La Campagna mediatica di Israele in Europa

Di Pascal Boniface.
Al-Ittihad, Memo. Il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman ha convocato i propri ambasciatori nei Paesi europei dando loro precise istruzioni: “Coinvolgere personalità influenti e attive nelle pubbliche relazioni al fine di migliorare l'immagine dello Stato sionista presso l'opinione pubblica europea”.

Il ministro israeliano avrebbe stabilito una data entro cui raggiungere precisi obiettivi, ovvero il prossimo 16 giugno.

Tra gli obiettivi, vi sarebbe l'individuazione di mille personalità europee benviste in Israele: da Londra a Berlino, da Madrid a Parigi, da Oslo a Copenaghen fino all'Aja. La creazione e il mantenimento di contatti regolari con tali figure, a cui comunicare quelle che sono le posizioni israeliane in merito a questioni ordinarie, spiegando loro quale è il punto di vista di Israele.

Si tratta di una campagna pubblica diretta alla difesa della politiche di Israele, allo sfruttamento dei media e di ogni altro mezzo d'informazione.

Israele si aspetta che queste mille personalità, definite “alleate”, in ciascuna delle capitali europee, prendano parte a dimostrazioni pubbliche filo-israeliane. Allo stesso modo, si aspetta che le stesse persone prendano, altrettanto pubblicamente, le difese di Israele, scrivendo personalmente su testate locali al fine di curarne l'immagine e, soprattutto, di influenzare l'opinione pubblica.

Le risorse finanziare per questo programma non mancano e i tesorieri saranno proprio i diplomatici israeliani nelle capitali europee. Già si parla di raddoppiare il budget alle ambasciate israeliane in Europa.

Tra i possibili candidati per essere reclutati in detta missione da Israele ci sono giornalisti e organizzazioni israeliane attive in Europa, cittadini europei di fede ebraica noti per il proprio sostegno a Israele.

Ancora, figure accademiche di rilievo e organizzazioni studentesche, e come accennato, sarà cura dei responsabili diplomatici passare loro precise informazioni, aldilà della validità e attendibilità di queste.

In questo contesto, il ministro degli Esteri israeliano, promotore della campagna mediatica, svolgerà un ruolo fondamentale nel dare supporto ai compiti delle ambasciate israeliane, ad esempio, allegando lettere a sfondo politico sulle scelte “politiche” di Israele in Medio Oriente o sulla propria posizione in merito al processo di pace. E non mancheranno le posizioni israeliane nei confronti dei palestinesi.

Ci si aspetta una mistificazione sulla questione degli insediamenti (illegali, ndr) e sulle proprie operazioni provocatorie. Tutto sarà studiato ad hoc a dimostrazione di quanto lo Stato ebraico sia dedito alla “pace”.

Tuttavia, Israele non riuscirà a coprire la cronaca sui fatti interni, che media responsabili invece saranno in grado di riportare con puntualità. Per raggiungere i propri obiettivi generali, la missione di Israele in questo preciso caso, si concentrerà semmai su altri settori.

Ad esempio ci si aspetta che farà emergere questioni economiche preparando una presentazione dei propri risultati e successi, del progresso tecnologico, e che porrà al pubblico lo Stato ebraico come meta turistica privilegiata per la presenza di numerosi luoghi sacri che i cristiani potranno visitare.

Insomma, occupazione, violenza, confisca della terra e demolizioni delle abitazioni dei palestinesi e tutta la politica israeliana contro il popolo palestinese sarà tenuta nascosta. Contemporaneamente, allo stesso scopo, le ambasciate lanceranno campagne denigratorie nei riguardi di altri Paesi arabi, mettendone in luce aspetti controversi come possono essere i diritti umani. Questo contribuirà ad aumentare il terrore propagato in Occidente verso  gruppi islamici come Hezbollah e soprattutto a deviare l'attenzione pubblica dalle violazioni del proprio Paese alla legislazione internazionale e ai diritti umani.

Resta da vedere chi saranno le mille reclute, senza dubbio Israele penserà pure alla discrezione della loro identità; altri firmeranno articoli a sostegno di Israele apertamente e altri ancora invece cercheranno di essere più cauti, per non danneggiare i personali interessi con i Paesi arabi o con le comunità arabe musulmane in Europa.

Bisogna ammettere che il programma israeliano per il rilancio della propria immagine coincide con un periodo di declino nella stessa in Europa. Sembra, infatti, che oggi gli europei temano meno del passato sollevare critiche verso lo Stato, pur essendo coscienti delle facili accuse di antisemitismo che ne deriverebbero.

Sarà interessante vedere fin dove arriverà questa campagna mediatica, pur constatando che non ci sono garanzie per la sua riuscita. L'esperienza farà da indicatore, ad esempio, usando la propria presenza e la vasta influenza, la Francia provò ad attuare al stessa strategia che oggi tenta Israele, durante la guerra d'indipendenza algerina. Tuttavia, nonostante tale tentativo, erano molti i settori dell'opinione pubblica a conservare una tendenza positiva verso il movimento di liberazione algerino. Alla fine, la Francia dovette rivedere la propria posizione in Algeria.

Pur avendo investito abbondantemente, la campagna “d'informazione” avviata da Israele resta priva di credibilità e, nell'era di internet, non è e non sarà semplice occultare la verità.

La globalizzazione e il flusso di informazioni sono a disposizione di tutti. Infatti, l'idea di uno Stato di Israele piccolo e circondato da un mondo ostile che ne chiede l'eliminazione, oggi resta limitata ai gruppi di destra e conservatori, mentre Israele si rivela più che mai potenza nucleare regionale. La visione del passato non regge più  la perpetua occupazione della terra palestinese: dalla Cisgiordania all'assedio sulla Striscia di Gaza contribuiscono al cambiamento di visione.

Alla perenne ingiustizia inflitta al popolo palestinese, si aggiungano azioni e scelte di Israele negli ultimi anni, come la guerra contro il Libano nel 2006, l'attacco a infrastrutture civili, i terribili bombardamenti e l'invasione della Striscia di Gaza tra il 2008 e il 2009, l'attacco contro la Freedom Flotilla, dove nove attivisti turchi furono assassinati.

Pensando allo Stato di Israele, tutto questo ha prodotto un'inquietudine nell'opinione pubblica mondiale ed europea.

Resta ovvio che, se Israele vorrà migliorare seriamente la propria immagine, allora dovrà guardare alle radici dei propri problemi e cambiare le politiche, porre fine all'occupazione e alle attività coloniali in Cisgiordania e liberare per sempre la Striscia di Gaza.

Questa è l'unica logica in base alla quale Israele riuscirà a tornare nel mondo della comunità internazionale in qualità di Stato “ordinario”, cioè di un Paese normale che ponga fine al soggiogamento del popolo palestinese o all'occupazione della sua terra.

L'autore è direttore dell'Istituto per le relazioni strategico-internazionali, Francia

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