‘La realtà dei campi nel deserto dove vivono i palestinesi d’Iraq’.

 

“La realtà dei campi nel deserto dove vivono i palestinesi d’Iraq”

Ricerca pubblicata dal Dipartimento per la ricerca e gli studi dell’organizzazione palestinese Al-Awda.                                                                                                                                    

Lo studio è basato su un precedente articolo scritto dal giornalista Maher Hijazy, responsabile del network d’informazione dei palestinesi in Iraq.                                                                                      

Ricerca redatta da Ibrahim Al-‘Ali.

Introduzione

Sin dal principio, la questione palestinese ha vissuto numerosi fatti di sangue per effetto dell’occupazione britannica e dei gruppi di guerriglia sionisti da essa prodotti, i quali, allenandosi con metodi terroristici contro i figli del poplo palestinese, ne misero a repentaglio la sicurezza sulla loro terra. Da allora, ebbe vita la più grande operazione di esplusione coercitiva che l’umanità abbia mai conosciuto e, con la creazione della questione dei rifugiati palestinesi, si raggiunse l’apice del reato.

All’epoca, i paesi arabi vicini concessero ospitalità a circa 8000 profughi espulsi dai propri villaggi e città. Tra questi paesi, vi fu anche l’Iraq che ben accolse 4300 rifugiati palestinesi che, da allora, condivisero gli eventi dei governi iracheni che si succedettero.

In Iraq, i palestinesi hanno vissuto nell’alta marea di decisioni fino a quando, nel 2003, il paese non è caduto sotto l’occupazione americana che, in modo negativo, ha cambiato le sorti di quelle stesse decisioni. E’ esplosa la violenza delle ronde, delle cannonate e degli attacchi aerei dell’occupazione e, vulnerabili a questi rischi, i palestinesi sono stati costretti a cercare altrove  riparo per la propria sopravvivenza. Non essendoci, questa volta, nessuno che desse loro ospitalità, non hanno avuto altra scelta che quella di ritornare allo status di rifugiati e di allestire un campo nel deserto, al confine con i vicini paesi arabi, inaugurando così una nuova realtà di miseria e sofferenza.

Il presente studio si pone l’obiettivo di divulgare la situazione dei nuovi campi affrontando diversi aspetti: salute, istruzione e le nuove operazioni di trasferimento di questi palestinesi verso l’Europa e l’America Latina. Allo stesso modo, si tenta qui di osservare quale sia stata la reazione degli uomini e dell’informazione di fronte alla presente questione di esilio. Seguono poi delle raccomandazioni e suggerimenti affinché i sofferenti messaggi dei bambini e le  richieste d’aiuto e di soccorso delle donne e delle persone più vulnerabili giungano agli indifferenti.

Cenni storici

Come altri paesi arabi, anche l’Iraq accolse i profughi palestinesi in fuga in seguito alla migrazione sionista. Qui giunsero in 4300 ai quali inizialmente il ministero della Difesa iracheno garantì una protezione in seguito annullata dalle autorità irachene che rifiutarono di registrarli presso le agenzie di soccorso. Si creò un’autorità irachena per la direzione degli Affari dei profughi palestinesi in Iraq e si diede la seguente definizione: “Sono profughi palestinesi coloro che sono fuggiti dal proprio paese occupato nel 1948, che hanno fatto ingresso in Iraq e che vi hanno risieduto a partire dal periodo precedente il 25 settembre del 1958” e i palestinesi restarono sotto la guida del governo iracheno.

Il riconoscimento dello status di rifugiati è stato poi limitato alle ondate migratorie avvenute tra il 1948 ed il 1959 con la conseguente esclusione dai registri del governo iracheno dei palestinesi che si stanziariono in Iraq dopo questo periodo, e di molti altri palestinesi che in Iraq ritornarono dal Kuwait dopo la Guerra del Golfo del 1991.

Gli effetti dell’occupazione americana sui palestinesi d’Iraq

Con l’occupazione americana del 2003, il numero di profughi palestinesi in Iraq ha raggiunto una cifra che va dai 35 ai 40 mila e poiché essi sono obiettivo di assassini, rapimenti, arresti, torture e morte, aumenta il numero di coloro che sono costretti alla fuga. I loro beni – abitazioni, automobili e locali commerciali – sono oggetto di confisca. Contro i palestinesi in Iraq si è fatto ricorso alla  tortura: incursioni, perquisizioni, attacchi di cannoni e di mortai ai tempi dell’occupazione americana ma non solo da parte delle fazioni di combattenti iracheni. Contro di essi, si è andati oltre: si sono innescate diffamazione e istigazione per mezzo dell’informazione, si è operata una distorsione della realtà giungendo ad addossare loro la responsabilità di operazioni omicide e dinamitarde ai danni di iracheni. Sono stati sottoposti a tortura, sono stati  forzati a confessare – anche in televisione – la responsabilità per l’esecuzione di reati dinamitardi in nuove aree di Baghdad, nel 2006. Tuttavia è stata dimostrata la falsità di questo tipo di  informazione. E’ fatto noto che questi sanguinari episodi abbiano condotto migliaia di palestinesi a fuggire dalle proprie abitazioni in varie ondate e a dividersi tra i paesi arabi che hanno accettato di accoglierli e tra quelli che lo hanno fatto – illegalmente – quando i profughi venivano respinti altrove.

