In migliaia commemorano l’anniversario del massacro di Kafr Qasim

Kafr Qasim Ma’an. Migliaia di palestinesi hanno partecipato mercoledì, 29 ottobre, ad una marcia in Israele per commemorare, nell’ambito di uno sciopero generale, il 58° anniversario del massacro di Kafr Qasim.
In migliaia hanno marciato per ricordare la morte di circa 50 palestinesi cittadini di Israele, uccisi nel 1956 quando senza alcun preavviso fu imposto nel villaggio il coprifuoco, un ricordo che evoca forti sentimenti all’interno della comunità araba.

Chi ha partecipato alla marcia ha indossato abiti neri mentre un gruppo di studenti inscenava la rappresentazione del massacro indossando, armi in mano, le uniformi dell’esercito israeliano, e allestiva nel centro della città un posto di blocco con un cartello che annunciava un finto coprifuoco.

A segnare il 58° anniversario del massacro è stata una dichiarazione rilasciata dal locale comitato popolare, il quale ha sottolineato come le guardie israeliane di confine abbiano ucciso “giovani, anziani, donne, e bambini che tornavano dai campi verso casa”.

Alla marcia hanno partecipato il sindaco di Kafr Qasim, Adel Badir, così come i membri del Knesset israeliano Muhammad Baraka, Hanna Sweid, Dov Hanin, Afo Ighbariya, Ibrahim Sarsour, Ahmad Tibi, Masud Ghanayem, Talab Abu Arrar e Issawi Freij.

Il massacro del 1956 fu compiuto nel primo giorno della guerra del Canale di Suez, allorquando Israele, prevedendo un attacco della Giordania in solidarietà con l’Egitto, impose il 29 ottobre 1956 un coprifuoco senza alcun preavviso a tutti i palestinesi di Israele. Gli abitanti del villaggio, di ritrorno dai loro campi dopo il coprifuoco, furono massacrati dalle guardie israeliane di confine, mentre gli ufficiali di polizia che furono responsabili delle morti, non furono mai ritenuti tali.

L’incidente avvenne soltanto otto anni dopo la Nakba del 1948, durante la quale circa 800 mila palestinesi furono espulsi dalle loro case che si trovavano in quelle zone che oggi sono in Israele, diffondendo la paura che quei poco più di 100 mila che erano rimasti, sarebbero stati costretti ad andarsene.

Fino al 1966, tutti i palestinesi redisenti in Israele hanno vissuto sotto legge marziale, mentre oggi continuano a subire varie forme di discriminazione in tutti i settori della società.

Traduzione di Michele Di Carlo