Intervista esclusiva a Yousef Rizka, ministro della comunicazione palestinese

 "Per confrontarci con la comunicazione israeliana abbiamo bisogno di esperienze, approfondimenti e opportunità".

Il dott. Yousef Rizka è docente universitario e critico letterario. Ha assunto diversi ruoli di amministrazione nell’accademia e all’università islamica di Gaza, fra cui quello di pro-rettore della facoltà islamica e direttore degli affari studenteschi, infine, gli è stato assegnato l’incarico nel ministero della Comunicazione nel governo Hamas.

Come considera lo stato della comunicazione palestinese e qual è il suo piano per migliorarla?

Credo che nella conduzione del governo ci siano tre piani: quello politico, quello della resistenza e quello della comunicazione.
A livello politico, non ci sono proposte serie in quanto la fine dell’occupazione, la restituzione di Gerusalemme, la creazione dello Stato palestinese sono ostacolati da un governo israeliano irremovibile e dotato di un esercito fortissimo.
Per quanto riguarda il settore della comunicazione, gli israeliani ne approfittano per manipolare la realtà e l’informazione sulle decisioni politiche che riguardano la Palestina. Ad esempio, per ciò che concerne il muro di separazione, Israele ha fatto ciò che voleva contro la volontà di tutti e in violazione dei diritti del popolo palestinese. E’ sul fronte della comunicazione, allora, che il popolo palestinese deve agire per contrastare gli ostacoli, ma ha bisogno di esperienza e di soldi.

Come affronterà il nuovo governo palestinese gli attacchi e le critiche iniziate da quando Hamas ha vinto le elezioni?

Questo è un altro aspetto del conflitto: da una parte si vuole distruggere il sogno palestinese, dall’altra si vuole demolire il governo creato da Hamas, la possibilità di portare avanti cambiamenti e miglioramenti.
E’ cominciata dunque la campagna di informazione per la difesa del governo, in modo da non cedere ai giochi poltici che premono all’interno della Palestina e che sono manovrati, in maniera diretta o indiretta, dagli Usa e da altri paesi stranieri. Sappiamo che, da un lato, ci sono manovre per tentare di affossare il governo palestinese e per impedirgli di dialogare con il mondo occidentale e americano, dall’altro, c’è un tentativo da parte israeliana e statunitense di dividere la presidenza e il governo, come se società e governo fossero due entità separate – una con cui collaborare e l’altra da constrastare. Credo dunque che in questo campo ci sia una frammentazione delle informazioni politiche e che sia in atto un tentativo di spaccare l’unità tra il popolo palestinese e il suo governo. Si vogliono far fallire i rapporti tra i ministri e il presidente. Bisogna quindi prestare attenzione al livello informativo: governo e presidenza devono completarsi a vicenda e apparire uniti di fronte alla sfida lanciata da Israele.

Come si comporterà il nuovo governo palestinese nei confronti dell’opposizione rappresentata da Fatah, che è dotata di maggiori strumenti di informazione rispetto a Hamas?

In verità, i fratelli di Fatah hanno governato per anni. Hamas ha avuto un ruolo positivo nella nascita dell’autorità palestinese, dove si è creata la possibilità di collaborare servendo la causa. Sarebbe stato possibile realizzare i sogni del popolo palestinese: l’unico rifiuto che è arrivato da Hamas è quello degli accordi di Oslo, e di quelli che sono sopraggiunti dopo. Per il resto, è sempre stata disponibile e pronta a servire il popolo, e anche il sopracitato rifuto non ha avuto in alcun modo un’influenza negativa: quando è scoppiata la seconda Intifada contro il nemico sionista, Hamas ha dato il proprio contributo nel contrastare l’occupazione.
Oggi, nonostante i tentativi di impedire a Hamas di arrivare al governo, vediamo che esistono grandi possibilità di collaborazione e di dialogo con tutte le fazioni politiche palestinesi, in modo particolare con Fatah. Gli scopi sono gli stessi, cioè la fine dell’occupazione nei Territori e il ritorno dei profughi nelle loro case. Obiettivo di Hamas e Fatah è la creazione di una rete di sicurezza e di sostegno per il governo palestinese. L’eventuale fallimento sarà dovuto solo agli inganni e ai sotterfugi. Mi ha fatto piacere sentire che Fatah si opporrà alle pressioni esterne che tenteranno di far cadere il governo, e che si rifiuterà di essere una marionetta da manipolare.
Per quanto riguarda il mio ministero, deve sapere come contrastare la comunicazione israeliana. Il ministero indirizzerà le proprie attività allo sviluppo, all’approfondimento e alla collaborazione, e cercherà di avere persone specializzate nel settore.
Noi vogliamo sistemare e modernizzare le infrastrutture del governo e completare tutto ciò che manca a livello di apparecchiature e strumenti. Questa, infatti, è una parte importante per il buon rendimento dei dipendenti del ministero. Vogliamo documentare le sofferenze del popolo palestinese – donne, bambini, profughi, prigionieri – con mezzi di alta tecnologia e alto livello, in modo da comunicarle al mondo esterno, arabo-islamico compreso.
La comunicazione deve essere democratica, chiara e imparziale, per evitare competizioni con altre reti satellitari più avanzate.
Sarebbe fallimentare se un palestinese ascoltasse canali di comunicazione esteri piuttosto che quelli palestinesi. Con tutto rispetto per gli altri canali, noi vogliamo avere i nostri mezzi di informazione. Speriamo che il governo riesca a raggiungere questi obiettivi, anche se lentamente.

Dato che la televisione palestinese appartiene al governo, è possibile realizzare progetti di informazione come la creazione di un nuovo canale satellitare, o altro?

Questo non è tra i progetti del nostro ministero: non vogliamo entrare in conflitto con il governo. Governo e presidenza sono un corpo unico, su cui fa affidamento il popolo palestinese. Ritengo più adatta una collaborazione con la direzione della televisione.
La vittoria è arrivata quando è stato detto che la resistenza sarebbe continuata. L’informazione palestinese può realizzare i propri obiettivi?
La resistenza è contro l’occupazione, è un diritto di ogni popolo del mondo: anche gli europei hanno opposto resistenza ai nazisti. Non c’è alcun popolo nel mondo che sia stato invaso, a cui siano stati violati i diritti, colpiti i bambini, ecc., che non si sia ribellato. L’esperienza degli altri popoli è un segno chiaro ed evidente che la resistenza è la soluzione migliore per cacciare gli invasori. Questa è stata la base di tutti i governi dei paesi che sono stati occupati: l’Egitto, l’Iraq, la Siria, l’Algeria e altri ancora.
Allora noi diciamo che non è una cosa nuova né una sorpresa che il popolo palestinese opponga resistenza. L’occupazione israeliana è colonizzatrice: è una violenza contro la nostra libertà e dignità. Il popolo palestinese rivuole la terra, la libertà, il rispetto di sé. La via della resistenza l’ha aperta il presidente Arafat. Ormai dura da troppo tempo e il popolo si è stancato e non dà più retta a chi sostiene che lo scontro è la soluzione per realizzare i progetti, per questo è stata scelta Hamas: per cambiare la situazione. Finalmente si può dire che questo governo rappresenta la scelta del popolo e il sacrificio dei martiri palestinesi.
E’ un dovere delle fonti di informazione sostenere chi le ha scelte: il popolo sarà il governo, e il governo proteggerà il popolo con la resistenza. La resistenza seria che combatte per ottenere la libertà e realizzazione i diritti dei cittadini con tutti i mezzi possibili. Non sarà un ostacolo alla speranza p
alestinese e alle ambizioni del popolo.

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