Tutto questo, mentre il governo iracheno si rifiutava di rinnovare i loro documenti di viaggio. Per un numero di profughi palestinesi è stato possibile raggiungere paesi quali Svezia, Cipro, Brasile, India, Canada, Norvegia, Cina ed America Latina. Ad oggi restano in Iraq circa 15000 profughi palestinesi. Il numero è dunque diminuito proprio in seguito alle varie ondate di fuga a cui sono stati costretti i palestinesi, senza più alcuna sicurezza in Iraq.

Qui, nel 2007, si sono registrati 45 morti palestinesi mentre, nel 2006, quando fuggirono in 1200, se ne registrarono 101.

Il seguente elenco riporta il numero dei martiri palestinesi in Iraq nel periodo cha va dall’occupazione statunitense fino al 2007, per mano di mercenari.

Numero di martiri

Anno

11

2003

20

2004

25

2005

101

2006

45

2007

 

I campi ai confini con il deserto

Dopo questi fatti di sangue subiti a causa dell’occupazione americana, i palestinesi costretti nuovamente a fuggire, si sono ritrovati ad affrontare sofferenze e a rivivere, ancora una volta, l’umiliazione dello status di rifugiati.

Essi sono diistribuiti in quattro campi profughi: due al confine tra Siria ed Iraq (Al-Walid e Al-Tanaf), un terzo all’interno del territorio siriano (in direzione nord est), Al-Hol, ed un quarto nel deserto giordano, Al-Rawashed, smantellato con il trafserimento della maggioranza dei suoi abitanti verso il Canada e il Brasile.

 

“Campo di Al-Hol”

Il campo di Al-Hol è situato nella città di Al-Haska, a nord est della Siria, e dista 700 km dalla capitale Damasco. Il “desertico” sito è sede di violenti venti, di forti escursioni termiche (alte temperature d’estate e forti diminuzioni d’inverno) ed è ambiente naturale di scorpioni, serpenti ed insetti velenosi. Questo campo si trova nel triangolo tra la Siria, la Turchia e l’Iraq, a 75 km dalla città di Qamshili, nel distretto di Al-Haska (Siria del nord), e ad 1 km di distanza dal villaggio di Al-Hol che accoglie i fuggitivi dall’Iraq (proprio per effetto degli attentati omicidi che colpiscono le loro zone).

Inizialmente il campo era abitato da 178 profughi provenienti da quelle famiglie alle quali le autorità giordane proibirono di stanziarsi ad Al-Rawashed. Così, si fermarono nell’area di Tribil al confine con l’Iraq dove abitarono in stalle fino al maggio del 2006, quando ritornarono ai militari iracheni. In quel mese infatti, il ministro degli Esteri palestinese, Mahmud Al-Zahar visitò la Siria e, in un incontro con il Presidente siriano,  Bashar Al-Asad venne rimarcata l’importanza della questione dei profughi palestinesi e si raggiunse un accordo per permetterne l’ingresso in territorio siriano. Da quell’incontro fu allestito il campo di Al-Hol.  

Gradualmente il numero di rifugiati in questo campo è aumentato fino a 324 individui così suddivisi:

 

Categorie

Numero

Uomini

53

Donne

64

Ragazzi

33

Ragazze

16

Nati tra il 1992 e il 1999

71

Nati tra il 2000 e il 2007

71

Nuove nascite

16

Totale

324

 

Stili di vita e servizi

Come conseguenza di quell’accordo – che prevedeva l’ingresso in territorio siriano per centinaia di palestinesi – oggi in questo campo vi abitano 650 profughi, e il numero continua a salire. All’inizio questi rifugiati hanno allestito delle tende che in seguito, grazie alla cooperazione tra l’Alto Commissariato per i Diritti Umani, organizzazioni del lavoro palestinesi e il movimento di Hamas, sono state sostituite con case munite di tetti di lamiera e legno. Questi blocchi abitativi sono così organizzati:

–   I grandi nuclei familiari (composti da oltre quattro persone) vivono in due camere, un bagno ed una cucina;

–   I nuclei familiari (tre membri al massimo) vivono in una camera, un bagno ed una cucina;

–   Ogni singolo ragazzo vive in una camera (distante da quelle delle famiglie) con un bagno condiviso con altri.

