Kanafani, un ricordo a 40 anni dall’assassinio

L’ 8 luglio del 1972 veniva assassinato, a Beirut, lo scrittore palestinese Ghassan Kanafani.
Nato nel 1936 ad Akka, Acri, città costiera della Palestina, nel 1948, al momento della costituzione dello stato d’Israele, con la sua famiglia subì il destino dell’espulsione dalla sua patria e dell’esilio, prima a Beirut e poi a Damasco, dove, nel 1955, divenne insegnante dell’UNRWA.

Si trasferì in Kuwait, dove insegnò per cinque anni, e poi nuovamente a Beirut, dove lavorò come giornalista ed editore capo del giornale al-Hadaf.

Scrisse novelle, storie, articoli politici ed un grande numero di pubblicazioni politiche e letterarie.
Portavoce del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, venne subito annoverato tra gli scrittori “della resistenza”, ossia tra quel gruppo di intellettuali palestinesi che utiizzarono la loro particolarissima sensibilità poetica al servizio della patria occupata, per raccontare il dramma di un popolo espulso dalla sua terra, sradicato e disperso a causa del colonialismo occidentale.

Ghassan Kanafani fu assassinato nell’agosto del 1972, quando l’auto con cui accompagnava all’Università di Beirut sua nipote Lamis saltò in aria.
Fra le rovine causate dalla terribile esplosione fu trovato un frammento di carta dell’Ambasciata israeliana di Copenhagen, monito del destino che attende tutti coloro che lottano per la libertà ed il diritto al ritorno in patria.

Kanafani seppe descrivere la vita dei profughi e l’esilio come nessun altro scrittore palestinese.
Molte delle sue storie brevi trattano proprio del destino individuale del profugo schiacciato tra due tragiche realtà: l’occupazione e l’esilio.