La politica estera europea rimane impotente mentre Israele distrugge i progetti UE in Palestina

MEMO. Di Ramzy Baroud. Il Belgio è su tutte le furie. Il 6 novembre il governo belga ha condannato la distruzione, da parte di Israele, di abitazioni costruite nella Cisgiordania e finanziate dal paese. Come è comprensibile, Bruxelles si aspetta un rimborso da parte di Israele per questa distruzione non anticipata. La risposta di Israele è stata repentina: un sonoro “no”.

È probabile che la questione diplomatica si affievolirà a breve: Israele non cesserà le sue demolizioni delle abitazioni palestinesi e degli edifici in Cisgiordania, né il Belgio o altre nazioni europee vedranno alcun soldo da parte di Tel Aviv.

Benvenuti nel bizzarro mondo della politica estera europea in Palestina e Israele.

La UE ancora caldeggia una soluzione a due stati ed esorta la legge internazionale riguardo la legalità dell’occupazione militare israeliana nei Territori palestinesi. Per rendere ciò possibile, per quasi 40 anni l’Unione Europea ha finanziato infrastrutture palestinesi come parte di uno schema per la costruzione della nazione. È cosa nota che Israele rifiuti la legge internazionale, la soluzione a due stati e qualunque tipo di pressione esterna riguardante la sua occupazione militare.

Per sostenere le sue parole con le azioni, Israele ha attivamente e sistematicamente distrutto progetti finanziati dalla UE in Palestina. Così facendo, Israele mira a far arrivare agli europei il messaggio di netto rifiuto nei confronti del loro ruolo nel supportare la lotta per il riconoscimento dello stato palestinese. Infatti, solo nel 2019, 204 strutture palestinesi sono state demolite nella parte occupata di Gerusalemme est, così come riportato da Euro-Med Monitor. Tra gli edifici distrutti, oltre a simili demolizioni avvenute nell’area C della Cisgiordania, 127 strutture finanziate prevalentemente da stati membri dell’UE.

Eppure, nonostante Israele abbia ricevuto un corso intensivo sulla questione con l’UE per anni, l’Europa rimane il primo partner commerciale di Israele. Ancora peggio, l’Europa è uno dei principali fornitori di armi nonché mercato principale per gli armamenti prodotti da Israele, spesso promossi come “provati in battaglia”, in quanto utilizzati con successo contro I palestinesi.

Ma le contraddizioni non finiscono qui.

Nel novembre 2019, la Corte di giustizia europea ha stabilito che i paesi europei devono identificare sulle etichette i prodotti specifici che sono stati prodotti negli insediamenti illegali, una decisione vista come un importante primo passo nell’assegnare a Israele la responsabilità della sua occupazione. Tuttavia, attivisti europei che promuovono il boicottaggio di prodotti israeliani sono spesso citati in giudizio e accusati nelle Corti europee, sulla inconsistente base che tali boicottaggi cadono nell’antisemitismo. Francia, Germania e altre nazioni hanno ripetutamente utilizzato il loro sistema giudiziario per criminalizzare il legittimo boicottaggio dell’occupazione israeliana.

Ancora una volta, le contraddizioni europee e le confuse politiche dell’UE sono palesemente evidenti. Lo scorso settembre, Germania, Francia, Belgio e altri membri hanno parlato alle Nazioni Unite contro le politiche di demolizione israeliane, che hanno in larga parte interessato infrastrutture costruite con fondi europei. Nella loro affermazione, gli stati europei hanno notato che “nel periodo da marzo ad agosto 2020 c’è stato il più alto tasso medio di distruzione degli ultimi 4 anni”.

A causa della mancanza di azioni significative da parte dell’Europa sul fronte palestinese, Israele non considera più preoccupante la posizione europea, sebbene retoricamente forte. Basta considerare la difendibile posizione del Belgio sulla distruzione delle case palestinesi finanziate dal governo belga nel villaggio di Al-Rakeez, vicino a Hebron (Al-Khalil).

“Queste infrastrutture essenziali sono state costruite con fondi del Belgio, come parte di aiuti umanitari e implementate dal consorzio per la protezione della Cisgiordania. La nostra nazione chiede a Israele un rimborso o la restituzione per queste demolizioni” ha detto il ministro degli esteri belga, in una dichiarazione del 6 novembre.

Ora, meravigliamoci della risposta da parte di Israele, così come riportato in una dichiarazione emessa dal ministro degli Esteri israeliano. “Gli stati donatori dovrebbero utilizzare i soldi dei loro contribuenti per finanziare progetti di costruzioni legali in territori controllati da Israele, e assicurarsi che essi siano pianificati e realizzati in conformità alla legge e in coordinamento con le rilevanti autorità israeliane”.

Ma gli europei stanno forse violando delle leggi aiutando i palestinesi a costruire scuole, ospedali e case nei Territori occupati? E quale legge sta seguendo Israele nel distruggere sistematicamente centinaia di infrastrutture palestinesi finanziate dalla UE?

Non serve dire che il supporto alle Palestina da parte dell’UE è continuo, con la legge internazionale che riconosce la responsabilità degli stati membri di aiutare una nazione occupata nel raggiungere l’indipendenza.  È piuttosto Israele che continua a violare numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, che hanno ripetutamente chiesto uno stop immediato alle attività di insediamento illegali, alle demolizioni di case e all’occupazione militare.

Tuttavia, Israele non ha mai assunto la responsabilità dei suoi obblighi davanti alla legge internazionale. Così, quando il ministero degli Esteri israeliano parla di legge, si riferisce solo alle decisioni non annunciate prese dal governo e dal parlamento, come la decisione di annettere illegalmente quasi un terzo della Cisgiordania, un passaggio massivo della terra palestinese situata in zona C, lì dove avvengono la maggior parte delle demolizioni.

Israele considera i finanziamenti ai progetti palestinesi nell’area C un tentativo deliberato da parte dell’UE di contrastare i piani di annessione nella regione. Il messaggio verso l’Europa è chiaro: cessare e desistere, o le demolizioni continueranno. L’arroganza israeliana ha raggiunto un punto in cui, secondo Euro-Med Monitor, nel settembre 2014, Israele ha distrutto un progetto di elettrificazione finanziato dal Belgio nel villaggio di Khirbet Al Tawil, anche se il progetto era stato di fatto installato in coordinamento con l’amministrazione civile israeliana del luogo.

Purtroppo, nonostante le occasionali proteste, i membri dell’UE hanno recepito il messaggio. Il numero totale di progetti finanziati dalla comunità internazionale nell’area C nel 2019 è scesa a 12, molto meno rispetto all’anno precedente. I progetti per il 2020 saranno presumibilmente ancora meno.

L’UE può continuare a condannare e protestare contro le distruzioni israeliane, ma dichiarazioni arrabbiate e richieste di rimborso resteranno lettera morta se non supportate da azioni.

L’UE ha presa su Israele. E non solo rifiuta di sfruttare i suoi punti di forza dal punto di vista commerciale e militare, ma sta punendo la società civile europea che osa sfidare Israele.

Il problema, quindi, non è solo la tipica ostinazione israeliana, ma anche gli errori di valutazione nella politica estera europea, se non il suo totale fallimento.

Traduzione per InfoPal di Giulia Barbini