Israele ha arrestato 85 mila Palestinesi dall’Intifada di al-Aqsa a oggi

10410106_10152935287585760_5337682272971309660_nRamallah-Quds Press. Dati ufficiali palestinesi relativi ai diritti umani hanno registrato 85 mila arresti dall’inizio dell’Intifada di al-Aqsa (settembre 2000) al settembre 2014, di cui quasi 2500 casi sono stati monitorati a partire dall’ultima campagna iniziata dopo la scomparsa dei tre coloni a Hebron, il 12 giugno scorso.

L’Organizzazione per gli Affari dei Prigionieri, afferente all’Autorità palestinese, ha dichiarato, in un comunicato ricevuto da Quds Press in data 28 settembre, in occasione del 14° anniversario dell’Intifada di al-Aqsa, iniziata il 28 settembre 2000: “Sono stati monitorati più di 10 mila casi di arresti di bambini e di ragazzini di età inferiore ai 18 anni; 250 di questi si trovano ancora nelle carceri israeliane, così come sono state arrestate altre centinaia di minorenni che restano tuttora in prigione”.

Sono stati registrati più di 1000 casi di arresti di donne: ragazze, mogli e madri, tra cui 4 donne che hanno partorito durante la prigionia in condizioni disumane. Sono tuttora in carcere 19 prigioniere palestinesi che languono nelle carceri dell’occupazione, tra cui la prigioniera di data più antica, Lina Jarboni, detenuta dal 2002.

L’Organizzazione ha affermato che le autorità dell’occupazione hanno emesso, dall’inizio dell’Intifada di al-Aqsa, 24 mila mandati di arresto amministrativo. I mandati di arresto amministrativo si sono intensificati negli ultimi tre mesi, con un aumento dei detenuti amministrativi: oggi, nelle carceri e nei centri di detenzione israeliani, vi sono più di 500 prigionieri amministrativi.

L’Organizzazione ha quindi rilevato come, in seguito all’aumento degli arresti e alla crescita del numero dei detenuti, le autorità dell’occupazione abbiano provveduto alla riapertura di diverse prigioni e centri di detenzione, come al- Negev e Ofer, come pure alla costruzione di nuove carceri, mentre abbiano inasprito le condizioni della prigionia, come è accaduto nelle prigioni di Jibo‘a e di Shater nella Valle del Giordano a sud del Lago di Tiberiade, nelle prigioni Raymond e Nafha nel deserto del Negev. A ciò si aggiunge l’ampliamento di alcune prigioni e l’apertura di nuove sezioni allo scopo di accogliere il gran numero di prigionieri.

L’Organizzazione ha poi dichiarato che le autorità di occupazione hanno deportato, dal 2000 ad oggi, circa 290 palestinesi dalla Cisgiordania e da Gerusalemme alla Striscia di Gaza e all’estero, in modo individuale e collettivo, e che la stragrande maggioranza di queste persone è stata deportata in base ad accordi individuali o collettivi.

L’Organizzazione ha infine aggiunto che 83 detenuti sono morti nel 2000 a seguito di torture e di trascuratezza da parte dei medici, o per un uso eccessivo della forza sui prigionieri stessi, o per omicidio dopo l’arresto. Molti detenuti sono deceduti dopo l’uscita dal carcere a causa di malattie contratte in prigione o aggravatesi per negligenza dei medici, come è accaduto a Murad Abu Sakut, Fayez Zidan, Zuhair al-Bada, Zakariyya ‘Issa, Halil Abu Zaid, Sitan al-Wali, Ashraf Abu Dhira‘a.

Traduzione di Federica Pistono