Intervista all’ambasciatore palestinese a Roma: aspettiamo lo Stato e vogliamo l’unità nazionale

Roma – InfoPal. A cura di Angela Lano e Elisa Gennaro. Questo pomeriggio, la bella sede dell’Ambasciata palestinese in Italia ha festeggiato con la comunità palestinese il nuovo status diplomatico accordatole dal presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano.

“Si è trattato di un messaggio politico – ci ha spiegato l’ambasciatore Sabri Ateyah, durante l’intervista concessa alla nostra agenzia – da parte del governo italiano, nella linea generale adottata dall’Unione Europea nei confronti del riconoscimento dello Stato di Palestina.

Stato palestinese. “Prima come delegazione dell’Olp – ha aggiunto Ateyah -, poi come Anp, abbiamo sempre avuto privilegi diplomatici. Questo gesto formale, tuttavia, a mio avviso sottolinea una volontà precisa da parte dell’Europa. Abbiamo un popolo, delle istituzioni, uno spazio geografico e strutture per essere riconosciuti come Stato, ma viviamo sotto occupazione. “Il nostro obiettivo, quando siamo andati alle Nazioni Unite per chiedere di essere accettati come membri, non era quello di delegittimare Israele, ma di legittimare lo Stato palestinese e tornare al tavolo di pace.

Trattative di pace con Israele. “A settembre, in accordo con le sollecitazioni che arrivano dal Quartetto per il Medio Oriente, la leadership palestinese ha dato 100 giorni a Israele per riprendere le trattative. Il periodo scade il 26 di gennaio. Noi siamo pronti, lo stiamo dicendo a tutto il mondo. E’ Israele a non volere la pace, con la colonizzazione continua, il Muro e tutto il resto. Di tutte le risoluzioni Onu, ha riconosciuto solo quella che sanciva la sua nascita, rigettando tutto il resto. Non rispetta nulla. Pensa che l’appoggio statunitense sia sufficiente per comportarsi come vuole. La Questione palestinese è un problema etico-morale che coinvolge tutto il mondo. E’ iniziato con la Dichiarazione Balfour, ed è continuato con la nascita di Israele.

Riconciliazione nazionale. “Stiamo lavorando per raggiungere questo obiettivo. La divisione è la pagina più nera della nostra cultura. Provo vergogna, come palestinese. Vogliamo chiuderla, finalmente, e aprirne una di unità. “La convivenza tra Fatah e Hamas, dopo le elezioni del 2006, non ha funzionato. Per questo dobbiamo rimettere la scelta al popolo, con nuove elezioni, e se questo sceglierà nuovamente Hamas, non ci saranno problemi. Con il movimento abbiamo solo differenze dal punto di vista dello stile di vita, non di quello politico”.

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