Il rifornimento di acqua al campo avviene per mezzo di tre o cinque serbatoi che, benché sia potabile, risulta essere calcarea e poco pulita. Questo ha causato la diffusione di  numerose malattie tra i profughi (principalmente quelle che interessano le vie urinarie e  l’apparato digerente). Nel tempo, i rifugiati palestinesi hanno subito dei tagli e dei ritardi nella distribuzione mensile dei beni alimentari che spettano loro. Quando è stato chiesto a questi rifugiati cosa chiederebbero per migliorare le proprie condizioni di vita, hanno risposto: assicurazioni sul cibo e distribuzione a scadenza fissa.

Razioni assegnate su base mensile ai rifugiati palestinesi (kg/pro capite):

 

½ Kg

Lenticchie

10g

1kg

Zucchero

1kg

Riso

Pomodori

Fave

Ceci

100g

Sale

½ Kg

Latte

Sapone

2 scatole di sardine

8

piccole porzioni di formaggio

 

La maggior parte degli abitanti del campo di Al-Hol fa di tutto per creare lavoro (dall’agricoltura all’educazione) grazie agli attestati d’istruzione conseguiti, mentre qualcuno riesce anche a lavorare al di fuori del campo, nel villaggio di Al-Hol e ad Al-Haska.

Si sono registrati diversi casi di intossicazione e diarrea per aver consumato alimenti alterati distribuiti loro dall’agenzia per i rifugiati, il rischio ha riguardato prevalentemente i bambini (con la morte di un neonato).

I rifugiati hanno lamentato insufficienza e scarsità degli aiuti finanziari erogati dalle agenzie, tanto da essersi ritrovati a vendere all’esterno del campo parte delle proprie razioni alimentari per poter comprare altro tra quanto era stato tagliato.

Sopravvivono con quello che definiscono “politica del necessario” attraverso la coltura della terra del campo, ricavandone pomodori, melanzane ed altro, allevando bestiame e pollame. Tra i ragazzi del campo, c’è chi ha allestito una ludoteca per i più piccoli.

Attività di cucito ed una sala computer riempono la vita del campo.

Famiglie palestinesi hanno abbandonato il campo Al-Hol e sono partite per la Svezia, la Danimarca, la Francia, il Canada e verso quesi paesi che si sono fatti carico del caso umanitario, in attesa di trovare una soluzione al loro difficile stato.

Aspetti sanitari

1.      Il campo è povero di servizi sanitari che corrispondano alle difficoltà di questa vita. Vi è un ambulatorio, scarso di attrezzature, soprattutto specialistiche in grado di soddisfare i bisogni di salute dei profughi. Mancano anche medicinali e questo ha causato alcune morti infantili.

2.      I rifugiati ricevono cure mediche ora presso l’ospedale statale, ora vengono ricoverati in stanze sovraffollate. Il campo necessita di un’ambulaza per le emergenze.

3.      A causa del contesto ambientale, tra i rifugiati si sono diffuse diverse malattie come le infezioni derivanti dalla contaminazione dell’acqua (per via delle reti fognarie) che di norma si utilizza nel campo per lavare e per bere. L’ardua vita nel campo ha fatto registrate anche malattie cardiache e mentali.

Aspetti educativi

Sono tre le scuole siriane statali, situate nel villaggio di Al-Hol, ad accogliere gli studenti del campo delle scuole elementari e delle superiori:

Scuole elementari e superiori

 

85

Lauree (conseguite)

 

5

Lauree (in corso)

 

 

 

Nuova tappa: trasferimento

Il mondo civilizzato ha cominciato a pensare ad una soluzione al problema dei rifugiati solo dopo una lunga riflessione. I paesi che si sono resi disponibili ad accogliere i rifugiati palestinesi sono stati trenta, tra questi: Australia, Finlandia, Repubblica Ceca, Stati Uniti, Gran Bretagna, Svizzera, Italia, Francia, Nuova Zelanda, e altri disposti a concedere loro la cittadinanza proprio perché si tratta di rifugiati. Così i campi al confine con il deserto hanno assistito ad operazioni di trasferimento di gran parte dei loro abitanti.

Tra le famiglie trasferite vi sono:

–         La famiglia di Ra’ed Mousa Al-‘Azme (moglie e quattro figli) è stata trasferita in Svezia  partendo dall’aereoporto di Damasco l’1/1/2009. L’uomo era rimasto ferito in un attentato al compound del comune di Baghdad nel 2000.

–         La famiglia di Majd Hasan (moglie e otto figli) l’11/3/2009 è stata trasferita in Danimarca.

–         29 profughi sono stati trasferiti in Canada il 30/9/2009.

–         Un altro gruppo composto da 22 profughi è stato trasferito in Canada il 28/10/2009.

–         Nove profughi del campo di Al-Hol sono stati trasferiti in Canada il 25/11/2009.

–         Un altro gruppo di 42 rifugiati è stato trasferito in Australia il 2/12/2009.

–         Quattro famiglie sono state trasferite in Australia il 17/12/2009.

–         Un altro gruppo è stato trasferito in Canada il 27/1/2010.

 

 

Altre info: Palestinian Return Centre: www.prc.org.uk

 (Traduzione per Infopal di Elisa Gennaro)

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