In trappola tra covid e coloni: come una scuola in Cisgiordania lotta per sopravvivere

MEMO. A seguito della chiusura delle scuole in tutta la Palestina per cercare di arginare la diffusione del coronavirus, la scuola elementare Al-Maleh ha dovuto lottare per garantire la didattica a distanza, a causa della mancanza di Internet e di elettricità nel villaggio.

Per i 170 alunni del villaggio di Al-Maleh in Cisgiordania, il viaggio di tre ore verso la scuola è stato arduo. Alcuni a piedi e altri sugli asini, a volte dopo aver superato i controlli di sicurezza israeliani, ci sono volute persino tre ore. Alla fine, molti di loro hanno semplicemente smesso di andarci.

 

A metà del 2019 Mahdi Daraghma, presidente del consiglio locale, ha allestito due tende che fungevano da scuola per i bambini, nella speranza che averla vicino incoraggiasse gli alunni a frequentare le lezioni.

Ha funzionato, ma le sfide da superare non erano finite. Nei mesi invernali gli alunni tremavano per il freddo, così Mahdi ha fatto appello alle organizzazioni internazionali per ottenere dei finanziamenti. Il denaro è arrivato circa un anno dopo, ed è stato usato per costruire quattro aule, ciascuna di 15×20 metri quadrati, con pareti di mattoni e un tetto in lamiera.

Se si guarda a nord dalla scuola elementare mista Al-Maleh, si riescono a scorgere le montagne di Khirbet Jabaris; mentre a sud ci sono i monti Salama e ad est il confine giordano. Il parco giochi di prato finto è circondato da una recinzione in metallo.

All’interno, ogni classe ospita gli studenti di due gradi diversi. Gli alunni condividono i banchi. Non c’è elettricità né internet, ma almeno i bambini hanno accesso alle lezioni: “La scuola è molto importante per gli studenti e la comunità del villaggio”, dice Mahdi. “Gli studenti ora si svegliano in un orario normale e i genitori possono seguire i propri figli e andare a parlare con gli insegnanti poiché la scuola è vicina alle loro case”.

Hanan Dabak ha iniziato a lavorare nella scuola come insegnante volontaria, quando ancora era composta da tende, insegnando arabo, matematica, inglese e educazione nazionale. Ora è ufficialmente un’insegnante e riceve lo stipendio dal ministero dell’Istruzione palestinese.

Per circa una settimana, nella nuova scuola è andato tutto bene. Poi è arrivato un avviso all’ufficio di Mahdi da parte dell’amministrazione civile dell’esercito israeliano: la scuola elementare Al-Maleh doveva essere demolita in quanto costruita sopra un’area archeologica. La scuola Al-Maleh è diventata così una delle 44 scuole della Cisgiordania occupata attualmente a rischio di demolizione.

Lo stesso Mahdi è stato arrestato e detenuto per quattro ore e, al momento del rilascio, l’esercito gli ha sequestrato auto e trattore, che ancora non sono stati restituiti. Mahdi ha presentato un ricorso a un tribunale israeliano contestando l’ordine di demolizione, ma non ha ricevuto alcuna risposta.

Il 17 dicembre 2020 è stato emesso un secondo avviso di demolizione per informare Mahdi che in 96 ore l’esercito israeliano avrebbe distrutto il nuovo edificio.

“Non abbiamo aumentato le dimensioni della scuola. Abbiamo semplicemente costruito una scuola nella stessa area in cui si trovavano le tende. Si tratta solo di quattro aule di lamiera e mattoni”, dice, facendo una pausa.

L’obiettivo è far sì che i palestinesi non possiedano nulla.

“L’ordine di demolizione della scuola fa parte delle politiche di sostegno agli insediamenti perché pensano che, accettando la scuola, i cittadini avrebbero un buon motivo per rimanere nella zona”, aggiunge Hanan. “Se la scuola è lontana, la gente sarebbe costretta a lasciare la zona per spostarsi in luoghi con dei servizi”.

Dopo aver ricevuto l’avviso, gli insegnanti hanno attaccato un cartellone pubblicitario alla recinzione fuori la scuola, mostrando il nome dei suoi finanziatori: l’UE, il Belgio e la Danimarca. Hanan e gli altri due insegnanti sperano che questo possa dissuadere l’esercito dal radere al suolo la scuola.

