Storie da Piombo Fuso: la famiglia al-Rahel

Storie da Piombo Fuso: la famiglia al-Rahel

Gaza – PCHR. 8 gennaio 2009: la famiglia Al-Rahel.

Gli altri bambini continuano a parlare di Dima e dei ricordi di entrambi gli incidenti. ‘Vorremmo essere morti come Dima’ è quello che i bambini mi dicono talvolta per via di tutto lo stress e per le nostre povere condizioni di vita”.

L’8 gennaio 2009, più o meno verso le 11:00, vennero sganciati quattro missili sulla casa di Juma’a al-Rahel (45) a Beit Lahiya, ferendo tre membri della grande famiglia al-Rahel: Basma (3), Dima (5) e Faten (41). Molti della famiglia erano in casa al momento dell’attacco, dal momento che sei dei fratelli al-Rahel assieme alle loro mogli ed ai loro figli vivevano lì vicino. Immediatamente dopo l’attacco, le famiglie abbandonarono la zona e trovarono rifugio presso la scuola dell’UNRWA di Beit Lahiya. Il 17 gennaio 2009, anche la scuola fu bersaglio delle bombe al fosforo bianco che ferirono gravemente Ansam al-Rahel (13), sorella di Dima. Dopo sei settimane di lotta tra la vita e la morte, il primo marzo 2009, la piccola Dima di 5 anni morì presso un ospedale egiziano, per le ferite riportate.

Saeed al-Rahed (35), il padre di Dima e Ansam, ricorda vividamente il giorno del primo attacco. “Ero a casa quando si verificò l’esplosione e tutte le finestre andarono in frantumi. Uscii. Sentì la gente gridare nella casa di mio fratello Juma’a, accanto alla mia. Mia figlia Dima era lì e sentii la gente gridare che era ferita. La casa di Juma’a fu colpita da numerosi altri missili e noi lasciammo l’area. Dima fu  portata in ospedale. Il 13 gennaio fu trasferita in Egitto. Andai con lei”.

La moglie di Saeed, Nisreen al-Rahel (33), e gli altri loro bambini, Sunia (17), Dina (15), Ansam (13), Ahmad (11), Mohammed (6) ed Alì (4), rimasero nella scuola dell’UNRWA di Beit Lahiya dopo l’attacco. Nasreen ricorda: “Rimanemmo nel palazzo della scuola dall’8 al 17 gennaio. Era inverno e faceva molto freddo. Non avevamo alcun materasso. Dovevamo usare le coperte come fossero materassi ed era veramente difficile, soprattutto per i bambini. Non avevamo abbastanza cibo. Abbiamo dovuto anche chiedere all’altra gente di darci dell’acqua. Non c’era acqua pulita”.

Il 17 gennaio 2009 l’esercito israeliano bombardò la scuola con le granate al fosforo bianco. “Provare l’esperienza dell’attacco sulla scuola è stato più difficile per me che l’attacco sulla casa. Nel momento in cui il bombardamento sulla scuola iniziò ero in una classe con i miei bambini. Il bombardamento iniziò intorno alle 5:00 del mattino ed era buio. Sentii Ansam piangere ‘sono ferita alla testa’. Il bombardamento fu davvero massiccio”. Ansam fu gravemente ferita alla testa, perse i capelli nella parte colpita e le ferite si infettano continuamente poiché alcune zone del cranio sono mancanti. “Sta ancora soffrendo a causa delle ferite. A scuola perde conoscenza quando è attiva”, dice Nisreen.

Saeed ricorda il momento in cui seppe del bombardamento alla scuola: “Prima di andare in Egitto stavo nella stessa classe con la mia famiglia. Vidi l’attacco in televisione mentre ero in Egitto e riconobbi la classe. C’era sangue sul pavimento. Quando chiamai la mia famiglia, nessuno voleva dirmi come stesse mia figlia Ansam”.

Quando Nisreen ed i bambini sopravvissuti tornarono a casa dopo l’offensiva, la trovarono fortemente danneggiata e le loro cose distrutte. “Poco prima della guerra avevo comprato del bestiame. Avevamo 2 mucche, 17 capre e dozzine di conigli. Li avevo messi vicino alla casa. Avevo contratto un prestito per comprarli”, spiega Saeed. “Quando la nostra famiglia ritornò a casa, dopo la guerra, trovò tutti gli animali uccisi dai frammenti di missile. Solo una capra era ancora viva, ma morì anche lei dopo pochi giorni. Ora sono bloccato con molti prestiti. Posso provvedere scarsamente alle cure di mia figlia Ansam. Sono anche stato arrestato dalla polizia perche non potevo restituire i prestiti alla gente. Completamente senza soldi, non sono nemmeno in grado di riparare i gravi danni alle finestre ed ai muri della nostra casa”. Cartoni e coperte servono a proteggere la famiglia dal freddo della sera e dell’inverno.

I fatti del gennaio 2009 hanno avuto un profondo impatto nella stabilità psicologica di Saeed, Nisreen e dei loro bambini. “È stato veramente difficile per me perché ho perso una delle mie figlie ed un’altra è gravemente ferita. Ricordo Dima quando vedo le altre bambine andare a scuola”, dice Nisreen. “Gli altri bambini continuano a parlare di Dima e dei ricordi di entrambi gli incidenti. ‘Vorremmo essere morti come Dima’ è quello che i bambini mi dicono talvolta per via di tutto lo stress e per le nostre povere condizioni di vita”.

Saeed ha notato dei cambiamenti anche nei suoi bambini. “Ansam è molto ansiosa e stressata. Una volta l’ho chiamata e ha iniziato a gridare e mi ha tirato contro un piatto, gridando di lasciarla stare. Sono suo padre e lei ha paura di me”. Nasreen aggiunge: “I voti di Ahmad sono peggiorati dopo la guerra. Era uno studente modello. Ora ha persino problemi a leggere. Soffre anche di diuresi notturna”.

La paura sembra essere diventata una parte della vita quotidiana della famiglia. “I bambini, come anche io, hanno paura quando sentono droni o spari. Quando li sentiamo, stiamo tutti in un’unica stanza”, dice Nasreen. La paura di un altro attacco non è mai lontana neanche dai pensieri di Saeed: “Ho paura che possa scoppiare un’altra guerra. Quando la gente parla di questo, mi spavento. Quando sento i droni nella zona, lascio la casa. Ho paura che possano bombardarci un’altra volta”.

Il PCHR sporse denuncia penale contro le autorità israeliane per conto della famiglia al-Rahel il 9 settembre 2009. Ad oggi, non è pervenuta alcuna risposta.

Traduzione per InfoPal a cura di Romina Arena

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