L’Unione europea capitola di fronte a Israele

L’Unione europea capitola di fronte a Israele

10 dicembre 2008, di Alain Gresh

I ministri degli affari esteri dell’Unione europea hanno adottato, l’8 e il 9 dicembre, un testo intitolato «Rafforzamento delle Conclusioni del Consiglio dei rapporti bilaterali dell’UE con i partner del Mediterraneo –promuovere Israele». Sotto l’impulso della presidenza francese, è stato accettato il principio di valorizzazione dei rapporti tra Israele e l’Unione europea. Già prima della gestione del vertice mediterraneo, Parigi aveva tentato di fare adottare questa misura ma aveva dovuto fare marcia indietro di fronte alla levata di scudi di alcuni regimi arabi, in particolare l’Egitto (leggere «Inchiesta sulla svolta della diplomazia francese», Le Monde diplomatique, giugno 2008).

Questo testo è stato adottato in seguito a numerose discussioni. La prima versione presentata dalla Francia esalta Israele e ha suscitato riserbo in alcuni partner -soprattutto nel Regno Unito e nel Belgio- i quali hanno chiesto un «riequilibrio» del testo. Il colmo, se si pensa che qualche anno prima la Francia era stata accusata di essere filoaraba.

È da notare anche che questo testo è stato ratificato lo stesso giorno in cui l’esperto dell’ONU sui diritti umani nei territori palestinesi, Richard Falk, chiedeva l’attuazione «della norma riconosciuta per la “responsabilità di proteggere” una popolazione civile punita collettivamente da politici che si assimilano ad un crimine contro l’umanità». Allo stesso modo, aggiunge, «sembra che tocchi al mandato della Corte penale internazionale indagare sulla situazione e determinare se i dirigenti politici israeliani e i capi militari responsabili dell’assedio di Gaza debbano essere incolpati e perseguiti per violazione del diritto penale internazionale».

Alla fine, il testo adottato dall’Unione europea include riferimenti alla politica del vicinato europeo, al Marocco, alla Tunisia e a quasi tutti gli Stati arabi, riferimenti puramente formali che consentono di far passare l’essenziale: il punto 9, il quale afferma la determinazione del Consiglio a valorizzare i rapporti con Israele. Viene tuttavia sottolineato che questa valorizzazione deve avere luogo nel contesto dei «nostri comuni interessi», i quali includono la risoluzione del conflitto israelo-palestinese sulla base della coesistenza di due Stati.

Un lungo allegato comprende le linee direttive per rafforzare le strutture del dialogo politico con Israele.

Innanzitutto, l’organizzazione abituale di riunioni dei capi di Stato e di governo dell’Unione europea e di Israele, un privilegio che era stato concesso fino a quel momento a grandi stati come la Cina, la Russia, l’India, ecc. La prima riunione avrebbe dovuto avere luogo sotto la presidenza della Repubblica ceca, paese che, secondo l’affermazione di un alto funzionario di Brussel, «non difende la politica del governo israeliano ma quella del Likud».

Successivamente, l’organizzazione abituale, almeno tre volte all’anno, di riunioni tra ministri degli affari esteri (una cosa che non risulta essere nuova ma esisteva già de facto). Tali riunioni vengono estese ad altri settori oltre agli affari esteri.

L’invito abituale di responsabili del ministero degli affari esteri israeliano al comitato per la politica e la sicurezza dell’Unione. Invitare anche più sistematicamente esperti israeliani nei comitati che lavorano soprattutto sul processo di pace, i diritti umani, la lotta contro il terrorismo e il crimine organizzato, ecc.

Organizzare consultazioni informali più vaste sui problemi strategici.

Intensificare gli scambi su punti precisi, in particolare i diritti umani e l’antisemitismo.

Incoraggiare Israele ad associarsi alla politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea.

Permettere la cooperazione sul terreno nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune. Degli esperti israeliani potranno anche partecipare a missioni estere dell’Unione, che siano in Africa o altrove.

Nel caso in cui Israele, alle Nazioni Unite, non potesse partecipare al gruppo Asia, l’Unione europea tenterà di integrarlo all’Europa occidentale e altri gruppi (EOAG), una vecchia richiesta da parte di questo Stato che gli consentirebbe di essere eletto in diversi organismi, tra cui il Consiglio di sicurezza.

Intensificare il dialogo tra il Parlamento europeo e il parlamento israeliano.

Queste decisioni da parte dell’Unione europea sono state aspramente criticate dall’Autorità palestinese e dall’Egitto.

In un articolo dell’ Haaretz del 9 dicembre, «l’UE vota per promuovere i rapporti con Israele nonostante il lobby arabo», Barak Ravid riferisce che la settimana precedente, «il ministro degli affari esteri israeliano Tzipi Livni si è recata a Brussel per fare lobby sui ministri degli affari esteri, e in primo luogo su Bernard Kouchner. Ad un certo punto dell’incontro, ha chiesto di avere un faccia a faccia con lui e che gli altri uscissero dalla sala. Nel corso di questa conversazione, entrambi si sono trovati d’accordo sul fatto che non ci sarebbero stati “legami” (collegamenti) tra la valorizzazione dei rapporti UE-Israele e le negoziazioni di pace, ma che l’Unione europea avrebbe pubblicato una dichiarazione separata per fare appello al perseguimento dei colloqui di pace nello statuto finale».

Anche se l’articolo tesse un po’ le lodi di Livni ed evidenzia «progressi» che non sono stati fatti –le riunioni abituali dei ministri degli affari esteri avevano già luogo-, il testo è significativo della vittoria israeliana. Tanto più che Livni ha anche impedito l’adozione di un testo strategico d’azione che farebbe ricordare la posizione dell’Unione europea sul conflitto del Vicino Oriente. Questo testo, preparato dalla Francia, è stato «ritirato».

È da notare che tutta la strategia francese (e europea) di riavvicinamento a Israele è giustificata dal fatto che un miglioramento dei rapporti permetterebbe all’Unione europea e alla Francia di influire sulla politica israeliana. Basta vedere quello che accade a Gaza, l’espansione delle colonie, i progrom antiarabi, per misurare il successo di questa strategia.

In compenso, Israele ha subìto un’importante sconfitta al Parlamento europeo (leggere «Israele dovrà attendere», La valise diplomatique, 5 dicembre 2008). Questo rifiuto da parte del Parlamento europeo avrà conseguenze concrete su alcuni progetti di cooperazione. Notiamo, tra l’altro, che il voto negativo è stato causato sia dalla lobby di alcuni paesi arabi sia dall’arroganza e dalle pressioni israeliane, le quali hanno suscitato lo scontento di alcuni deputati europei.

D’altra parte, si potranno leggere due testi interessanti sul conflitto, uno di Barak Ravid e Anshel Pfeffer su Haaretz del 4 novembre, «L’Inghilterra all’UE: Porre un freno alle importazioni dalle colonie», che sottolinea il modo in cui Israele tenta di esportare i prodotti delle colonie verso l’Unione europea; l’altro di Yves Aubin de La Messuzière, pubblicato su Le Monde (10 dicembre): «Perché l’Europa deve parlare ad Hamas?».

(In originale: Nouvelles d’Orient, L’Union européenne capitule devant

Israël. Traduzione per Infopal di Anna Cascone)

 

 

 

 

 

 

 

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