo Goldstein lo avrebbe minacciato di morte. Pur parlando arabo, tutti i documenti dei beduini sono scritti esclusivamente in ebraico.
Il forno per il pane, usato per cuocere il pane tradizionale dei beduini, secondo gli abitanti di Umm al-Kheir venne costruito 30 anni fa. Essi sostengono anche che il vento soffia in direzione dell’insediamento solo un mese all’anno, gettando dubbi sulle affermazioni dei Goldstein. Ma secondo la coppia la comunità beduina avrebbe oltrepassato i confini demaniali ed avrebbe costruito il forno “diversi anni fa”. Essi sostengono inoltre che il fumo e l’odore disturba la loro vita quotidiana. Il figlio di Suleiman ha detto che “loro trattano la questione come se fosse Chernobyl. Noi non costruimmo il forno più di 30 anni fa per disturbare Yaakov nel 2008. Vorrei che egli fosse un vicino buono e tranquillo, ma alcuni coloni si rifiutano di esserlo. Non li attaccheremo, non lo abbiamo mai fatto e non lo faremo. Siamo diversi da loro, noi siamo pacifici. Chiediamo solo di lasciarci stare, siamo stanchi. Siamo sfollati di Beer Sheba”.
Nonostante la vicinanza estrema, la comunità beduina di Umm al-Kheir non è stata collegata alla rete elettrica e alle tubature dell’acqua che servono i coloni come Yaakov e Bareket, e vive in abitazioni prive di acqua corrente. Essi sgraffignano l’unico comfort moderno alla loro portata, la connessione a internet, dalla rete wireless dei coloni. Appartenente alla tribù Hadalin, originaria di Tel Arad, la comunità è stata espulsa nei primi anni Cinquanta da Israele. Dopo essersi insediati dove si trovano ora, avendovi acquistato un grosso appezzamento di terreno dagli abitanti del vicino villaggio di Yatta, i beduini temono ora di dover affrontare un’altra espulsione.
Di recente essi affermano di aver sentito dire da ul leader druso dell’Ufficio di coordinamento distrettuale che Israele avrebbe reclamato un altro pezzo del loro territorio, che verrebbe dato loro per espandere l’insediamento. Secondo gli abitanti, dopo la visita di Suleiman nella zona di cui sopra, egli sarebbe stato portato in una stazione di polizia israeliana per otto ore, dove è stato sottoposto a un’ora e mezza di interrogatorio per aver “sconfinato in territorio israeliano”. La comunità dichiara di non essere stata informata di questo cambiamento di proprietà della terra.
“I coloni insisteranno su tutte le cause: sulla terra, sul forno, e quando il caso del forno sarà terminato ne troveranno un altro”, dice un abitante di Umm al-Kheir: “La verità è che non si tratta del forno”.
Un paio di settimane prima i coloni scesero dall’area disputata dove avevano eretto una struttura, diretti verso la comunità beduina, attaccando il loro bestiame che si trovava al pascolo. “Non abbiamo mai visto una cosa del genere prima”, ha detto un abitante. “Sembra una nuova politica, aggressiva, rabbiosa”. L’incidente, ripreso dagli abitanti in un video di 40 minuti, è accaduto alla presenza di un militare israeliano, che risulta non essere intervenuto.
Durante i fatti, Suleiman ‘Aid è svenne. Suo figlio chiese di poter portarlo via, ma un soldato israeliano gli rispose che gli rimanevano tre minuti per occuparsi di suo padre, in quanto l’area, alle 9 quel mattino sarebbe diventata una zona militare chiusa. Alla richiesta di un’ambulanza, è stato riferito che il militare israeliano avrebbe acconsentito, ma che la famiglia avrebbe dovuto pagare 7000 shekel, cosa che non si sarebbe potuta permettere. Il militare ha poi informato il figlio di Suleiman che, in seguito alla conversazione appena avuta, i minuti rimastigli per soccorrere il padre nella valle in cui era caduto erano due.
“Noi siamo animali, loro sono umani”, ha detto una donna beduina. “Ci stanno dicendo questo? Dov’è l’umanità? Non esistono diritti umani, sono così triste. I coloni vengono a molestarci, protetti dall’esercito israeliano, e il mondo intero li appoggia”.
La comunità continua ad attendere l’esito della causa.
Traduzione di Stefano Di Felice