Un villaggio di Nablus al centro della violenza dei coloni

Un villaggio di Nablus al centro della violenza dei coloni

Asira al-Qibliya – Ma’an. Di Charlie Hoyle. 

Un viaggio lungo la strana numero 60 dipinge un immagine chiara della geografia fisica degli insediamenti e delle violenze ad essa connesse.

Attraversando il paesaggio pittoresco della campagna di Nablus, la principale autostrada che colleghi nord e sud stabilisce una sorta di confine fra gli insediamenti ebraici da una parte, e i villaggi palestinesi dall’altra.

Sovrastati dalle abusive abitazioni collinari dei coloni, i Palestinesi locali sono ben consapevoli degli svantaggi che implica un simile vicinato, specialmente alla luce del fatto che, dati alla mano, il distretto di Nablus nel 2011 è risultato essere quello maggiormente soggetto ad episodi di violenza.
“Parlando in generale, non passa una settimana senza che vi sia un attacco”, afferma il sindaco del villaggio di Asira al-Qibliya.

Situato a ridosso dell’autostrada 60, il villaggio si ritrova costretto a difendersi da solo, non essendo chiaro a chi realmente spetti l’amministrazione della zona. Una situazione, questa, che accumuna molte località in Cisgiordania.
“L’autorità palestinese non può fare nulla per noi, perché necessita del nulla osta per svolgere operazioni di sicurezza”, spiega il sindaco Ahmed Abdel Hadi. “Queste operazioni, se approvate, potrebbero essere svolte in sole cinque ore”, aggiunge.

Asira al-Qibiya si trova nell’Area B che, secondo l’accordo di Oslo, dovrebbe essere soggetta ad Israele per quanto riguarda la sicurezza, e alla Palestina per quel che concerne la sua amministrazione. L’insediamento colonico più vicino al villaggio è quello di Yitzhar, situato nell’Area C e quindi sotto il pieno controllo israeliano.
L’organizzazione di monitoraggio “Think Tank” di Washington ha recentemente affermato che più del 90% dei villaggi attaccati sono situati in aree il cui controllo spetterebbe a Israele.

Una delle vittime delle violenze perpetrate dai coloni è Ibrahim Makhlouf, padre di sei figli. “Dal 2001 gli attacchi sono diventati sempre più frequenti ed organizzati”, afferma Makhlouf, 50 anni. “Gli aggressori indossano tutti le stesse uniformi e ce n’è sempre uno che impartisce gli ordini”.

La casa di Ibrahim, insegnante del villaggio, si trova a circa 60 metri dalle abitazioni più vicine dell’insediamento ebraico di Yitzhar.
Il 12 dicembre scorso, circa 200 coloni irruppero nel villaggio lanciando pietre contro le case palestinesi, frantumando finestre e danneggiando le automobili.
“Mi svegliai al rumore delle pietre che ci venivano scagliate contro, quindi salimmo tutti in soffitta. I bambini avevano cominciato a urlare, così ci barricammo in casa”, racconta Makhlouf.

Il Pchr ha spiegato che queste aggressioni sono ormai consuete e il loro numero è triplicato negli ultimi cinque anni. L’incaricato delle Nazioni Unite per la Coordinazione delle Attività Umanitarie ha affermato che gli attacchi dei coloni, nel 2011, hanno presentato un incremento del 50% rispetto all’anno precedente.
I villaggi situati fuori dalla giurisdizione dell’Autorità palestinese, sono costretti a difendersi da soli contro attacchi sempre più frequenti.
“Ci attaccano per costringerci ad andarcene. Ma se me ne andassi prenderebbero la mia casa. E poi? Dove andrei?”. Makhlouf spiega che alcune volte anche l’esercito israeliano partecipa alle aggressioni, limitandosi però a lanciare gas lacrimogeni contro i palestinesi.

Vivendo ad un centinaio di metri dal villaggio, i coloni possono irrompere quando vogliono, consapevoli del fatto che se la situazione degenerasse, l’esercito israeliano sarebbe pronto ad intervenire.
Il sindaco è convinto che i coloni non avrebbero il coraggio di attaccare, se non avessero l’appoggio delle forze armate.
“Ormai sempre più palestinesi originari dei villaggi del distretto lasciano Nablus per ritornare nei loro paesi natii per poterli difendere”, dice Abdel Hadi, “così come i palestinesi che lavorano in Israele”.
“Se la resistenza ai coloni viene organizzata, può essere un valido deterrente nei confonti degli attacchi, specialmente se gli abitanti dei villaggi sono più numerosi dei coloni”.

Ormai la disparità della violenza tra abitanti dei villaggi e coloni è tale che la tendenza a compiere attacchi poco intensi ma sempre più frequenti continuerà  ad oltranza senza una soluzione politica.
“La maggior parte delle persone della società vuole vivere pacificamente”, afferma il sindaco.
“Ma quando vedo un colono, in lui riconosco Netanyahu che dice ‘non voglio nessuna pace’”.