Il principe di Damasco

Nigrizia. Di Mostafa el Ayoubi. Sono passati più di due anni e mezzo dall’inizio della guerra “civile” in Siria. Il bilancio è drammatico: oltre 110 mila morti e 5 milioni di sfollati; danni alle infrastrutture per oltre 350 miliardi di dollari. L’economia è in ginocchio e si soffre la fame.

All’opinione pubblica internazionale è stato raccontato dai media mainstream che il colpevole di tutto ciò è il regime siriano, che ha soffocato nel sangue la rivolta pacifica per la democrazia. Ma con il passare del tempo questa narrazione ha iniziato a sgretolarsi. La realtà – che oggi i grandi media faticano ad ammettere – è che la guerra contro la Siria era già allo studio per far cadere il regime di Al-Assad e sostituirlo con uno servizievole, come è già accaduto in Iraq e in Libia.

Pochi giorni dopo l’inizio dalla “rivolta” di Dar’a nel marzo 2011, scesero in campo il Qatar, l’Arabia Saudita e la Turchia a sostegno della “rivoluzione”. Dietro a questi paesi ovviamente c’era la regia del governo americano e dei suoi alleati occidentali: in particolare Gran Bretagna e Francia che, con l’accordo Sykes Picot del 1916, si spartirono la Grande Siria.

Una delle prime mosse è stata la sospensione della Siria dalla Lega Araba (altro strumento di controllo del mondo arabo da parte della Casa Bianca) e la creazione del Consiglio nazionale siriano (Cns) con sede ad Istanbul. Successivamente, sotto l’egida del governo di Ankara, è stato formato l’Esercito libero siriano (Els).

La propaganda mediatica contro l’establishment siriano è stata affidata all’Osservatore siriano per i diritti umani (Osdu), situato a Londra, divenuto la fonte principale per Al Jazeera (del Qatar), Al Arabiya(dell’Arabia Saudita) e anche per i colossi occidentali dell’informazione. Come è ben noto, l’Osdu è legato ai Fratelli musulmani (Fm), che fino a pochi mesi fa erano considerati i candidati naturali a salire al potere in Siria. A dominare il Cns e l’Els sono sempre stati i Fm.

Questo movimento gode del sostegno del Qatar non solo in Siria ma in tutti i paesi arabi dove è riuscito a diffondere il proprio dogma teologico. Si tratta di un dogma che si contrappone a quello wahabita sorretto dal regime saudita. In effetti i sauditi non erano per nulla contenti dell’ascesa dei Fratelli al potere in Egitto. Il recente “cambio” di regime in Qatar con la rinuncia al trono di Bin Khalifa a favore del figlio è stato una mossa voluta dai sauditi per marginalizzare il ruolo del Qatar e dei Fratelli e riprendere il controllo della manovra geopolitica religiosa nella regione. In effetti, la cosiddetta Coalizione nazionale siriana nata dalle ceneri del Cns è ora sotto il controllo del regime saudita.

Sul piano pratico Els non è stato in grado di conquistare Damasco. Ciò ha indotto l’alleanza anti Al-Assad a ricorrere ai jihadisti e ai mercenari reclutati da ogni dove. In particolare la scesa in campo dei jihadisti – desiderosi del martirio – è stata determinante nella caduta di molte città e villaggi in mano ai “ribelli”. Il movimento qaidista Jabhat al Nusra ha in pratica scavalcato Els e oggi domina gran parte delle zone conquistate. In varie occasioni l’Els e al Nusra si sono scontrati mortalmente tra di loro.

Negli ultimi sei mesi, la ripresa dell’iniziativa da parte dell’esercito governativo a scapito dei ribelli ha costretto i nemici di Damasco ad aggiornare il loro piano. Ed ecco apparire sulla scena siriana il principe Bandar bin Sultan (attuale capo dei servizi segreti sauditi – foto). Bandar fu l’ideatore di Al-Qaida, il movimento che ha terrorizzato diversi paesi tra cui la Cecenia, l’Iraq e la Siria (The Wall Street Journal, 25 agosto). Il suo compito sarebbe quello di dare una svolta decisiva alla crisi siriana per consentire agli Usa e ai suoi alleati di ricorrere a un intervento militare diretto. La svolta sarebbe stata la strumentalizzazione dell’uso delle armi chimiche. Il 21 agosto un attacco con un gas letale ha causato la morte di centinata di persone, tra cui tanti bambini, nella periferia di Damasco. E nonostante i tanti dubbi sulle dinamiche dell’attacco chimico, Al-Assad è stato subito accusato di essere il fautore di quel massacro. Un’inchiesta svolta sul posto da giornalisti indipendenti suggerisce, invece, l’ipotesi che dietro la faccenda delle armi chimiche vi siano le mani dei qaidisti del principe Bandar (Mint Press News, 29 agosto).

Inoltre, sul piano “diplomatico”, Bandar in un recente viaggio in Russia avrebbe suggerito – invano – a Putin di ritirare il suo sostegno a Damasco in cambio della garanzia che i jihadisti ceceni – sotto controllo del principe – non saboteranno i giochi olimpici invernali del 2014 (The Telegraph, 27 agosto).

L’astuta mossa del Cremlino di mettere l’arsenale chimico della Siria sotto controllo dell’Onu ha scombussolato i piani militari “umanitari” del club anti Al-Assad. Cosa farà ora la Casa Bianca? Getterà le armi e accetterà una soluzione politica alla crisi siriana? Se ciò dovesse succedere sarebbe un primato che segnerebbe l’inizio del declino dell’egemonia unipolare dell’Occidente, al quale la Siria con il suo immane sacrificio avrà dato un notevole contributo!