“Noi insegnanti ci siamo sentiti molto tristi quando abbiamo appreso che la scuola sarà demolita e che il futuro di molti studenti sarà in pericolo e non c’è niente che possiamo fare”, dice Hanan. “Anche se siamo molto tristi, cerchiamo di non mostrarlo mai agli studenti, anzi li incoraggiamo e diciamo che resteremo qui”.

“Quale pericolo potrà mai rappresentare uno studente di sei o nove anni per l’occupazione israeliana? Perché arrivare al punto di emettere un ordine di demolizione dell’unico posto in cui hanno la possibilità di frequentare le lezioni, dell’unica scuola che possono raggiungere?”, chiede.

“Lo stato psicologico dei bambini, la paura e l’ansia sono preoccupanti. Molti studenti vengono a parlarmi e dicono: “Signorina Hanan, temo che l’esercito israeliano ci attaccherà, o che i coloni attaccheranno la zona e ci danneggeranno”.

Al-Maleh è un villaggio beduino situato nel Governatorato di Tubas e nelle Valli settentrionali. E’ registrato come Area C ed è sotto il pieno controllo di Israele dagli accordi di Oslo.

L’area è stata classificata come zona militare e riserva naturale, il che significa che è una zona interdetta ai palestinesi. Mahdi afferma che mentre circa 19 strutture palestinesi, in gran parte fatte di tende e stagno, hanno ricevuto ordini di demolizione nel 2020, gli insediamenti israeliani si sono ampliati.

“Dal 1967 ad oggi, l’occupazione israeliana esercita le violazioni più atroci contro i civili di Al-Maleh”, dice Mahdi. “La costruzione è vietata, qualsiasi infrastruttura o servizio sono vietati, la gente del villaggio vive nei campi”.

Al-Maleh è una zona agricola e la popolazione fa affidamento su pecore e mucche per guadagnarsi da vivere, eppure non è facile perché mancano i servizi essenziali, compresa l’elettricità. I residenti importano l’acqua per circa 20 shekel a tazza, spiega Mahdi.

Il villaggio è circondato da cinque insediamenti israeliani e i loro abitanti assalgono e attaccano quotidianamente i palestinesi, riferiscono i locali, impedendo loro di entrare nei loro campi per accudire i loro animali. L’esercito israeliano ha sequestrato circa 30 trattori agli agricoltori della comunità.

“Negli ultimi due anni, agli agricoltori è stato impedito di coltivare le loro terre”, dice Mahdi. “Sequestrano qualsiasi trattore che entra nel terreno con il pretesto che si tratta di una zona militare. I coloni, al contrario, possono coltivare e allevare il loro bestiame “.

Alle sfide affrontate da questi abitanti del villaggio si aggiunge l’epidemia globale di coronavirus, che ha fatto abbassare il prezzo dei prodotti a causa dell’allentamento della domanda. Ha inoltre reso più difficile il trasporto di latte e prodotti caseari a causa delle restrizioni di viaggio.

A seguito della chiusura delle scuole in tutta la Palestina per cercare di arginare la diffusione del virus, la scuola elementare Al-Maleh ha dovuto lottare per garantire la didattica a distanza, a causa della mancanza di Internet e di elettricità nel villaggio.

Dopo l’avviso di demolizione, 30 dei 50 studenti originali – dal 1° al 3° grado – sono stati riportati indietro per cercare di dissuadere l’esercito israeliano dalla demolizione della scuola. Mahdi spiega che il numero di scuole abbattute è aumentato poiché l’esercito approfitta dei locali vuoti.

Nel frattempo, gli insegnanti cercano di rassicurare i loro alunni dicendo che potranno continuare a studiare. “Quando l’esercito israeliano demolirà la nostra scuola?”, chiedono ad Hanan. “Dove studieremo se lo faranno? Continueremo a studiare? Dovremo fare di nuovo il viaggio lungo la mattina?”

Anche i genitori sono preoccupati. La madre di Mahmoud Zamil, uno degli alunni della scuola, ha detto di essere profondamente in ansia per la scolarizzazione di suo figlio e si chiede se dovrà fare ancora una volta il difficile viaggio solo per imparare a leggere e scrivere. Altre mamme e papà hanno chiesto ad Hanan e Mahdi se hanno un piano per ciò che accadrà se la scuola verrà davvero demolita.

“Se demoliscono la scuola, ricostruiremo le tende al suo posto”, dice Mahdi. “Se demoliscono le tende, insegneremo loro sotto gli alberi. Gli studenti rimarranno lì e noi continueremo a istruirli”.

Traduzione per InfoPal di Sara Zuccante